Gesù è la nostra pace
Il conflitto in Ucraina, così vicino a noi e con conseguenze psicologiche, sociali ed economiche disastrose per tutto il mondo, ha ridestato in noi il desiderio e la necessità di rimettere al centro dei nostri pensieri e delle nostre azioni la pace, che potrà nascere solo se saremo capaci di vere e autentiche relazioni tra di noi.
E' da parecchio tempo che papa Francesco parla di una "terza guerra mondiale a pezzi". Le situazioni di guerre e violenze vanno dolorosamente moltiplicandosi in molte regioni del mondo, con rischi incalcolabili perché le sorti dei paesi sono tra loro fortemente connesse (cfr. Fratelli Tutti, 259).
Il conflitto in Ucraina, così vicino a noi e con conseguenze psicologiche, sociali ed economiche disastrose per tutto il mondo, ha ridestato in noi il desiderio e la necessità di rimettere al centro dei nostri pensieri e delle nostre azioni la pace, che potrà nascere solo se saremo capaci di vere e autentiche relazioni tra di noi.
Non ha senso distruggere ciò che di più bello Dio ha creato: l’essere umano. La guerra è folle e distrugge tutto, in particolare le relazioni e il legame tra i popoli e le persone. Abbiamo ancora impressa, almeno noi del Friuli Venezia Giulia, l’interrogativo che papa Francesco si è posto nella visita del 13 settembre 2014 al cimitero di Redipuglia: "A me che importa? È il motto di ogni guerra e di ogni scontro tra le persone, da Caino in poi".
Ci apprestiamo a celebrare anche nel Natale di quest’anno la nascita di Gesù, il principe della pace, come ci ricorda san Paolo nella lettera agli Efesini: "Egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia" (2,14). Tutti sentiamo l’urgenza, soprattutto in questi tempi tragici e difficili, di accogliere le parole e la testimonianza di vita di Gesù che ci guidano nel cammino della riconciliazione e della pace, abbattendo mura e consentendo alle inevitabili differenze di convivere senza chiusure, esclusione e lotte tra di noi.
Il Vangelo del Natale ci illumina e ci aiuta, invitandoci a compiere piccole ma significative esperienze di pace. Non saranno queste a risolvere i grandi conflitti internazionali in atto, ma, se innestate nel cuore e nell’amore Dio, che in Gesù entra nella fragilità della nostra condizione umana, acquisteranno un grande significato, aiutandoci ad entrare nel cuore di ogni persona, mettendo in atto un vero processo di conversione e di cambiamento necessari per arrivare alla pace. È stata l’esperienza di Gesù, come ci racconta san Giovanni nel prologo del Vangelo: "In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’anno vinta" (1,4-5). Sono i gesti fragili e deboli di bontà e di amore, come quelli compiuti da Maria, da Giuseppe, dai semplici pastori e dai magi venuti da lontano, a sprigionare una fecondità impensata, capace di scardinare dal di dentro la logica del potere, della sopraffazione, della violenza e della guerra.
La speranza non è morta, perché è il grande dono che Gesù ci porta con la sua venuta. La speranza non delude, è come l’aria che si respira, c’è sempre e ci da la forza e il coraggio di andare avanti e di vivere.
Il dolore, la sofferenza, il male e la guerra non trionferanno perché sono stati vinti dall’amore di Dio che si è incarnato nel suo Figlio, è tra noi, vive e cammina con noi. Seminiamo anche noi tutti, carissimi, in questo Natale piccoli semi di speranza e di pace; porteranno frutti abbondanti, se saremo capaci di entrare nella logica evangelica che ha vissuto Gesù: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Giovanni 12,24).
A tutte e tutti voi auguro un Santo Natale!
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