Papa Francesco a Marsiglia: migranti bivio della civiltà
“Il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà”. Dal Palais du Pharo di Marsiglia, il Papa ha formulato così il suo pensiero sulla questione delle migrazioni ricordando il “dovere dell’accoglienza”.
(da Marsiglia) “Da una parte la fraternità, che feconda di bene la comunità umana; dall’altra l’indifferenza, che insanguina il Mediterraneo”. È questo il “bivio di civiltà” davanti al quale ci troviamo oggi, quando affrontiamo la sfida delle migrazioni. Da Lampedusa a Marsiglia, il “viaggio” compiuto da Bergoglio sul tema dell’accoglienza, al centro del suo pontificato, ai piedi della basilica di Notre-Dame-de-la-Garde ha assunto, se possibile, toni ancora più netti, che suonano come un’ennesima chiamata alla responsabilità.
“Non abituiamoci a considerare i naufragi come fatti di cronaca e i morti in mare come cifre: no, sono nomi e cognomi, sono volti e storie, sono vite spezzate e sogni infranti”,
l’esordio di Francesco. Da Marsiglia, nel momento di raccoglimento con i leader religiosi davanti al Memoriale dedicato ai marinai e ai migranti dispersi in mare il Papa ha chiesto ai presenti un momento di silenzio “in memoria di questi nostri fratelli e sorelle: lasciamoci toccare dalle nostre tragedie”, deponendo al termine dell’incontro una corona. “Dinanzi a noi c’è il mare, fonte di vita, ma questo luogo evoca la tragedia dei naufragi, che provocano morte”, le sue parole: “Siamo riuniti in memoria di coloro che non ce l’hanno fatta, che non sono stati salvati. Penso a tanti fratelli e sorelle annegati nella paura, insieme alle speranze che portavano nel cuore”.
“Davanti a un simile dramma non servono parole, ma fatti”,
l’appello di Francesco: “Prima ancora, però, serve umanità: silenzio, pianto, compassione e preghiera”.
“Troppe persone, in fuga da conflitti, povertà e calamità ambientali, trovano tra le onde del Mediterraneo il rifiuto definitivo alla loro ricerca di un futuro migliore”,
ha denunciato ancora una volta il Papa: “E così questo splendido mare è diventato un enorme cimitero, dove molti fratelli e sorelle sono privati persino del diritto di avere una tomba, e a venire seppellita è solo la dignità umana”. “Non possiamo rassegnarci a vedere esseri umani trattati come merce di scambio, imprigionati e torturati in modo atroce”, il grido silenzioso di Francesco: “Non possiamo più assistere ai drammi dei naufragi, dovuti a traffici odiosi e al fanatismo dell’indifferenza”.
“Le persone che rischiano di annegare quando vengono abbandonate sulle onde devono essere soccorse”,
il monito: “È un dovere di umanità, è un dovere di civiltà! Il cielo ci benedirà, se in terra e sul mare sapremo prenderci cura dei più deboli, se sapremo superare la paralisi della paura e il disinteresse che condanna a morte con guanti di velluto”.
“Alle radici dei tre monoteismi mediterranei c’è l’accoglienza, l’amore per lo straniero in nome di Dio.
E questo è vitale se, come il nostro padre Abramo, sogniamo un avvenire prospero”, ha sottolineato il Papa: “Noi credenti dobbiamo essere esemplari nell’accoglienza reciproca e fraterna. Spesso non sono facili i rapporti tra i gruppi religiosi, con il tarlo dell’estremismo e la peste ideologica del fondamentalismo che corrodono la vita reale delle comunità”.
“Oggi pure Marsiglia, caratterizzata da un variegato pluralismo religioso, ha davanti a sé un bivio: incontro o scontro”,
la tesi di Francesco, che ha ringraziato tutti coloro che si sono schierati sulla via dell’incontro, dell’ impegno solidale e concreto per la promozione umana e per l’integrazione, a partire da Marseille-Espérance, organismo di dialogo interreligioso che promuove la fraternità e la convivenza pacifica. Come lascito, le parole pronunciate da David Sassoli a Bari, nell’incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” voluto nel 2020 dalla Conferenza episcopale italiana: “Oggi sentiamo tutti, credenti e laici, la necessità di riedificare quella casa per continuare insieme a combattere gli idoli, abbattere muri, costruire ponti, dare corpo ad un nuovo umanesimo. Guardare in profondità il nostro tempo e amarlo anche di più quando è difficile da amare, credo che sia il seme gettato in queste giornate così attente al nostro destino. Basta avere paura dei problemi che ci sottopone il Mediterraneo! Per l’Unione europea e per tutti noi ne va della nostra sopravvivenza”. “Fratelli, sorelle, affrontiamo uniti i problemi, non facciamo naufragare la speranza, componiamo insieme un mosaico di pace!”, l’invito finale. Subito dopo, a braccio, Francesco si è rivolto di nuovo a coloro che salvano le persone in mare:
“Molte volte vi impediscono di andare, magari perché sulle navi manca qualcosa. Sono i gesti di odio verso il fratello travestiti da equilibrio”.
A fargli eco, poco prima, il saluto del card. Jean-Marc-Aveline, vescovo di Marsiglia: “Quando uomini, donne e bambini, che non sanno nulla di navigazione, che fuggono dalla miseria e dalla guerra, vengono derubati dei loro beni da trafficanti disonesti, che li condannano a morte facendoli salire su vecchie e pericolose imbarcazioni, questo è un crimine! E quando le istituzioni politiche vietano alle Organizzazioni non governative e anche alle navi che incrociano in queste acque di portare soccorso ai naufraghi, è un crimine altrettanto grave e una violazione del diritto internazionale marittimo più elementare”. Il primo giorno del viaggio marsigliese è cominciato con la preghiera mariana con il clero diocesano di Marsiglia, al centro del quale il Papa ha collocato un incrocio di sguardi: “da una parte quello di Gesù, dall’altra quelli di tanti uomini e donne di ogni età e condizione”. Il primo è uno sguardo di misericordia, quello di Gesù che accarezza l’uomo: “È uno sguardo che va dall’alto in basso, ma non per giudicare, bensì per rialzare chi è a terra”. Il secondo è uno sguardo di intercessione: “Apriamo le porte delle chiese e delle canoniche, ma soprattutto quelle del cuore”.
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