La repubblica delle donne dimenticate
Al referendum del 2 giugno le italiane vissero la prima chiamata alle urne per una consultazione politica. Fu un appuntamento storico. I deputati eletti furono complessivamente 556, di questi 535 erano uomini e 21 donne. Delle ventuno solo cinque entrarono nella Commissione dei 75, ovvero tra coloro che materialmente scrissero il testo costituzionale.
E’ bello e doveroso, in questo 2 giugno, far memoria delle donne che hanno contribuito alla nascita della Repubblica come della nostra Costituzione.
Innanzitutto va ricordato che, fin dal primo conflitto mondiale, gli uomini hanno combattuto la guerra al fronte e le donne nei propri paesi: lavorando, coltivando i campi, imparando a fare le operaie e qualsiasi altra cosa servisse a sfamare figli e genitori e fosse utile alla nazione. Nel secondo conflitto tutto si ripeté e con una aggiunta più forte: tante donne, circa 35mila, lottarono per il ritorno della libertà insieme agli uomini, che furono prima soldati e poi partigiani. Lo fecero spesso come sono da sempre abituate a fare: dietro le quinte. Il loro impegno fu di tale portata che, a guerra finita, accadde quello che ancora non era mai successo: alle consultazioni del 1946 si votò per la prima volta a suffragio universale e alle urne si recarono anche le donne.
Ci furono prima le amministrative per il rinnovo delle compagini di circa settemila comuni italiani (in due tornate: marzo/ aprile e ottobre/novembre); poi venne il 2 giugno con il suo doppio peso e valore.
Alle amministrative vennero elette in tutta la nazione oltre duemila donne che entrarono a far parte di consigli e giunte comunali; due furono le prime donne sindaco: Ada Natali a Massa Fermana (Ascoli Piceno) e la ventiquattrenne Caterina Pisani Palumbo Tufarelli a San Sosti (Cosenza).
Al referendum del 2 giugno le italiane vissero la prima chiamata alle urne per una consultazione politica. Fu un appuntamento storico e dal doppio valore decisionale: la scelta della forma istituzionale di governo tra Monarchia e Repubblica e l’elezione dei membri dell’Assemblea Costituente che avrebbe avuto il grande onore e la grande responsabilità di scrivere la nuova carta costituzionale. I votanti furono l’89 per cento degli aventi diritto: 13 milioni erano donne (52 per cento), 12 milioni uomini (48 per cento).
Finalmente detentrici anche del diritto di vita politica attiva oltre che passiva (ovvero poterono essere votate oltre che votare), 226 furono candidate alla Costituente. I deputati eletti furono complessivamente 556, di questi 535 erano uomini e 21 donne (9 Dc, 9 Pc, 2 Psi e una per l’Uomo qualunque). Delle ventuno solo cinque entrarono nella Commissione dei 75, ovvero tra coloro che materialmente scrissero il testo costituzionale. Erano Nilde Iotti e Angela Gotelli, impegnate nella prima sottocommissione (sui diritti e doveri); Maria Federici, Lina Merlin e Teresa Noce nella terza (rapporti economici e sociali); nessuna entrò nella seconda (poteri dello Stato). Le cinque animarono comunque il dibattito sulla parità salariale (e i dati dicono che ancora sarebbe da animare), la famiglia, l’uguaglianza tra i coniugi, la parità riguardo l’accesso agli uffici pubblici. La linea era pressoché compatta e concentrata nel sostenere i diritti delle donne, anche se alcuni temi (l’indissolubilità del matrimonio) non le videro concordi. Unitissime furono invece nel sostenere l’ingresso delle donne in magistratura, proposito frenato e fermato dagli uomini a motivo di presunte (pseudo) ragioni “fisiologiche”, causa di instabilità e fragilità emotiva.
Tanto c’era da fare – e il cammino non è finito – ma tanto è stato fatto grazie a quelle prime 21, commentate con curiosità su calze, vestiti e pettinature – ed è spesso ancora così. Col tempo si sono guadagnati traguardi storici: nel 1976 la prima donna ministro con Tina Merlin (Lavoro e nel ’78 Sanità); nel 1979 la prima donna presidente della Camera con Nilde Iotti; nel 1998 (solo 25 anni fa) la prima donna ministro dell’Interno con Rosa Russo Jervolino, nel 2022 la prima donna premier con Giorgia Meloni. Dopo vent’anni di lotte e dibattiti nel 1965 le donne riuscirono ad entrare anche in Magistratura: furono otto e avevano vinto il primo concorso loro accessibile; bisognò invece aspettare il 2019 per la prima donna presidente della Corte Costituzionale con Marta Cartabia.
La condizione della donna nel mondo è molto variabile, in Europa e ad altre latitudini le donne sembrano vivere una condizione più paritetica riguardo incarichi politici e ruoli di prestigio, ma quel che importa ricordare è che il senso di questo lungo elenco di tappe raggiunte non sta nel veder coprire un ruolo per ambizione, né nel riempire una casella con un puntino rosa o nel depennare incarichi raggiunti da un elenco di ruoli mai avuti prima, quanto piuttosto nel sentirsi al mondo non diversamente dall’altro sesso: con la stessa capacità, dignità, importanza, potenzialità e necessità.
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