Domenica 24 maggio, Ascensione, commento di don Renato De Zan
Che cos’è il mistero dell’Ascensione, per quel poco che la fede può comprendere del mistero? Proviamo a cercare la risposta nella Parola e nella Liturgia.
24.05.2020. Ascensione, A
Mt 28,16-20
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Ascensione: Gesù è presente, accanto al suo discepolo evangelizzatore
Tematica Liturgica
Perché la Liturgia sceglie il testo evangelico di Mt 28,16-20 per la celebrazione del mistero dell’Ascensione? Il testo non dice niente circa l’Ascensione. Non sarebbe stato meglio proclamare Lc 24,50-53 oppure Mc 16,15-20 dove si narra esplicitamente l’evento? Domande lecite, ma forse un po’ troppo legate al fatto e meno al significato dell’evento. Che cos’è il mistero dell’Ascensione, per quel poco che la fede può comprendere del mistero? Proviamo a cercare la risposta nella Parola e nella Liturgia. L’antifona d’ingresso, che riprende At 1,11, proclama: “Uomini di Galilea, perché fissate nel cielo lo sguardo? Come l’avete visto salire in cielo, così il Signore ritornerà”. Il legame tra Ascensione e Parusia (ritorno finale di Cristo) è chiarissimo. Gesù si sottrae alla vista dei suoi per ricomparire alla fine della storia come giudice e Salvatore. Ma questo sottrarsi alla vista vuol dire distacco? Sembra proprio di no. Nella prima causa della Colletta si prega così: “Poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te (Padre)”. Un uomo risorto è accanto a Dio Padre. Quell’uomo, Gesù, aveva detto che sarebbe andato a preparare un posto perché i suoi siano lì dov’è lui (cf Gv 14,3: “Vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”). Con Cristo, Dio e l’uomo sono eternamente associati. Nella seconda causa della stessa Colletta, infatti, si prega così: “(Poiché) noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”. Se, dunque, il mistero dell’Ascensione segna l’inizio dell’attesa del ritorno di Gesù come giudice e Salvatore, alla fine della storia, e segna anche la presenza di questo legame inscindibile che ci pone accanto a Gesù per sempre, l’Ascensione non può essere vista come dipartita-separazione di Gesù dai suoi discepoli e da noi. Come poter esprimere questa realtà sovrastorica (= che è più grande e oltre le cose della storia) di Gesù e contemporaneamente è così compenetrata nella storia dove vivono i suoi discepoli? In Mt 28,16-20 c’è una prima grande risposta: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Ciò significa che l’Ascensione non segna una dipartita-separazione, ma segna l’inizio di un modo diverso che Gesù ha di essere presente in mezzo ai suoi. Il vangelo di Marco lo spiega molto bene. Dopo l’Ascensione “il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (Mc 16,20). L’Ascensione, dunque, fa da spartiacque tra un modo e un altro che Gesù ha scelto per essere presente. Prima, è stato in mezzo agli uomini con la sua umanità. Dopo, è con i suoi perché agisce insieme con loro, confermando la Parola da essi predicata con i segni (miracoli).
Dimensione letteraria
Fatto salvo l’incipit liturgico (“In quel tempo”) il testo biblico-liturgico del vangelo è uguale al testo biblico. La pericope è chiaramente suddivisa in due momenti: il momento narrativo (Mt 28,16-17) e il momento discorsivo (Mt 28,18-20). Il momento narrativo fornisce alcuni elementi storici: i discepoli dopo la risurrezione tornarono in Galilea (ripresero il loro mestiere di pescatori: cf Gv 21,1-3). Il monte indicato per l’appuntamento con Gesù era conosciuto dai discepoli: l’evangelista lo denomina con l’articolo (“il” monte). Davanti a Gesù i discepoli hanno due atteggiamenti apparentemente contrastanti: adorano e dubitano. La fede senza dubbi è un dono particolare di Dio. Il dubbio può accompagnarsi alla fede. Certamente non si parla del dubbio metodico posto in forma ideologica, ma del dubbio vero, esistenziale che pone quesiti. Questo dubbio spinge il credente ad approfondire, ad abbandonare l’ingenuità, a raggiungere quella profondità della fede che dona la pace. A questi uomini Gesù si rivolge. La parte discorsiva contiene le parole del Risorto. Gesù manifesta il potere assoluto sull’universo (cielo e terra) donatogli da Dio Padre (si noti il passivo teologico: “è stato dato ogni potere”). Comanda ai suoi di essere missionari: “Andate”. L’obiettivo della missione: gli uomini diventino discepoli del Maestro attraverso l’esperienza sacramentale (battesimo con formula trinitaria) e l’ascolto e l’osservanza della Parola del Maestro. La parte discorsiva si chiude con la promessa solenne della presenza continua di Gesù in mezzo ai suoi fino alla fine del mondo.
Riflessione biblico-liturgica
a. A noi è giunto il Vangelo attraverso persone che credevano e contemporaneamente avevano dubbi. Il dubbio non è un peccato, se serve a ricercare e a maturare.
b. Tra noi e il risorto c’è una distanza: noi siamo ancora nella finitudine (siamo dentro al tempo e allo spazio). Gesù è già nell’escatologia (oltre il tempo e lo spazio). Eppure Egli è con noi attraverso la sua Parola e il sacramento, dove possiamo fare esperienza di escatologia: con il battesimo noi siamo stati innestati in Lui e con l’eucaristia noi facciamo esperienza di essere una cosa sola con Lui.
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