Putin: mandato d'arresto
Bambini bottino di guerra e ragazzini come futuri soldati forzati sono abomini che non si commentano. Auguriamoci che ad esprimersi possano essere i giudici del Tribunale dell’Aja. Auguriamoci che il mandato di cattura internazionale emesso contro Putin possa portarlo a rispondere di quanto commesso in modo che emerga ogni responsabilità rispetto alle accuse
Putin
Mandato d’arresto
Simonetta Venturin
È il presidente russo il mandante di tanti orchi che si sono portati via, tra violenze e inganni, migliaia di bambini e ragazzini ucraini. Le violenze a lungo denunciate dalla stampa (da Avvenire al New York Times) sono diventate, venerdì 17 marzo, un mandato di cattura internazionale firmato da tre giudici della Corte penale internazionale dell’Aja (tra cui l’italiano Rosario Aitala e indirizzato a Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova, commissaria di Mosca per i diritti dell’infanzia, collaboratrice e complice di trasferimenti e sistemazione dei rapiti. A maggio dello scorso anno, inoltre, a neanche tre mesi dall’inizio della guerra, per perfezionare la sparizione e il difficile rintracciamento dei minori, lo stesso Putin aveva cambiato con decreti presidenziali leggi preesistenti al fine di accelerare il conferimento della cittadinanza e rendere più facile l’adozione dei piccoli ucraini da parte di famiglie russe.
Alcuni portati via da orfanotrofi, istituti e case famiglie; altri sottratti alle famiglie con l’inganno di soggiorni in campi dai quali i più non hanno fatto ritorno (solo trecento su migliaia): diverse le modalità dei rapimenti, tutte abbondantemente testimoniate da genitori, personale degli istituti, come pure intercettate in messaggi telegram che inchiodano i due imputati al loro diretto coinvolgimento. E se i giudici dell’Aja hanno potuto procedere significa che le prove non mancano. Merito all’Ucraina che da subito ha raccolto testimonianze di quanto stava accadendo per dimostrare al mondo questi come altri crimini, quelli perpetrati contro civili di ogni età che ora riposano in fosse comuni e cimiteri sorti nei giardini pubblici delle città più martoriate. E merito di giornalisti presenti sui luoghi di guerra - uno per tutti Nello Scavo di Avvenire - che da mesi vanno denunciando sottrazioni e trasferimenti forzati dei minori ucraini. Un susseguirsi di episodi che, ad un anno dal conflitto, conferma il piano preciso e sventa la possibilità che si tratti di singoli fatti occasionali.
Se i più piccoli sono destinati all’adozione, i ragazzi più grandi rischiano un destino ancora peggiore: innanzitutto tutto perché sono e saranno ben memori della vita di prima, poi perché ad aspettarli sono i campi di rieducazione in Cecenia (Grozny) e Crimea dai quali, previo indottrinamento forzato, rischiano di uscire soldati col fucile in mano.
I numeri parlano di 6 mila minori sottratti (Avvenire scrive oltre 16mila) e di 43 strutture identificate per la detenzione e rieducazione. La zona dei maggiori prelievi è il Donbass, ma anche le città cinte d’assedio o i paesi sperduti.
Sono molteplici le spinte all’operazione: contrastare l’inverno demografico che si fa sentire anche in Russia, colpire al cuore l’Ucraina e fiaccare coì la resistenza della popolazione (come già si è fatto con gli attacchi contro civili inermi).
La reazione della Russia è stata spiazzante e contradditoria insieme: da un lato non sono mancate dichiarazioni sprezzanti dato il non riconoscimento della Corte penale internazionale e quindi neanche del suo lavoro, mandato d’arresto compreso; dall’altra la portavoce Maria Zakharova ha messo sul piatto che “Un accordo per l’Ucraina deve comprendere la cancellazione delle sanzioni e di tutte le cause legali contro la Russia nelle Corti internazionali” manifestando che il messaggio è stato dunque recepito, al di là degli atti dimostrativi ostentanti sicurezza e sfrontatezza, come l’arrivo di Putin in Crimea e la visita ad un centro per bambini a Sebastopoli giusto all’indomani del mandato di cattura.
Bambini bottino di guerra e ragazzini come futuri soldati forzati sono abomini che non si commentano. Auguriamoci che ad esprimersi possano essere i giudici del Tribunale dell’Aja come fu con Milosevic, uno dei pochi condannati per delitti contro l’umanità che finì in carcere. Auguriamoci che il mandato di cattura internazionale emesso contro Putin possa portarlo a rispondere di quanto commesso in modo che emerga ogni responsabilità rispetto alle accuse: lo deve prima di tutto agli stessi rapiti, quindi alle loro famiglie e non da ultimo al mondo e alla storia.
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