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Come trasmettere la fede alle nuove generazioni: cristiani e musulmani a confronto

Imam: "Il fatto di non scindere cultura e religione crea non pochi problemi". Il suo messaggio è uno dei nodi centrali non solo per saper trasmettere la religione, ma anche per la reciproca comprensione tra persone di diversa religione che desiderino viversi accanto, in pace e in dialogo aperto

Parole chiave: Musulmani (2), Imam (2), Cristiani (14), Fede (21), Giovani (76)
Come trasmettere la fede alle nuove generazioni: cristiani e musulmani a confronto

  Diversi eppure accomunati dalla questione: come trasmettere la fede alle nuove generazioni? Ne hanno parlato venerdì 15 febbraio, nell’Auditorium del Centro diocesano, Mons. Luciano Padovese, teologo e fondatore della Casa dello Studente; Yassine Lafram, iman di Bologna e presidente delle comunità islamiche presenti in Italia; Fabio Vanni, autore di studi sulla condizione giovanile. Ha moderato la serata Daniela Dose, insegnante di religione. Ha portato i saluti mons. Orioldo Marson, vicario generale, che ha aperto l’incontro ricordando due fatti: i vistosi cambiamenti in atto che toccano tutti ma in particolare le nuove generazioni che - anche attraverso l’uso disinvolto delle nuove tecnologie - si fanno più distanti. Secondo, il documento sottoscritto da Papa Francesco e il Grande imam di Al-Azhar sulla fratellanza umana, di cui ha letto l’incipit: "La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare"… Basterebbe questo" ha chiuso, invitando tutti a meditarlo.
Daniela Dose ha ricordato la ricerca dell’Istituto Toniolo con Migrantes, fatta su strada, intervistando i giovani di diverse religioni. Il risultato? Non sentono la differenza tra le religioni come un problema ma come una ricchezza. Gli stessi, a prescindere dalla religione praticata, hanno chiesto agli adulti due cose: autonomia e ascolto.
Fabio Vanni ha centrato il suo dire sulla capacità di relazione che nasce in ogni persona fin dal concepimento e che, dopo la nascita, non può che moltiplicarsi: famiglia, scuola, società. Un orizzonte che i social rendono più vasto.
"Ma, posto che questi scenari sono simili per tutti, cosa ci differenzia? - ha chiesto - La prospettiva dalla quale un soggetto - in base al suo io, alle sue relazioni, alla sua cultura -guarda al mondo". Per questo dovremo ricordare che: "Nessuno è detentore di una prospettiva assoluta, ma ciascuno ha una prospettiva limitata, legata al suo habitat. Ebbene - ha concluso - questo vale anche per il sacro".
Yassine Lafram, imam di Bologna, ha iniziato il suo discorso sfatando alcuni luoghi comuni: "I musulmani non sono degli alieni. Sono persone che godono di una sfera spirituale e questo oggi non è scontato. I musulmani credono in Dio. Credo - ha sottolineato - che il dio degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani sia lo stesso Dio. Poi ciascuno ha avuto la rivelazione in un certo modo e ciascuno crede di essere sulla retta via. Eppure, ciò che ci accomuna è più di ciò che ci divide".
Il suo punto di vista sul dialogo interreligioso: "Può avvenire tra persone di fede diversa, non tra diverse religioni".
Il tema dei giovani e la religione: "Anche la religione si misura con un mondo in trasformazione, per cui chi ha una pratica religiosa è visto come un bigotto. La sfida della religione oggi la viviamo tutti".
Cosa hanno in più le seconde generazioni? Vivono questi passaggi catapultate in un mondo estraneo. Vivono lo sradicamento rispetto a dove sono nati. Vivono il contrasto con il mondo dei genitori che non è quello in cui loro ora vivono. "I nostri giovani si trovano in un circolo vizioso per cui essere musulmani non li fa sentire abbastanza italiani, ma l’essere italiani non li fa vedere abbastanza musulmani agli occhi dei loro genitori" ha spiegato. "Sviluppano una doppia personalità, non patologica, per cui in salotto con la famiglia vedono Al Jazeera e poi in camera guardano Le Iene come i loro compagni; oppure a casa parlano marocchino o urdu e fuori italiano".
Altro tema importante è quello culturale. "I genitori - ha spiegato - fanno fatica a scindere la cultura dalla religione e questo rende sempre più conflittuale il rapporto con i propri figli". Un punto centrale anche per noi nell’intento di comprendere molti comportamenti.
"I genitori - ha spiegato - si trovano a parlare con i figli specie quando devono dire di non fare una certa cosa. E i figli chiedono: non posso fare questa cosa perché non la deve fare un musulmano (ossia è una questione che riguarda la religione) o perché non la deve fare un marocchino (ossia è una questione che riguarda la cultura?)". Nella riposta si fondano integrazione e possibilità di reciproca comprensione. Ha voluto chiudere con l’esempio: "Un italiano convertito, anche se mangia pasta e veste Gucci, non è meno musulmano di un marocchino rimasto in Marocco". Per dire che la religione è una cosa, la cultura di un popolo o di un paese è un’altra cosa. Ma è proprio sulla difficoltà di collocare ogni questione nella casella giusta che si complicano i rapporti: "Il fatto di non scindere cultura e religione crea non pochi problemi. Ci sono aspetti culturali cui viene data una veste religiosa ma questo non è corretto. I contrasti in famiglia nascono da questioni che hanno più a che fare con la cultura che non con la religione". Tema centrale che avrebbe meritato un ulteriore approfondimento.
Mons. Luciano Padovese: "Il discorso dell’iman è stato preciso e illuminante, però parlava di giovani musulmani che vivono in Italia. Ne conosco anch’io al Centro, parlo con loro e non li trovo tanto diversi dagli altri giovani. I giovani sono abbastanza omologati qui da noi. Mi chiedo però: come saranno i giovani che vivono ancora in Marocco?".
Detto ciò ha sottolineato alcune criticità: "Puntiamo il dito sui giovani e la poca pratica religiosa. Ma i loro genitori? Forse dovremo definirli solo battezzati. Vivono davvero il cristianesimo, lo manifestano con la pratica?".
Ha elencato le caratteristiche dei giovani di oggi: la soggettività dominante rispetto alla pluralità; l’emotività del loro agire; l’immediatezza e anche il volere tutto subito; la fragilità. Ha chiuso: "E’ ovvio che se c’è una religiosità che vogliamo mantenere e proporre, questa oggi deve necessariamente passare per il cuore. O passa per il cuore o non arriva niente".
La serata, molto affollata di partecipanti di varie religioni tra cui non pochi musulmani, si è chiusa con una serie di domande rivolte dal pubblico ai vari interlocutori.
Simonetta Venturin

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