Commento al Vangelo
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Domenica 30 maggio, commento di don Renato De Zan

Santissima Trinità: “Un solo Dio, non nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza”

Domenica 30 maggio, commento di don Renato De Zan

30.05.2021 Ss. Trinità

 

Mt 28,16-20

In quel tempo, 16 Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17 Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18 Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

 

 

Tematica liturgico-biblica

Nella Bibbia non compare mai il nome “Trinità”, ma più volte compare il mistero di Dio, “Padre e Figlio e Spirito Santo”. Il termine “Trinità” (unità di tre) venne usato per la prima volta da Teofilo di Antiochia verso la fine del sec. II e, subito dopo, da Tertulliano. Sbagliano grossolanamente coloro che dicono che la dottrina della Trinità “deve risalire a circa 350 (anni) dopo la morte di Gesù Cristo”. I primi discepoli, ammaestrati da Gesù, credettero in modo chiaro al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Due testimonianza possono bastare. La prima si può leggere nel vangelo di oggi (Mt 28,16-20): “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Circa venticinque anni prima Paolo scriveva ai Corinti: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi” (2 Cor 13,13). Il Nuovo Testamento non definisce la Trinità, ma ne narra l’opera salvifica in favore dell’uomo. La Liturgia segue questa strada. Nella terza edizione del Messale, la Colletta propria dell’anno B (pagina 1052) concentra la sua attenzione nell’esperienza del Battesimo: “O Dio santo e misericordioso, che nelle acque del Battesimo ci hai resi tuoi figli, ascolta il grido dello Spirito che in noi ti chiama Padre perché nell’obbedienza alla parola del Salvatore, annunciamo la tua salvezza offerta a tutti i popoli”. Il cristiano, attraverso il sacramento, fa esperienza della Trinità: diventa figlio di Dio, “santo e misericordioso”, viene inabitato dallo Spirito che lo spinge a chiamare Dio con l’appellativo di Padre (cf Rm 8,15; Gal 4,6), lo sostiene nell’obbedienza alla parola del Figlio Salvatore e lo accompagna nell’opera dell’annuncio a chi ancora credente non è.

È chiaro che di fronte a Dio, uno e unico in tre persone, la mente umana resta sbalordita perché si trova davanti al Mistero. Giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica parte da una osservazione sul linguaggio: “Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro linguaggio su Dio” (CCC 40). E dice ancora: “Le parole umane restano sempre al di qua del Mistero di Dio” (CCC42). Dio è infinito, la nostra mente e le nostre parole sono limitate. Ciò che riusciamo a dire di Dio è un avvicinamento al Mistero. Sappiamo che Egli esiste, ma chi Egli sia ce lo può dire solo Lui (si chiama rivelazione). Se, dunque, da una parte la celebrazione della solennità della Ss. Trinità è un atto di adorazione e un atto di accoglienza della sua rivelazione, dall’altro è un atto di profonda umiltà e consapevolezza del nostro limite. Nel primo millennio, la Chiesa ha inserito progressivamente nell’anno liturgico la memoria degli avvenimenti della storia della salvezza. Nel secondo millennio, invece, ha cominciato a inserire le verità di fede più salienti. Un modo molto intelligente per accompagnare il pensiero umano, che all’inizio del secondo millennio si stava aprendo al sapere universitario, nel cammino della ricerca della verità.

 

Dimensione letteraria

Il testo evangelico di Mt 26,16-20 costituisce la parte finale del Vangelo di Matteo. Il testo biblico-liturgico è suddivisibile in due unità: una è narrativa (Mt 26,16-18a), la seconda è discorsiva (Mt 26,18b-20). Se la parte narrativa mostra la pochezza della Chiesa nascente (undici discepoli, con dubbi), la parte discorsiva riassume in modo magistrale l’essenza del vangelo. Gesù ha ricevuto dal Padre ogni potere. Con questa autorità invia i suoi discepoli in missione: fare discepoli di Gesù tutti gli uomini attraverso l’esperienza sacramentale e la Parola. Nell’esperienza sacramentale del battesimo emerge il mistero dell’unico Dio in tre persone: Padre e Figlio e Spirito Santo.

 

Riflessione liturgico-biblica

a. La prima unità letteraria, quella narrativa (Mt 28,16-18a) presenta il collegio dei Dodici, impoverito per la perdita di Giuda. Se l’obbedienza all’ordine di Gesù è concorde, non è, invece, concorde la loro reazione di fronte all’apparizione del Risorto. Nel gruppo degli undici c’è l’adorazione, con la prostrazione, ma c’è anche il dubbio. Questo dubbio non è quello che porta al rifiuto, bensì è il dubbio fertile, aperto, positivo, che cerca una risposta, un approfondimento.

b. Dio, uno e trino, non è un’idea, ma una realtà da accogliere e dalla quale lasciarsi accogliere, come l’acqua battesimale viene accolta dal battezzando e accoglie il battezzando. In Dio, uno e trino, il credente è totalmente immerso (= significato della parola battesimo). In altre parole, la vita di Dio accoglie e permea la vita del credente, nel quale l’intelligenza, la volontà e i sentimenti (immagine agostiniana della Trinità) è resa nuova, secondo il progetto di Dio sull’uomo fin dalle origini.

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