La ciambella di salvatggio
Da una parte le polemiche, dall'altra il virus, in mezzo il vaccino, ciambella di salvataggio lanciata dalla scienza al mondo in naufragio. Lo ha ricordato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio di fine anno alla nazione: “La scienza ci offre l'arma più forte, prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Vaccinarsi è un dovere”. Eppure, questa risorsa salvifica non ha il potere di calmare tutte le acque...
Da una parte le polemiche, dall’altra il virus, in mezzo il vaccino, ciambella di salvataggio lanciata dalla scienza al mondo in naufragio. Lo ha ricordato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio di fine anno alla nazione: “La scienza ci offre l’arma più forte, prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere”. Eppure, questa risorsa salvifica non ha il potere di calmare tutte le acque, dato che tanti restano gli interrogativi, prolungati in lunghe scie di questioni: quale sia il vaccino migliore, numeri e tempi di distribuzione, metodi di accaparramento da parte dei vari Paesi, ordine di chiamata per le somministrazioni, obbligatorietà o meno, copertura temporale, il “gran rifiuto” dei novax. E potrebbe essere normale così – quando tutto è nuovo, niente è già consolidato – se non pesassero su tutto e tutti gli effetti devastanti e luttuosi del Covid.
I vaccini sono al momento cinque, anche se tre sono quelli più citati. Il primo ad essere distribuito è stato – il 27 dicembre, Vax Day in tutta Europa – il BioNTech/Pfizer, americano-tedesco, efficace al 95% ma difficile gestione con gli oltre -70° richiesti per la conservazione. Il secondo è il Moderna, americano, di più facile conservazione e pari efficacia, in fase di approvazione dall’Ema (agenzia europea del farmaco). Il terzo in parte ci riguarda: partito precocemente è ora in ritardo l’italo inglese AstraZeneca (Oxford-Pomezia), a causa della necessaria ridefinizione delle dosi da somministrare. L’Ema dovrebbe pronunciarsi a fine gennaio, mentre il Regno Unito – travolto dalla variante inglese del virus – ha dato l’ok il 30 dicembre. Avrebbe una copertura inferiore (70-90%) ma due vantaggi: facile conservazione (2-8°) e costo molto inferiore (2-3 euro a dose contro i 18-20 dei primi due). Un’altra la differenza: è un vaccino tradizionale che inocula il virus inattivato, invece i primi due si basano sull’innovativo sistema Rna messaggero (microparticelle che forniscono al corpo le informazioni per costruire le difese contro l’aggressione del Covid).
Poi ci sono i vaccini di Cina e Russia, rispettivamente il CoronaVac e lo Sputnik, poco nominati alle nostre latitudini ma in fase di diffusione nei paesi extra europei. Il perché mette i brividi, stando a quanto ha denunciato il quotidiano Avvenire (31 dicembre) che ha parlato di “pelosa operazione caritatevole che vede cinesi e russi pronti ad offrire a prezzi competitivi il proprio vaccino a Paesi meno fortunati”. Quasi indicibile l’obiettivo: “Testare sulle nazioni considerate politicamente più fragili gli effetti sperimentali dei nuovi ritrovati”. Ne avrebbero già ricevuti sia la Turchia che il Brasile. Questione non trascurabile, quanto il principio di una cura per tutti.
Tante le questioni interne, ma comuni, che ogni Stato si trova ad organizzare: tempi e modi di distribuzione e somministrazione, organizzazione, ordine di chiamata, obbligatorietà, copertura. Non sono aspetti secondari, poiché di primaria importanza, per uomini ed economie, sono le conseguenze. Alla diffusione del vaccino si lega la riapertura di tutte quelle attività che sono al momento congelate o molto ridotte, ma pure il ritorno alla socialità e a quella normalità che i virologi non ritengono pensabile prima dell’avanzato autunno 2021, prima cioè che la vaccinazione del 70% della popolazione permetta la soglia di sicurezza definita immunità di gregge.
Il neonato anno non sarà dunque diverso – se non, ci si augura, per l’assenza delle tante morti – dal 2020 e ci vedrà a lungo dotati di mascherine, chiederà ancora il rispetto del distanziamento e chissà per quanto andrà dividendo l’Italia in zone basate sull’intensità locale del contagio, dal momento che quest’ultimo non solo non si affievolisce ma anzi si dilunga in una virulenta seconda ondata che vede primeggiare il Veneto e accende non trascurabili focolai nel pordenonese.
La questione vaccini è centrale: dall’immunità che daranno dipenderà anche la ripresa di trasporti e turismo, settori vitali per l’Italia e il nostro territorio che, insieme a quello culturale, hanno subito un fermo pesantissimo. Alla riduzione dei contagi è legata pure la ripresa di una serena vita scolastica di oltre otto milioni di bambini e ragazzi (pur di fatto esclusi dai vaccini riservati agli over 15) fortemente condizionati dalla pandemia nel loro cammino di apprendimento, formazione, crescita, relazioni.
Per tutti questi nodi non risolti il vaccino resta il tema caldo del 2021: il sole attorno al quale orbitano, come tanti pianeti, questioni sanitarie, economiche, sociali, etiche e morali. Il Vaticano insiste “Sia per tutti”. Poi però, vedasi il caso degli sgambetti pro accaparramenti, le umane cose vanno come gli uomini – più che i princìpi – le fanno andare.
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