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Domenica 20 giugno, commento di don Renato De Zan

Perché avete paura? Non avete ancora fede? con queste parole Gesù rimprovera gli apostoli smarriti davanti alla tempesta

Domenica 20 giugno, commento di don Renato De Zan

20.06.2021. 12° Domenica del T.O.-B

 

Mc 4,35-41

35 In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36 E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37 Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38 Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?». 39 Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40 Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41 E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

 

 

Tematica liturgica

1. L’episodio della tempesta sedata ha due fuochi di attenzione. Il primo è l’intervento di Gesù (“Perché avete paura? Non avete ancora fede”) e la seconda è l’interrogativo dei discepoli (“Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”)

 

2. L’intervento di Gesù evidenzia il tema della paura (il testo greco originale dice: “Perché siete vili-paurosi”). Il vocabolo greco “deilòi” compare nel Nuovo Testamento solo tre volte e sempre al plurale (Mt 8,26; Mc 4,40; Ap 21,8). Indica i discepoli che non hanno fede in Gesù nel momento del pericolo (Mt 8,26: “Perché avete paura - greco: “Perché siete vili/paurosi”-, gente di poca fede?”; Mc 4,40: “Perché avete paura - greco: “Perché siete vili/paurosi” - ? Non avete ancora fede?”) e le persone che non meritano il paradiso (Ap 21,8: “Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte”).

 

3. La paura è un sentimento che, a livello umano, ha un ruolo: salvaguarda dalle situazioni pericolose. Quando però la paura è legata alla fede (paura di essere cristiani in un mondo che non apprezza il cristianesimo o addirittura lo perseguita), allora è una paura e una viltà da non seguire. Come i discepoli ebbero paura nella tempesta del lago, così Gesù ebbe paura nel Getsemani: “Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia” (Mc 14,33). Ai sentimenti non si comanda. Emergono quando vogliono. Ma i sentimenti, si possono orientare. Ed è questo che Gesù ha fatto nel Getsemani. Ha scelto, attraverso la preghiera, di fidarsi della volontà di Dio, abbandonando le spinte della paura e dell’angoscia.

 

4. Nell’ambito della fede, la paura detta scelte non idonee. Nella parabola dei talenti, il servo che aveva ricevuto un talento non lo fece fruttare. Quando il padrone gliene chiese conto, il servo rispose così: “Per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.” (Mt25,25). Sappiamo che il padrone censurò in modo severo questo comportamento del servo che a modo suo rappresenta tutti i paurosi, i lapsi e gli apostati della storia.

 

5. L’interrogativo dei discepoli desta stupore. Hanno visto i miracoli di Gesù, hanno ascoltato le sue parole, eppure non si rendono ancora conto di chi sia il Maestro. Per loro sarà una scoperta continua fino alla Risurrezione e alla Pentecoste.

 

Dimensione letteraria

 

1. Il testo biblico e il testo biblico-liturgico del vangelo coincidono quasi alla perfezione. L’espressione originale “In quel medesimo giorno, venuta la sera disse loro…” lega l’episodio della tempesta sedata al discorso parabolico di Gesù. Un modo per invitare il lettore a leggere l’episodio della tempesta non solo come un fatto miracoloso, ma anche come un racconto figurato ed emblematico, come ogni parabola. Questo aspetto è stato in qualche modo tolto al testo biblico-liturgico con il semplice ritocco dell’incipit che nel Lezionario suona così:  “In quel giorno, venuta la sera, Gesù…”.

 

2. Mc 4,35-41 può essere così suddiviso: scena della tempesta con le domande di Gesù (Mc 4,35-38), il miracolo (Mc 4,39), la reazione dei discepoli (Mc 4,40-41).

 

Riflessione biblico-liturgica

 

1. è vero: presumere di conoscere Gesù, significa non conoscerlo. L’autorità di Gesù sul vento e sul mare è la stessa autorità di Dio (cf la prima lettura, Gb 38,1.8-11).

 

2. Il potere sovrano di Gesù sul vento e sul mare sono espressi da due verbi: “epitimào” (intimare, sgridare) e “fimòo” (mettere la museruola, far tacere). Marco adopera ancora questi due verbi quando narra l’esorcismo dell’uomo posseduto (cf Mc 1,21-28). Alcuni autori deducono che per Marco il lago in tempesta è simbolo delle potenze demoniache nemiche del Regno. C’è, dunque, un fondamento nella lettura patristica dell’episodio: la barca è la Chiesa nelle tempeste della storia.

 

3. Quest’ultima tematica è stata ripresa, alla lontana, dalla Colletta propria: “Non ci esaltiamo nel successo, non ci abbattiamo nelle tempeste, ma in ogni evento riconosciamo che tu sei presente e ci accompagni nel cammino della storia”.

Domenica 20 giugno, commento di don Renato De Zan
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