Commento al Vangelo
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Domenica 18 settembre, commento al Vangelo di don Renato De Zan

In quel tempo, Gesù 1 diceva anche ai discepoli: "Un uomo ricco aveva un amministratore….

Parole chiave: Vangelo (126), De Zan (47)
Domenica 18 settembre, commento al Vangelo di don Renato De Zan

Lc 16,1-13 (forma abbreviata)
In quel tempo, Gesù 1 diceva anche ai discepoli: "Un uomo ricco aveva un amministratore…. 2 Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare". 3 L’amministratore disse tra sé: "Che cosa farò…? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua". 5 Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". 6 Quello rispose: "Cento barili d’olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". 7 Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta". 8 Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9 Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. 10 Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti….. 13 Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza".

Il testo

1. La formula del Lezionario antepone alla pericope evangelica di Lc 16,1-13 l’espressione "In quel tempo, Gesù…". Il brano è un testo composto. La prima pericope, Lc 16,1-8, riguarda il tema della "scaltrezza", mentre la seconda, Lc 16,9-13, tocca il tema sapienziale del buon uso dei beni di questo mondo. I due brani sono stati associati in un brano unico dalla Liturgia perché c’è una sequenzialità tematica: la vera scaltrezza del cristiano sta nel condividere le ricchezze.
La lettura breve del vangelo, Lc 16,10-13, ha escluso la parabola della "scaltrezza" e la dimensione escatologica del buon uso del denaro. Il risultato è che il brano evangelico, se non correttamente spiegato, può scivolare nel moralismo; cosa che l’autore sacro non intendeva proprio fare.

2. Nel testo ci sono almeno tre annotazioni filologiche da fare. La prima riguarda la traduzione dell’aggettivo "disonesto" (l’amministratore al v. 8, la persona al v. 10 e la ricchezza ai vv. 9.11). Il testo greco ha sempre "tês adikías", "dell’ingiustizia": amministratore dell’ingiustizia, la persona dell’ingiustizia, la ricchezza dell’ingiustizia. Il comportamento dell’amministratore è contro la giustizia (e, di conseguenza, contro la verità). Allo stesso modo una persona può essere infedele e avere, quindi, un comportamento che è contro la giustizia e la verità. La ricchezza racchiude in sé la spinta verso una mentalità che diventa amica dell’ingiustizia e della verità.

3. La seconda annotazione filologica riguarda l’aggettivo "scaltro" (in greco, "frónimos"). L’aggettivo ha due valenze. La valenza negativa traduce l’ebraico " ’arùm" (colui che ragiona ponendo Dio fuori dalle sue riflessioni): l’esempio più chiaro si trova in Gen 3,1, dove il serpente in greco viene definito con questo aggettivo greco che traduce l’ebraico " ’arùm". La valenza positiva si trova nel vangelo ed è la traduzione di "hakàm". Viene detto "frónimos" colui che fonda la sua casa sulla roccia , cioè ascolta la parola di Gesù e la mette in pratica. Diversamente è "stolto-morós" (cf Mt 7,26-27). Le vergini (Mt 25,1-13) erano cinque "sagge" ( "frónimoi") e cinque "stolte" (morói). Le prime entrano alle nozze (simbolo del Regno futuro) con le lampade piene d’olio, simbolo delle buone azioni. Le altre, no. Infine, in Lc 16,13, il termine italiano "ricchezze" traduce il vocabolo aramaico grecizzato in "mamonà" (ricchezza, beni, potere, ecc.).

L’esegesi

1. Come già stato detto, il testo di Lc 16,1-13 è composto da due brani. Il primo, Lc 13,1-8, evidenzia il tema della scaltrezza. L’amministratore, che Gesù chiama "disonesto", ha saputo reagire alla situazione avversa. I figli della luce devono imparare a reagire come lui. Chi sono i "figli della luce"? Alcuni biblisti pensano che Gesù stia riferendosi ai monaci di Qumran che abitualmente si autodefinivano così. Altri, alla luce del vocabolario paolino e giovanneo (cf Ef 5,8; 1 Ts 5,5; Gv 12,36) pensano che si tratti dei cristiani. In questo caso Gesù direbbe che Dio non può intervenire dove deve intervenire l’uomo. Se lo facesse, approverebbe la pigrizia dell’uomo.

2. Il secondo brano, Lc 13,9-13, risponde alla domanda: come essere "saggi" ("fronimoi")? Si è "saggi", secondo Gesù, quando si condivide. Condividere non è un verbo che appartiene al credente ricco, ma a tutti. Tutti, infatti, abbiamo qualche cosa di positivo da condividere con gli altri. Ciò che siamo e ciò che abbiamo non appartiene tutto a noi.

Il contesto liturgico

1. La prima lettura, Am 8,4-7, presenta la situazione sociale del regno del Nord nel sec. VIII a.C. Si tratta del quadro sconcertante di ciò che accade quando l’uomo è schiavo del denaro e del potere. La condanna profetica è senza appello.

2. La Colletta propria è molto ricca. Troviamo tre petizioni. La seconda chiede apertamente a Dio: "Salvaci dalla cupidigia delle ricchezze". Nella terza si pone in primo piano la ricerca dell’ "inestimabile tesoro della tua amicizia".

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