Commento al Vangelo
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Domenica 5 maggio: commento al vangelo di don Renato De Zan

Pietro è il nuovo pastore per il gregge del Risorto

Parole chiave: Pietro (5), Pesca (2), Vangelo (126), Diocesi (190), Risorto (9)
Domenica 5 maggio: commento al vangelo di don Renato De Zan

Gv 21,1-19 (forma riassuntiva)
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. Si trovavano insieme Simon Pietro e altri discepoli e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: "Figlioli, gettate la rete dalla parte destra". La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!". Simon Pietro si gettò in mare. Appena scesi a terra, disse loro Gesù: "Portate un po’ del pesce che avete preso or ora". Allora Simon Pietro trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. Gesù disse loro: "Venite a mangiare". E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore. Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci i miei agnelli". Gli disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci le mie pecorelle". Gli disse per la terza volta: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi". E detto questo aggiunse: "Seguimi".

Tematica liturgica
Prosegue anche in questa domenica il grande tema della riconoscibilità del Signore Risorto. Nella domenica di Pasqua il discepolo che Gesù amava "seppe vedere" le bende afflosciate e scoprì una traccia evidente del Risorto. Domenica scorsa Tommaso, con un atteggiamento da uomo modernissimo, volle l’esperienza per riconoscere Gesù Risorto. Finirà per comprendere che la "relazione" è il ponte fra la storia e il Mistero. Nell’episodio odierno al lago di Tiberiade, l’evangelista presenta un Gesù Risorto irriconoscibile in modo immediato ("E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore"), ma riconoscibilissimo in modo mediato dal segno e dalla parola (il segno: il miracolo della pesca; la parola: il dialogo serrato tra Gesù e Pietro). Lo schema è quello di Emmaus (parola: spiegazione della Scrittura; segno: spezzare il pane). Va tenuto presente che la Parola e il Segno sono gli elementi fontali dell’esperienza sacramentale.
Accanto a questo primo tema va accostato anche un secondo: Pietro, riscattato da Gesù attraverso una confessione di amore, viene investito della missione di pascere il gregge di Cristo. Nel testo evangelico Pietro appare sempre come il capo dei Dodici. È lui a prendere l’iniziativa ("Io vado a pescare"), ad agire in modo forte ("Allora Simon Pietro trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci"), a interloquire con Gesù ("Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene) e a ricevere da Gesù il compito di guidare i discepoli di Gesù (Pasci le mie pecorelle). Per questo motivo è chiamato nuovamente e definitivamente ("Seguimi").  A Pietro non è bastato il miracolo, non è bastata l’individuazione fatta dal discepolo che Gesù amava e non gli è bastato il contatto faccia a faccia con il Risorto. Gli è stato necessario qualche cosa di più profondo e personale (come a ognuno di noi). La triplice domanda di Gesù non è una specie di sottile rivincita, nobile ma sempre rivincita, attraverso la quale Pietro riparerebbe al male fatto con il triplice rinnegamento. Gesù non ha bisogno di far pagare niente a nessuno. Egli è la misericordia di Dio, non la rivincita di Dio sui peccatori. Gesù intende far fare a Pietro quell’esperienza che lo porterà ad assumersi il compito di guidare la Chiesa e di chiudere la propria esistenza con il martirio, a Roma.

Dimensione letteraria
Il testo liturgico del vangelo è uguale al testo biblico con l’aggiunta del solito incipit ("In quel tempo"). Sotto il profilo della struttura narrativa, il brano si apre con una scena introduttiva (Gv 21,1-4: Pietro e gli altri sei discepoli vanno a pescare e non prendono nulla). Segue la scena centrale (Gv 21,5-14) inclusa dal verbo mangiare (Gv 21,5: "Figlioli, non avete nulla da mangiare?" // Gv 21,12: "Gesù disse loro: "Venite a mangiare""): il brano è ritenuto dai biblisti chiaramente eucaristico perché le azioni ricordano quella fatte da Gesù nella moltiplicazione dei pani. La terza e ultima scena (Gv 21,15-19) presenta "il dialogo della conversione e del perdono" - secondo alcuni biblisti - oppure - secondo altri - "il dialogo dell’investitura".

Riflessione biblico-liturgica
a Il numero è stato interpretato in modi diversi. Quello più credibile equivaleva al valore numerico dell’espressione "qhl h’hbh" (assemblea dell’amore). Forse non era altro che la volontà del discepolo che Gesù amava di essere preciso.
b. Il dialogo tra Gesù e Pietro si articola tra il tema "amare senza bisogno di contraccambio" (agapào) e "amare con il bisogno del contraccambio" (filèo). Pietro, favorevole al primo modo, di fronte all’amore di Gesù, si arrende al secondo.

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