Commento al Vangelo
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Domenica 8 novembre: commento di don Renato De Zan

La saggezza o la stoltezza delle dieci vergini (e nostra) si vede al momento del ritorno di Cristo, lo Sposo

Domenica 8 novembre: commento di don Renato De Zan

<+rubr_cit>Mt 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: "1 Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4 le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6 A mezzanotte si alzò un grido: "Ecco lo sposo! Andategli incontro!". 7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8 Le stolte dissero alle sagge: "Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono". 9 Le sagge risposero: "No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene". 10 Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: "Signore, signore, aprici!". 12 Ma egli rispose: "In verità io vi dico: non vi conosco". 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

<+nero_rub>Tematica liturgica<+tondo_rub>
L’anno liturgico del ciclo A sta volgendo al suo termine. Siamo alla terz’ultima domenica. La Liturgia accompagna con sapienza la comunità celebrante nella preparazione ad accogliere il Signore Gesù che ritornerà nella Parusia (= ritorno ultimo di Gesù alla fine della storia). Il testo evangelico della parabola delle dieci vergini si conclude con un pressante consiglio: "Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora". Gesù, dunque, invita a vigilare. Dietro a questa esortazione si colloca sia il tema dell’incontro finale dell’umanità con il Gesù glorioso sia il tema dell’incontro personale di ogni discepolo alla fine della propria vita.
Dagli scritti apostolici sappiamo che molti componenti della prima generazione cristiana ritenevano incombente la Parusia. Ciò era dovuto al fatto che alcuni dicevano di aver avuto delle visioni in merito all’imminente ritorno di Gesù, altri affermavano, attraverso ragionamenti strani, la stessa cosa. Altri ancora si appellavano a una lettera fatta passare come lettera scritta da Paolo dove si affermava l’imminenza della Parusia. Questo atteggiamento - sarebbe importante che oggi molti cristiani lo ricordassero - non era corretto e Paolo (o chi per lui) ha dovuto intervenire in modo chiaro. Lo scrittore sacro scrive ai cristiani di Tessalonica con dolcezza nel tono, ma con una certa severità nel contenuto: "Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente" (2Ts 2,1-2). I membri della seconda e terza generazione cristiana, invece, si lamentavano perché la Parusia non avveniva. Il redattore della seconda lettera di Pietro è il testimone privilegiato di questo atteggiamento e suggerisce a questi cristiani di leggere come dono di Dio il tempo concesso prima della Parusia così da potersi convertire e poter migliorare la propria vita: "Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, cercate d’essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace. La magnanimità del Signore nostro [= ritardo della Parusia] giudicatela come salvezza" (2Pt 3,14-15). Quest’ultima esortazione di un lontano discepolo di Pietro è stata accolta dalla Liturgia e offerta ai cristiani di oggi. La prima lettura (Sap 6,12-16) presenta la sapienza come intelligenza perfetta che va incontro agli uomini degni. C’è bisogno di questa sapienza che viene da Dio per avere l’atteggiamento lungimirante delle vergini sagge (vangelo, Mt 25,1-13). La Colletta riprende l’immagine delle lampade piene di olio (= la fede ricca di opere buone) e della sapienza che va incontro a quanti ne ascoltano la voce. La seconda lettura (1Ts 4,13-18), invece, presenta l’incontro dei credenti con Gesù nella Parusia.

<+nero_rub>Dimensione letteraria<+tondo_rub>
Il testo di Mt 25,1-13 si colloca verso la fine del grande discorso escatologico di Gesù (Mt 24,1-25,46). Gesù aveva appena espresso un invito alla vigilanza con la parabola del maggiordomo in attesa del ritorno del padrone (Mt 24,45-51). Con la parabola delle dieci vergini riprende il tema e lo riprende con un arricchimento: la vigilanza è data dalla lampada accesa (fede) perché ha l’olio che la alimenta (opere). Per chiarezza maggiore Gesù, subito dopo, presenterà la parabola dei talenti (domenica prossima). Al testo originale di Mt 25,1-13 viene soppresso l’avverbio iniziale ("Allora") e viene dato un nuovo incipit: "In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola".

<+nero_rub>Riflessione biblico-liturgica<+tondo_rub>
a. Quando avverrà la Parusia? "Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre": Mt 24,36. Nessuno significa nessuno.
b. L’incontro finale con Gesù (giudizio divino) è paragonabile all’incontro tra due persone che si amano: "Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo" (2Cor 11,2).
c. La morte non ha un esame di riparazione (reincarnazione): "Per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio" (Eb 9,27). È bene vigilare e stare pronti.

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