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La Pandemia è un fatto nuovo. Ma non del tutto

Secondo alcuni, la trasformazione delle società che porterà questo grande disagio sociale, economico, di portata storica, è anch’essa una vera e propria pandemia.

La Pandemia è un fatto nuovo. Ma non del tutto

La pandemia è un fatto nuovo nella storia, ma non del tutto.
Perché non del tutto?
Perché quello che è avvenuto alla fine della prima guerra mondiale con la febbre spagnola era comunque una forma altrettanto aggressiva di pandemia.
Secondo alcuni, la trasformazione delle società che porterà questo grande disagio sociale, economico, di portata storica, è anch’essa una vera e propria pandemia.
E questo perché la pandemia è una malattia che si diffonde rapidamente tra le persone in vaste aree geografiche, è un male esteso che dura per un tempo limitato, ma che abbisogna di molto tempo per spegnerlo.
La pandemia, in senso figurato, rappresenta allora il passaggio dal vecchio al nuovo, rappresenta una trasformazione veloce, improvvisa ed estesa della società e dell’uomo, dei popoli e dell’economia, che si riuscirà a capire solo dopo una guarigione dolorosa e lenta.
Gli Stati tendono a considerare già di fatto questo virus uno stravolgimento dell’organizzazione familiare, comunitaria e persino religiosa, perché ha spezzato i simboli della vita, della storia, della società, dell’individuo.
Il coronavirus entra a sconvolgere la vita degli uomini e dell’universo.
C’è bisogno che la cultura incontri di nuovo l’economia, perché non ci può essere sviluppo economico senza sviluppo culturale, e viceversa.
E’ una rottura del modo stesso di essere dell’uomo.
Questo è avvenuto a causa di fenomeni che subito non capiamo con chiarezza.
E’ un evento che porta con sé distruzione e morte; la perfezione che credevamo raggiunta, improvvisamente si frantuma e va nuovamente costruita.
La pandemia rappresenta la fine di un’era, di un grande periodo storico.
Noi siamo una generazione che non potrà essere testimone degli effetti di questo cambiamento.
E’ un tornado che sorprende e travolge l’esistenza stessa degli Stati, dei governi, della politica.
E’ davvero capace di generare una paura che attanaglia e involve la società e non la fa evolvere, progredire.
Un esempio per tutti: la ripresa della scuola a settembre, avvinta in una spirale di problemi autocefali e contraddittori.
Non possiamo dire che questa pandemia che si è abbattuta sulla terra sia un bene, ma essa contiene in sé le forze per superare questo male terribile e dare all’umanità una nuova veste, un nuovo modo di esistere.
Se guardiamo bene, in questa pandemia si hanno cambiamenti profondi di contenuti e di azione che sono molto importanti.
Il coronavirus incontra anche la religione, la filosofia, i simboli delle varie fedi religiose, magari modificandoli.
In termini umani, il fenomeno sta alla base di una trasformazione dell’intelletto, della volontà, del rispetto delle persone e delle cose.
A ben guardare, insomma, la pandemia, pur non essendo un bene, porta con sé una folata di forze nuove che intendono affrontare le grandi questioni lasciate aperte dalla politica, in primis l’organizzazione dei popoli per una coesione sociale universale.
La pandemia potrebbe trasformare l’uomo in un essere che finalmente lavora per la crescita armoniosa di tutto l’universo.
Questo risultato è ancora in gran parte da costruire, viste le divisioni presenti oggi nel mondo.
La politica ha il compito di guidare questa trasformazione della società in una società più inclusiva, più attenta all’universalità, all’ambiente; in una parola: più umana.

La Pandemia è un fatto nuovo. Ma non del tutto
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