Commento al Vangelo
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Domenica 20 ottobre, commento di don Renato De Zan

Chi prega certamente si salva ci dice don renato. E non è poco. Lo conferma l'episodio del vangelo del giudice e della vedova.

Parole chiave: Diocesi (193), Vangelo (131), De Zan (48)
Domenica 20 ottobre, commento di don Renato De Zan

Lc 18,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: "In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario". Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: "Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi"". E il Signore soggiunse: "Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

Tematica liturgica
C’è una frase proverbiale che la predicazione popolare attribuisce a S. Alfonso Maria de’ Liguori, un grande della scienza morale cattolica moderna: "Chi prega certamente si salva, chi non prega certamente si danna". La preghiera è essenziale per la fede e per la salvezza anche se ci sono periodi in cui qualcuno contesta la "necessità" della preghiera (meglio fare che pregare; prima la carità operosa che la preghiera; ecc.). Gesù pregava molto (Mt 14,23; Mt 26,36; Mc 7,46; Lc 5,16; 6,12; 9,18.28; 11,1; ecc.). Egli si è preoccupato di lasciare ai suoi discepoli un insegnamento chiaro sulla "necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai". Nel Getsemani fa capire ancora una volta la necessità della preghiera frequente (Lc 21,36: "Vegliate e pregate in ogni momento"). Aggiunge anche un’esortazione dove colloca il legame profondo fra preghiera, fede e salvezza (Mt 26,41: "Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole"). La chiesa nascente aveva ben capito la lezione. Tra le quattro caratteristiche che identificavano la comunità primitiva (e identificano le comunità di ogni tempo e luogo), Luca colloca la preghiera: "Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere" (At 2,42). Paolo, nella sua predicazione, non cessa mai di esortare alla preghiera: Ef 6,18 ("In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi"); Col 4,3 ("Pregate anche per noi, perché Dio ci apra la porta della Parola per annunciare il mistero di Cristo. Per questo mi trovo in prigione"); 1Ts 5,16-18 ("Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi"); 1Ts 5,25 ("Fratelli, pregate anche per noi."). Anche gli autori delle lettere chiamate "lettere cattoliche" concordano pienamente con questo insegnamento. L’autore della lettera di Giacomo raccomanda: "Pregate gli uni per gli altri" (Gc 5,16). A sua volta l’autore della lettera di Giuda esorta in quest’altro modo: "Voi invece, carissimi, costruite voi stessi sopra la vostra santissima fede, pregate nello Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna" (Gd 1,20-21).
Perché questa insistenza sulla preghiera? La risposta si trova in Lc 18,8: "Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?". Noi sappiamo che nell’ottica cristiana la preghiera è il nutrimento e il sostegno della fede. Per questo motivo Dio vuole che la preghiera non sia un episodio nella vita del credente, ma sia un atteggiamento continuo.

Dimensione letteraria
Il testo biblico originale del vangelo ("Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre") è stato così cambiato dalla Liturgia: "In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola…". Sotto il profilo letterario il testo ha l’annuncio del tema (Lc 18,1: pregare sempre), l’insegnamento (Lc 18,2-4: la parabola) e le deduzioni (Lc 18,6-8). La parabola esemplare del giudice disonesto vuole insegnare l’importanza della preghiera instancabile. Gesù si avvale del procedimento ebraico "qal wa-chomer" (leggerezza e pesantezza), che i latini chiamavano "a minori ad maius". Questo procedimento dimostra che se l’argomento tiene per le cose piccole e meno significative a maggior ragione l’argomento (non l’esemplificazione) tiene per le cose più importanti e significative. Gesù pone l’attenzione sul giudice disonesto: "Avete udito ciò che dice il giudice disonesto" e costruisce per antitesi (Dio non è disonesto!) un parallelismo tra il comportamento del giudice e il comportamento di Dio. Questa insistenza proposta da Gesù trova il suo compimento nella fede. La preghiera incessante è per la vita della fede; perché la fede si nutra, cresca, maturi e si traduca in testimonianza operosa (prima la preghiera, poi l’operatività; prima la preghiera, poi la carità…).

Riflessione biblico-liturgica
a. Nel mondo biblico la preghiera nasce dall’ascolto della Parola di Dio (Scrittura e avvenimenti) e diventa risposta dell’uomo a Dio. La preghiera continua, dunque, è la risposta ad un ascolto continuo di quanto Dio dice al credente nel suo vivere quotidiano attraverso l’ascolto della Parola e gli avvenimenti, gli incontri con persone, i sentimenti, ecc.
b. Gesù insegna anche che Dio non è inattivo perché sembra non esaudire immediatamente la preghiera dell’uomo. Dio esaudisce sempre la preghiera, in un modo e in un tempo che sono di Dio, non dell’uomo.

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