Commento al Vangelo
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25 dicembre, Natale: commento di don Renato De Zan

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi: con il Natale la comunità cristiana celebra il Mistero dell’Incarnazione, celebra colui che "pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini" (Fil 2,6-8).

25 dicembre, Natale: commento di don Renato De Zan

Con il Natale la comunità cristiana celebra il Mistero dell’Incarnazione, celebra colui che "pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce." (Fil 2,6-8).
Di fronte a questa realtà così incommensurabile, sarebbe avvilente ridurre il 25 dicembre al compleanno di Gesù.
I credenti celebrano il Verbo Incarnato che morirà in croce e risorgerà perché essi possano essere partecipi della sua divinità allo stesso modo con cui egli ha voluto essere partecipe dell’umanità.
Questo immenso mistero viene celebrato dai cristiani con quattro celebrazioni: la messa della vigilia, la messa della notte, la messa dell’aurora e la messa del giorno.

La Messa della vigilia
Nelle parole della petizione della Colletta, la comunità cristiana riassume il cammino dell’Avvento nell’attesa della Parusia e si apre alla memoria dell’Incarnazione: "Concedi che possiamo guardare senza timore, quando verrà come giudice, il tuo unigenito Figlio che accogliamo in festa come redentore". Il testo evangelico, Mt 1,1-25 (genealogia: vv. 1-17; sogno di Giuseppe: vv. 18-25) presenta il mistero dell’Incarnazione come l’adempimento di una promessa divina fatta ad Abramo e alla sua discendenza (cf
la seconda lettura, At 13,16-17.22-25). L’espressione matteana "bìblos genèseos", libro della genealogia, riprende l’ebraico "sèfer toledòt", libro delle genealogie, espressione che si trova per la prima volta in Gen 5,1, alle origini dell’umanità. Con Gesù l’umanità dalle origini arriva al suo punto omega. Si tratta di una verità troppo grande per Giuseppe. L’angelo deve chiarirgli che in Maria si sta adempiendo una promessa divina straordinaria: dal protovangelo (Gen 3,15) Dio sta progressivamente adempiendo il suo progetto di salvezza attraverso la potenza creatrice dello Spirito. Il miracolo dell’Incarnazione del Messia, uomo-Dio, secondo la profezia di Is 7,14 sta avvenendo nel grembo della vergine Maria.

La Messa della notte
In netta antitesi con il momento cronologico della celebrazione, la notte, la Colletta presenta Cristo, vera luce del mondo: "O Dio, che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo, concedi a noi, che sulla terra contempliamo i suoi misteri, di partecipare alla sua gloria nel cielo". Si tratta di una corrispondenza perfetta con la notte della grande veglia pasquale in cui il celebrate percorrendo la navata centrale con il cero pasquale acceso proclama: "Ecco la luce di Cristo! Il testo evangelico, Lc 2,1-14, presenta in modo sobrio l’entrata nella storia del vero Signore, in antitesi con il presunto signore del mondo, Cesare Augusto. Gesù nasce a Betlemme di Giudea, terra di Davide, secondo le profezie. Ciò che sorprende nel testo lucano è la corrispondenza verbale tra Gesù bambino, avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia (Lc 2,7) e il Crocifisso, schiodato dalla croce, avvolto in un lenzuolo e deposto nel sepolcro (Lc 23,53). Gli angeli, poi, sono presenti a Betlemme per annunciare la vita del Figlio di Dio diventato uomo e al sepolcro per annunciare la nuova vita del Figlio di Dio che vince la morte. Lo spavento dei pastori di Betlemme (Lc 2,9) fa da anticipo alla paura delle donne (Lc 24,5) e allo spavento dei discepoli di fronte al Gesù Risorto (Lc 23,53). Le bende che avvolgono il Bambino fanno parte del segno angelico (Lc 2,12) come le bende del sepolcro sarebbero segno per Pietro che non capisce (Lc 24,12). Per Gesù Bambino c’è grande gioia (Lc 2,10) come grande è la gioia per il Risorto (Lc 24,41). Quanto è stato detto rende chiaro il legame tra il mistero dell’Incarnazione e il mistero della Morte-Risurrezione. Il Verbo si è Incarnato per noi.

La Messa dell’aurora
La messa dell’aurora, attraverso la Colletta, invita i cristiani a tradurre nella vita il mistero che celebrano: "Signore, Dio onnipotente, che ci avvolgi della nuova luce del tuo Verbo fatto uomo, fa’ che risplenda nelle nostre opere il mistero della fede che rifulge nel nostro spirito". Il vangelo, Lc 2,15-20, presenta i pastori che vogliono verificare il segno dato loro dall’angelo e dicono (secondo il testo greco): "Andiamo a vedere questa parola che il Signore ci ha fatto conoscere". La nascita di Gesù è Parola di Dio, come Parola di Dio è Gesù stesso (cf Gv 1,1.14). Maria stupisce davanti a questi dati e per capirli compara ciò che accade con la Parola. Maria "compara" (symballousa). Questa comparazione offre a Maria l’opportunità di entrare dentro al Mistero come la stessa comparazione aiuterà i discepoli ad entrare dentro al Mistero Pasquale (cf Lc 24,27.44).

La Messa del giorno
S. Leone Magno spiegava così la gioia per il mistero dell’Incarnazione: "Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero da colpa, è venuto per la liberazione di tutti". La Colletta esprime questo concetto e molto di più: "O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana". Il vangelo, Gv 1,1-18, prima di essere il prologo del vangelo di Giovanni, è stato uno splendido inno della liturgia della Chiesa nascente. Quel Bambino è il Verbo, la Parola-Sapienza di Dio donata agli uomini come Luce. A coloro che lo accolgono Dio dona la sua paternità, facendoli diventare figli di Dio, capaci di cogliere in Gesù il volto di Dio poiché in Gesù abita "corporalmente tutta la pienezza della divini

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