Basket, Pizzioli l’eclettico: da giocatore ad arbitro enfant prodige, fino a cronista e opinionista
Pordenonese, classe 1972, Simone è un volto popolare
Giocatore, arbitro, dirigente, educatore, tecnico ed ora anche responsabile della comunicazione, cronista ed opinionista. Non si può certo dire che Simone Pizzioli difetti di eclettismo, perlomeno nella pallacanestro, che è la sua grande passione, vissuta da quarant’anni in tutte le declinazioni possibili. Pordenonese, classe 1972, volto popolarissimo nell’ambiente del basket nostrano, Pizzioli è stato in primis un "fischietto" di alto livello: da direttore di gara è stato un autentico enfant prodige, bruciando letteralmente le tappe.
Non era ancora maggiorenne quando gli hanno affidato la prima partita in serie D. A 23 anni ha debuttato nella allora C unificata, l’anno dopo è approdato in B2 e a 26 anni in B1 dove è rimasto 8 anni. «L’apogeo della mia carriera arbitrale è stata gara 3 di una finale per la promozione in A2 tra Scafati e Cento - racconta - fu un’esperienza memorabile, una partita da far tremare i polsi, in un clima torrido sia per la temperatura che per la posta in palio».
Nel curriculum ci sono anche un bel po’ di partite di play off della A2 femminile ed una decina di finali nazionali giovanili. Poi però a 33 anni ha deciso di dire basta: un addio prematuro, così come precoci erano stati gli esordi. «Era arrivato il momento di voltare pagina e di fare altro. Cercavo nuovi stimoli, sempre, ovviamente, nell’ambiente del mio amato basket».
Così è diventato istruttore di minibasket e quindi tecnico con una parentesi da team manager nell’Intermek Cordenons. Più di recente ha iniziato anche a raccontare il suo mondo come articolista di megabasket.it, una delle testate online più visitate del Triveneto, e ha assunto il ruolo di responsabile della comunicazione alla Rucker di San Vendemmiano, club di serie B. «Inoltre con gli amici Riccardo Mele e Ubaldo Pianezzolla abbiamo dato vita a BasketBooks, una rubrica che teniamo sui social dove recensiamo libri che parlano di pallacanestro. Non libri tecnici, ma biografie di grandi atleti, le città del basket, il mondo dei playground».
«Se ho rimpianti per non aver continuato la carriera di arbitro per arrivare alla serie A? Direi di no. La scelta non è stata facile, ma era cambiato qualcosa in me. Arbitrare non era più stimolante, interessante, divertente. Poi ogni stagione ha la sua attività. Quando arbitravo non mi sarei mai sognato di fare il tecnico. Invece oggi allenare, soprattutto i ragazzini, mi piace moltissimo. Così come mi piace parlare e scrivere di basket e seguire la comunicazione di una società ben strutturata come la Rucker. Insomma, chiusa una porta ho sempre trovato dei gran bei portoni aperti».
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