Dante: un indicatore di direzione
Il cielo e la terra: sembrano così divisai oggi. Eppure Dante li ha uniti, una volta per sempre, nella sua Commedia: così umana e terrestre, così protesa all'infinito. Noi conosciamo il suo viaggio... ma conosciamo il nostro?
Al giorno d’oggi parlare di infinito dantesco può sembrare eccessivamente scolastico. Venerdì 20 settembre a Pordenonelegge Alberto Casadei, Alberto Giuliani e Chiara Valerio hanno cercato di attualizzare la filosofia e la matematica del Sommo alla ricerca di un ponte con il presente.
Dante collega l’idea di infinto alla rappresentazione di Dio, “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. L’infinito è quindi ineffabile, è qualcosa che il poeta ha il privilegio di vedere, ma che, comunque, non può spiegare a parole in quanto la sua stessa finitezza glielo impedisce. Oggi, però, Dio è solo un’ipotesi e la necessità di trovare l’infinito in terra sta spingendo la scienza verso nuove frontiere volte a rendere concreta l’ipotesi più fantascientifica (e al contempo più vicina a Dio) di tutte: l’immortalità. E così, tra pratiche di crioconservazione ed esperimenti di combinazione tra varii DNA, ci ergiamo sempre più in alto, sempre più simili a quel Dio che Dante non riusciva a esprimere nemmeno nei suoi splendidi versi. Eppure, più che esaltazione, quello che resta alla fine di quest’incontro è un dubbio: tutta questa follia è l’estrema manifestazione del nostro arrogante antropocentrismo o soltanto una vile e disperatamente umana paura?
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