Ciclocross, Dal Grande: che beffa l’argento tricolore
In testa a 200 m dal traguardo, gli è scivolato il pedale
Stavolta ci è andato vicino. Il pluricampione italiano di ciclocross Giuseppe Dal Grande (Cycling team Friuli) alla rassegna tricolore di Lecce si è dovuto accontentare della medaglia d’argento nella categoria master 6. Con tante recriminazioni alla sfortuna.
Bepo, come si è svolta la tua gara?
L’abbiamo fatta in tre: io, il vincitore Biagio Palmisano e Flavio Zoppas. Essendo loro più scattanti, per lo più li ho inseguiti a una decina di metri di distanza, fino a quando, nell’ultimo giro, ho rotto gli indugi e sono passato in testa. Il circuito, infatti, era intasato e a ogni sorpasso di atleti di altre categoria si rischiava di perdere tempo prezioso. Mi sono presentato così in testa alla scalinata, posta a soli 200 metri dal traguardo. Non so come, mi è scivolato il pedale e tanto è bastato a Palmisano per scavalcarmi. L’arrivo era posto al termine di un budello molto stretto in cui sorpassare era praticamente impossibile. Mi è mancata la cattiveria di chiudere l’avversario, così ho lasciato in Puglia la maglia tricolore. Sarà per il prossimo anno!.
Come hai trovato il percorso del campionato italiano?
Strano. Un percorso molto stretto, pieno di curve. Per noi di terza fascia non è stato facile gareggiare, avendo davanti due altre categorie. In ogni caso ho dimostrato che ai campionati italiani salto sempre fuori.
Quanto manca alla conclusione di questa stagione?
Una sola gara. Domenica disputerò il Trofeo Triveneto a San Eusebio di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. Questa corsa era già stata inserita in calendario il 27 dicembre ma poi è saltata a causa della pandemia. Anche il Trofeo Triveneto per me si concluderà sfortunatamente: sono in testa alla classifica di Fascia 3 ma quest’anno non sono previste le premiazioni della challenge a causa delle poche prove disputate.
Una stagione del fango veramente bizzarra…
Decisamente. La pandemia e le conseguenti limitazioni hanno stravolto il calendario, facendoci gareggiare poco. Sui risultati, poi, hanno influito le quarantene forzate. È stato tutto così strano: presentarsi alle gare con l’autocertificazione in mano, muoversi con il braccialetto, la misurazione della temperatura corporea, gareggiare senza pubblico… Una situazione simile non mi era mai capitata nella mia pur lunga carriera. Nel ciclocross siamo tutti una famiglia, dopo la gara ci si ci ritrova assieme. Il ciclocross è stato snaturato, impedendo l’aspetto sociale si è perso il bello di questo sport.
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