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Giornata del Seminario: la porta è aperta

Domenica 24 novembre, Giornata del Seminario diocesano: una porta aperta che lasci intravedere qualcosa di quello che avviene in Seminario che ospita ventisei seminaristi suddivisi in tre comunità: maggiore, propedeutico e minore.

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Giornata del Seminario: la porta è aperta

  La giornata del Seminario ci raggiunge nella consueta data della domenica di Cristo Re. È un’occasione per rinnovare la preghiera al Signore per gli alunni del Seminario e per coloro che li accompagnano. Ventisei sono i seminaristi, suddivisi nelle tre comunità del Minore, del Propedeutico e del Maggiore. Tante storie e tanti percorsi differenti. Sono loro innanzitutto le "pietre vive" del Seminario. Abbiamo voluto sottolinearlo intitolando così la giornata quest’anno. Insieme domandiamo anche che il Padrone della messe mandi altri operai per quella messe che è la Chiesa di Concordia-Pordenone.
Questa giornata, in certo senso, vuole essere anche una porta aperta che lasci intravedere qualcosa di quello che avviene in Seminario. Molta parte di questo racconto è affidato alla testimonianza dei seminaristi nelle pagine che ogni anno Il Popolo ci dona, come pure negli incontri, in particolare in alcune parrocchie della forania di San Vito, meta in questi giorni di una settimana vocazionale semplice e snella.
Attraverso questa apertura scopriamo che avanti le pesanti porte dell’istituzione c’è il "per primo" di Dio. È lui che chiama: termini e modi restano avvolti nel mistero della sua volontà. A chi accoglie dietro quelle porte spetta affiancarsi, perché si compia il discernimento e ci si formi, si maturi e si cresca.
Affacciandoci a quella porta ci rendiamo conto che verifica e formazione passano anche attraverso la vita di una comunità di giovani fraterna e operosa, impegnata nella preghiera, nello studio e pure in umili servizi di riordino e pulizia, che insegnano a gestirsi nel tempo e nelle responsabilità e permettono di assumere ogni giorno di più l’abito di colui che è venuto per servire e non per essere servito (cfr. Mc 10,45). In quelle attenzioni semplici e ordinarie un seminarista si verifica e si forma per diventare quel prete "uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti" come lo ha definito Papa Francesco (6 marzo 2014).
Quella porta aperta ci racconta anche che il Seminario non è più - se mai lo è stato - una cittadella autarchica, segnata dall’isolamento dal mondo. Ce lo conferma il frequente via vai di persone che si recano in quella che è ormai diventata la casa di moltissime attività diocesane di formazione ed incontro. Ce lo conferma, ancora, la bella presenza di giovani allo Scrigno: vengono per la preghiera e volentieri si fermano al termine a dialogare, a confrontarsi e a scherzare sotto le austere arcate del porticato, fino a tarda ora. La scritta SILENTIUM sul pavimento dell’antico refettorio non incute più timore: ha lasciato il posto all’importanza di imparare a dialogare con tutti, con rispetto, intelligenza e capacità di accoglienza.
La porta è aperta anche perché una parte significativa della formazione ha da avvenire al di fuori, sul terreno della comunità cristiana, delle parrocchie e delle unità pastorali; a contatto con i preti, con i catechisti, gli animatori e i più vari collaboratori; respirando la stessa aria, condividendo fatiche, sogni e progetti, imparando a fare insieme.
La porta è aperta anche per incuriosire, far nascere la voglia di superare la soglia, entrare senza paura e vedere com’è davvero questa casa e chi la abita. Forse qualcuno potrà scoprire così che quello è anche il suo posto.
*Rettore del Seminario

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