L'Editoriale
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L'Italia: una democrazia di protesta

Un recente studio sostiene che oggi ci sono in Europa tre tipi di democrazia: bilanciata, irresponsabile e di protesta. Sapremmo dire a quale apparteniamo?

L'Italia: una democrazia di protesta

Un recente studio sostiene che oggi ci sono in Europa tre tipi di democrazia: bilanciata, irresponsabile e di protesta. Sapremmo dire a quale apparteniamo? Consapevoli che non si spegne giorno che, come i tramonti, non si infiammi di una polemica, facile dovrebbe essere la risposta: siamo una democrazia di protesta. A dirlo è il prof. Leonardo Morlino, docente di Scienza politica alla Luiss di Roma, autore del volume “Uguaglianza, libertà, democrazia. L'Europa dopo la Grande recessione” (Il Mulino, 2021), che così definisce il nostro bel paese, dove il no tanto risuona.

L’analisi parte dalla constatazione che in tutto l’Occidente le democrazie sono in crisi. Forma politica apparsa come vessillo di libertà e giustizia, dopo lo sfascio delle ideologie che portarono alla seconda guerra mondiale, oggi non vive giorni sereni, come testimonia la recente fioritura editoriale di saggi che ne denunciano le fragilità.

Per fare la diagnosi dello stato di salute delle democrazie europee il professore ha considerato due aspetti: l’uguaglianza economico-sociale e le libertà godute, svelando che essi sono strettamente collegati e là dove l’uno vacilla anche l’altro stenta.

Morlino ha preso in analisi: Regno Unito, Germania, Francia, Spagna, Polonia e Italia, nazioni pesantemente colpite dalla crisi economica innescatasi nel 2008, che da una parte ha messo in sofferenza le economie dei singoli stati e rallentato la macchina Europa, dall’altra ha accentuato l’effetto forbice che rende i poveri più poveri, i ricchi più ricchi ed erode il potere d’acquisto del ceto medio. Per il principio sopra annunciato, tale crisi ha anche incrinato le libertà individuali: chi ha meno agio economico meno può beneficiare della sua libertà.

Non è tutto: al quadro bisogna aggiungere il fatto che alcune libertà sono andate perse in conseguenza a una serie di cambiamenti generati dall’attuale modus vivendi, legato sia a fatti di cronaca sia al massiccio ricorso al digitale. Libertà personali sono state barattate, in nome della sicurezza, con un sistema di controllo più spinto. Basti pensare all’introduzione delle norme antiterrorismo, a quanto abbiano inciso su spostamenti e verifiche di identità; norme figlie di quegli attentati che per oltre un decennio hanno insanguinato la parte occidentale del mondo (ricordiamo le morti di Valeria Solesin a Parigi nel 2015 e di Antonio Megalizi a Strasburgo nel 2018). A questi controlli imposti si sono poi aggiunti quelli a cui volontariamente, e spesso inconsciamente, ciascuno di noi si sottostà anche solo usando uno smartphone, capace di localizzarci in ogni momento come di acquisire informazioni su gusti, abitudini e dati personali.

Stando così le cose, diminuita dunque l’uguaglianza e sfumata alquanto la libertà, ecco che – sostiene sempre Morlino – anche l’integrità delle democrazie vacilla, quasi che fossero di per sé colpevoli dell’impoverimento e delle ridotte libertà.

Spiegata dunque la fragilità di questa forma di governo, il saggio tratteggia le tre diverse tipologie di democrazia oggi presenti in Europa.

La prima è la democrazia bilanciata: in essa la forbice tra i ceti non si fa sentire più di tanto, il controllo istituzionale è forte ma la politica non si accende su poli marcatamente opposti e minima è la protesta che viene dal basso. Lo stato che lo incarna è la Germania e, con sfumature più lievi, il Regno Unito, dove però le differenze sociali si vanno acuendo.

La seconda è la democrazia irresponsabile: il contrasto sociale è forte, il controllo istituzionale è più debole, la polarizzazione tra forze politiche alta. Il paese che la incarna è la Polonia.

La terza è la democrazia di protesta: qui ci siamo noi. Alta è la “partecipazione rivendicativa”, quella che porta i cittadini-elettori a dimostrare sia il disagio sociale per una forbice sempre più aperta, sia la contrarietà al governo in carica attraverso il ricorso al voto di protesta, che premia espressioni politiche più estremiste e movimenti nuovi, nati in polemica con l’esistente. Oltre all’Italia anche la Spagna, sia pure in versione più soft, viene accostata a questa tipologia di democrazia.

Non risulterebbe incasellabile in uno dei tre modelli la Francia, fresca del voto che riconferma il presidente uscente Macron: la sua sarebbe piuttosto una forma ibrida, intermedia a più realtà, in cui la protesta sociale non manca ma appartiene a fasce precise di popolazione, il controllo dello stato è saldo, il sistema paese tiene. La patria del motto “liberté, égalité, fraternité” sembra saper difendere questi valori più strenuamente dell’Italia, che risulta invece – dentro e fuori al Parlamento - sempre più arrabbiata e, purtroppo, fedele al ritratto degli iracondi danteschi: immersi nella mota e tutti presi dalla furia di litigare, a destra e a manca, con chi è capitato loro accanto.

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