La tentazione di dimenticare
L’Ucraina conta sull’aiuto dell’Occidente, la Russia su quello dell’inverno. Sostiene il suo alleato di sempre e ne moltiplica i devastanti effetti, distruggendo sistematicamente i centri di produzione energetica ucraini.
Non è la prima volta che conta su questo “generale”: da Napoleone ad Hitler chi la sfidò con un’invasione si trovò perdente, in ritirata e con migliaia di morti tra i soldati. Oggi però la situazione è del tutto diversa.
L’Ucraina conta sull’aiuto dell’Occidente, la Russia su quello dell’inverno. Sostiene il suo alleato di sempre e ne moltiplica i devastanti effetti, distruggendo sistematicamente i centri di produzione energetica ucraini.
Non è la prima volta che conta su questo “generale”: da Napoleone ad Hitler chi la sfidò con un’invasione si trovò perdente, in ritirata e con migliaia di morti tra i soldati. Oggi però la situazione è del tutto diversa.
Innanzitutto, la Russia questa volta non è stata invasa ma ha invaso (24 febbraio). Proprio come nei precedenti citati, Putin ha creduto di potersela cavare in fretta con una guerra o un’operazione lampo; per l’ennesima volta così non è stato.
Inoltre, diversamente dai detti casi, a intraprendere un’azione di invasione è ora non una nazione lontana e inesperta di luoghi, tempi, temperature, ma una vicina di casa dell’Ucraina, tanto vicina da ritenersi nel giusto nel considerarla un pezzo di impero da riprendere.
Il protrarsi oltre il previsto delle operazioni - sia per la resistenza ucraina agevolata e supportata, in quanto nazione aggredita, dalle armi dell’Occidente, sia per l’impreparazione delle truppe sovietiche - fa sì che la non trionfante Russia cerchi di rovesciare le parti giocando ogni carta, compresa quella del suo imbattibile generale, l’unico che ad oggi non la hai mai tradita: l’inverno. Così, al fine di potenziarne l’efficacia, da settimane va facendo tabula rasa delle centrali energetiche ucraine.
Terza differenza: se nel passato questo generale ha usato le sue armi di ghiaccio contro gli eserciti invasori - mezzi impantanati, militari non vestiti adeguatamente per resistere a diverse decine di gradi sottozero - oggi è contro i civili inermi che infierisce. Non c’è da fermare un’armata nemica che, come quella napoleonica o tedesca, arriva alle porte di Mosca; qui si mira alla popolazione in casa propria: gli uomini al fronte, i civili negli scantinati. Sono donne, bambini e vecchi quelli lasciati al buio e al gelo. Quel gelo che pochi di noi hanno sperimentato, ma che la storia - raccontata poi dalla letteratura come in “Centomila gavette di ghiaccio” - ha descritto più volte, specie nei terribili effetti.
Erano 600 mila gli uomini di Napoleone, ne tornarono 100 mila dalla Russia nel 1812; erano 300 mila i soldati italiani trascinati nella Campagna di Russia nel ‘41, un terzo non fece ritorno. Erano 45 milioni gli ucraini nel censimento del 2021: a fine agosto si stimavano già 7 milioni di profughi. Molti altri sono ora annunciati: donne e bambini in cerca di sopravvivenza. Lo stesso presidente Zelensky ha inviato chi può ad abbandonare Kiev.
La situazione è talmente grave che papa Francesco l’ha denunciata con parole forti, nei termini di genocidio, ricordando l’”Holodomor” (carestia), la morte per fame di milioni di ucraini perpetrata dalla Russia di Stalin tra 1932-33 (udienza del 23 novembre). Adesso alla fame si aggiunge il freddo (“Kholodomor”): due conseguenze di quello che il papa ha definito “il martirio della aggressione”.
La sua presa di posizione non è stata ben accolta in Russia che ha accusato il pontefice di parole poco cristiane. Si è anche saputo di sequestri di religiosi ucraini: prima padre Ivan Levytskyi e padre Bohdan Geleta, due sacerdoti redentoristi di Berdyansk nella regione di Zaporizhzhia, poi don Oleksandr Bogomaz, giovane parroco di Melitopol. Tutti verrebbero torturati con l’accusa di nascondere armi: lo ha testimoniato don Maksym Ryabukha, vescovo ausiliare dell’Esarcato arcivescovile di Donetsk, in un’intervista rilasciata al tg di Tv2000 (1° dicembre).
Come detto, la situazione è grave e fa presupporre una nuova ondata di profughi. Nella lettera al popolo ucraino (26 novembre) Francesco ha scritto: “Io continuo a starvi vicino, con il cuore e con la preghiera, con la premura umanitaria”. Non dobbiamo perderla di vista neanche noi e - come scrive Francesco – dobbiamo farlo “oggi e soprattutto domani, quando verrà forse la tentazione di dimenticare le vostre sofferenze”.
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