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Omelia del vescovo per la messa del Ringraziamento

"Questa sera, carissimi, desidero sostare un po’ con voi e, con lo stile di Maria del custodire e meditare nel proprio cuore, fare una riflessione che ci permetta di rileggere alcuni avvenimenti più importanti dell’anno che sta finendo..."

Parole chiave: Omelia. Vescovo (1), Ringraziamento (4)
Omelia del vescovo per la messa del Ringraziamento

Giunti alla conclusione di un altro anno civile, la liturgia ci invita ancora una volta, all’interno del clima natalizio di luce e di gioia, a lasciarci avvolgere dall’amore di Dio che ci raggiunge con il dono del suo Figlio Gesù. “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio … perché ricevessimo l’adozione di figli” (Galati 4,4-5). In ogni conclusione dell’anno, sperimentando un po’ la pienezza del tempo che ci raggiunge, abbiamo l’opportunità e l’occasione per considerare i tanti doni che Dio ci ha fatto, primo fra tutti il dono dell’Incarnazione del suo Figlio Gesù. Infatti, nella nostra vita è risuonata forte una Parola più grande di noi. Essa è il motivo della nostra esistenza. Questa Parola, carissimi, è Gesù, il Figlio del Dio altissimo, che guida anche ai nostri giorni la storia dell’umanità, conducendola, passo dopo passo, verso la sua pienezza. È Gesù l’origine e il motivo della vita. In Lui tutto assume un senso ed un significato; è guardando a Lui che comprendiamo noi stessi e quello che ci è capitato. Con Lui possiamo rileggere e comprendere i fatti e gli avvenimenti accaduti in quest’anno.

Capita spesso di non accorgerci e di essere travolti dagli avvenimenti e dai fatti che scuotono la nostra vita o la vita dell’umanità. Maria, come ci ricorda la pagina del Vangelo, non si è lasciata travolgere dai fatti che gli sono capitati, non è rimasta schiacciata né stressata ma si è fermata per comprendere l’essenziale e il valore che portavano. L’atteggiamento di Maria è racchiuso in due verbi: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Luca 2,19). Custodire e meditare, cioè fare sintesi e mettere in collegamento gli avvenimenti tra loro, scoprendovi il progetto di Dio. Maria scopre il significato profondo delle cose perché prima di agire si ferma a guardare dentro di sé, nel proprio cuore. Non si lascia attrarre dalla frenesia del fare o di rispondere subito, ma cerca prima di tutto i segni della presenza di Dio, meditando la Parola che gli era stata donata. Capita spesso, invece, a noi di essere distratti, di fare una cosa mentre ne pensiamo un’altra, di parlare con una persona e nello stesso tempo rispondere al cellulare, ‘bruciando’ così l’incontro con le persone.

Questa sera, carissimi, desidero sostare un po’ con voi e, con lo stile di Maria del custodire e meditare nel proprio cuore, fare una riflessione che ci permetta di rileggere alcuni avvenimenti più importanti dell’anno che sta finendo, per comprenderne il significato, per accogliere quello che il Signore ci vuol dire e anche per vivere con più responsabilità e impegno l’anno che ci davanti.

È stato ancora un anno segnato da grandi tragedie naturali, nel mondo e nel nostro territorio, dove insieme a molti morti si sono verificati disastri ambientali che mettono in luce la fragilità del territorio e la poca cura del creato e dell’ambiente, sfruttati per tornaconti economici e personali. Immersi, poi, in una cultura individualistica ed egocentrica che ci fa chiudere in noi stessi, impedendoci di vedere e ‘toccare’ la carne e le sofferenze dei più poveri, di uomini, donne e bambini, fuggiti dalla guerra e dalla povertà estrema, non siamo più capaci di accogliere e di manifestare amore e solidarietà verso il prossimo, che sono la caratteristica della nostra fede e cultura cristiana. “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Giovanni 13,35). Pur vivendo, come dice papa Francesco, un cambiamento d’epoca, siamo ancora incapaci di rendercene conto perché chiusi nei nostri interessi personali e non preoccupati del bene comune, che è anche il nostro bene. Non ci accorgiamo del travaglio del mondo e dell’umanità che non sanno quale direzione prendere, insensibili alle sofferenze di tanti nostri fratelli e sorelle per la guerra, la fame, le malattie. Anche nel nostro territorio ci sono sacche di povertà, materiali e morali. Penso alle numerose famiglie, alcune divise, dove non c’è armonia e amore, ma ostilità e talvolta violenza; ai tanti giovani senza prospettive per il futuro, destinasti spesso ad emigrare all’estero; alle persone, purtroppo in aumento, vittime delle dipendenze, frutto talvolta, aimè, del troppo progresso; alla solitudine di tanti anziani e malati. Penso ai numerosi profughi che ospitiamo nel nostro territorio aiutati e sostenuti da tante persone, e che ora, per paura della loro presenza, sembra più difficile e complicato ospitarli, negando l’accoglienza a chi viene da situazioni di guerra e di miseria. Ci troviamo dentro un tempo, in particolare noi dell’occidentale, che sta perdendo i grandi valori della tradizione e della identità culturale e cristiana, allontanandoci sempre più dalla dimensione spirituale della fede, necessaria per superare con speranza e serenità l’avventura della vita. Una società che perde il gusto e il significato della spiritualità e della trascendenza, dell’incontro con Dio e della preghiera, del perdono e della carità che si fa amore e solidarietà verso gli altri, è destinata al fallimento e alla morte.    

 Ma per fortuna non mancano anche i segni del bene capaci di portare speranza e infondere fiducia. Me ne sto rendendo concretamente conto nel visitare le varie comunità parrocchiali e unità pastorali durante la Visita Pastorale. Ho trovato tante persone desiderose di nutrirsi della Parola di Dio e di sperimentare la gioia dell’incontro con il Signore e con la comunità nella celebrazione dell’Eucaristia. C’è poi in molti il desiderio di autentica corresponsabilità all’interno della comunità nella formazione e nella testimonianza della carità, impegnandosi ad ‘uscire’ per portare agli altri, l’annuncio del Vangelo e la gioia della testimonianza. Sono ancora numerose le persone che all’interno della parrocchia e della società civile si rendono disponibile nel volontariato a servire gli altri, donandosi gratuitamente. La parola e soprattutto l’esempio di vita di papa Francesco, sono per tutti, credenti e non, uno stimolo a fare qualcosa di buono e un segno che Dio è Padre di tutti, che ci ama e non ci lascia soli.

 Al termine della celebrazione canteremo il Te Deum, esprimendo il nostro grazie a Dio per i beni ricevuti. Ringraziamo il Signore per il tempo che ci ha dato di vivere e per averci fatto assaporare la gioia dell’incontro con Lui e della vita comunitaria e fraterna tra di noi. Siamo una comunità cristiana legata dalla fede viva nel Signore Gesù, formata da volti e persone, alcune non sono più con noi. Una comunità che cerca di nutrirsi della Parola e della sua presenza, per essere nel mondo testimoni gioiosi e segno del grande amore che Dio ha per tutti. Buon Anno Nuovo.   

 

 

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