Udito selettivo e sguardo distolto
In questi giorni manifestano una perfetta unità d’intenti a Francesco i vescovi italiani che, dal 24 al 27 febbraio, a Firenze danno vita alla seconda edizione di “Mediterraneo frontiera di pace”. Si tratta di giornate di incontri sul tema migrazioni dal titolo e obiettivo nobilissimi quanto stridenti con la realtà delle torture, dei naufragi e delle morti.
Quanto clamore intorno all’intervista rilasciata da Papa Francesco alla Rai. Nei giorni successivi si è scritto molto e parlato di tanto: dall’orologio di plastica alle lancette rivelatrici di una non diretta, dallo zucchetto sulle 23 al tango ballato, fino alle mancate domande scomode di Fazio. Ma chi si è fermato ad ascoltare le parole, quelle sì vere e pesanti, di un papa che qualcuno percepisce buono fino al bonario?
Eppure Francesco non le ha mandate a dire, a partire dalla frase che fotografa come criminale il nostro atteggiamento nei confronti dei migranti: “Quello che si fa con i migranti è un crimine”. Parole scivolate via grazie all’udito selettivo che ci salva da analisi e considerazioni assai poco piacevoli sul modo di fare e di percepire la questione da una parte consistente della nostra società.
Francesco, in questo, non si è dimostrato lo sprovveduto che qualcuno si industria a dipingere, anzi, ha ribadito con concretezza un chiaro disegno politico nel quale i migranti devono passare da problema ad impegno: è tempo che ciascuno stato si assuma una parte di responsabilità e accolga una quota di persone, nel nome di una fratellanza che non resti un obiettivo filantropico alto quanto utopistico, ma di una fraternità tutta da mettere in atto.
In questi giorni manifestano una perfetta unità d’intenti a Francesco i vescovi italiani che, dal 24 al 27 febbraio, a Firenze danno vita alla seconda edizione di “Mediterraneo frontiera di pace”. Si tratta di giornate di incontri sul tema migrazioni dal titolo e obiettivo nobilissimi quanto stridenti con la realtà delle torture, dei naufragi e delle morti.
Lo stesso Francesco, nel corso della citata intervista, non ha avuto titubanze nel definire e ripetere la parola lager parlando dei centri di detenzione libici dei migranti in attesa di imbarcarsi per attraversare quel Mediterraneo che la Cei auspica “Frontiera di pace” ma che al momento risulta “il più grande cimitero d’Europa” (sempre parole del papa). I dati del Ministero degli Interni lo confermano: al 31 dicembre 2021 i morti erano 1.864 (più dei 1.448 del 2020 e meno dei 1.885 del 2019); complessivamente dal 2014 al 2021 i dispersi nel Mediterraneo sono stati 23.150. E non può essere che un numero impreciso: queste sono infatti le persone di cui si è denunciata la scomparsa, ma di quanti nessuno ha chiesto nulla?
E anche in questo caso le parole di Francesco sono state pesanti nel fotografare l’atteggiamento comune: “Noi con i media guardiamo tutto, è una tragedia, poi non guardiamo più". Oltre all’udito selettivo ci distingue uno sguardo intermittente o sapientemente distolto da ingiustizie che, pur ritenendo tali in cuor nostro, è più comodo - per le vite di ciascuno di noi - silenziare, come un telefonino che suona fastidioso nella notte beata dei nostri sogni o come un grillo parlante che noi, novelli pinocchi, schiacciamo irosamente con una martellata perché non incrini le nostre finte incoscienze.
L’edizione 2022 di “Mediterraneo frontiera di pace”, svolgendosi nella bella Firenze, contempla anche un ricordo di Giorgio La Pira, uomo che operò senza perdere di vista né i bisogni dei poveri né l’impegno a costruire la pace e a ribadire il no al ricorso alle armi - e a quelle nucleari in particolare - negli anni in cui la tragedia dell’umanità avvenuta a Hiroshima e Nagasaki era un ricordo ancora troppo fresco. Ironia della storia La Pira era nato a Pozzallo, oggi epicentro di sbarchi.
Non è l’unica coincidenza. Firenze è anche la città natale di David Sassoli, scomparso da un mese e mezzo. Ma nel web, si sa, le parole restano. Ed è quanto mai illuminante andare a riascoltare quelle da lui pronunciate nella prima edizione di “Mediterraneo frontiera di pace” (Bari 2020). La sua sensibilità alla questione migranti è nota e anche in quell’occasione aveva ribadito l’urgenza di ricominciare a parlare di Mediterraneo senza più paura: “Per troppo tempo la paura è stata la nostra risposta alla domanda di un mondo che cambia… Paura di essere chiamati ad un confronto impegnativo”. Una paura che lui vedeva figlia della nostra impreparazione di esprimere, come europei, un punto di vista condiviso. E, pur nelle vesti di presidente del parlamento Ue non aveva avuto timore di denunciare: “Siamo delusi della mancanza di una politica europea delle migrazioni, bocciata dalla maggioranza del parlamento”. Parole che rivelano ancora l’atteggiamento di chi non aveva distolto lo sguardo, fingendo di non sentire il grido dei poveri. Anzi, lo aveva chiaramente denunciato, sottolineando come, in quel vuoto lasciato da una distratta Europa nel Mediterraneo, poteri prepotenti si erano fatti avanti per gestire conflitti e trarne profitto. Durissima era stata la chiusa del suo discorso: “Noi, cercando di ripulirci l’anima, abbiamo dispensato sanzioni da una parte e dall’altra aiutato i governi a rafforzarsi e i poveri a diventare sempre più poveri”.
Quest’anno non ci saranno le sue considerazioni. Ma, nel corso delle quattro giornate fiorentine, arriveranno il presidente del Consiglio Draghi, il presidente della Repubblica Mattarella e papa Francesco. Speriamo che le cronache non si concentrino poi solo sui menù proposti.
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