Viaggio letterario: Hisham Matar "Punto di approdo" e la peste nera a Siena
"Vuote le case, deserte le città, squallide le ville, piene di cadaveri i campi, orrenda in ogni luogo e spaventevole la solitudine" così Petrarca descrive la peste nera, sciagura di lutti da cui sbocciò l'arte
Sta per concludersi febbraio, ci siamo preparati a "Dedica", 26a edizione, protagonista Hisham Matar. Inizio sabato 7 marzo. Abbiamo letto i suoi scritti, ci manca l’ultimo "Un punto di approdo". Uscirà in marzo, ma un nemico, il cui arrivo nessuno avrebbe potuto prevedere, blocca ogni attività artistica, ludica, scolastica, economica. Chissà se potremo avere a Pordenone Hisham Matar, il libico vissuto in Inghilterra, alla costante ricerca del padre perduto durante la dittatura di Gheddafi, presumibilmente nella terribile prigione di Abu Salim.
Su qualche giornale leggo che "Un punto di approdo" parla anche della Peste Nera giunta in Italia nel 1348, quella di Boccaccio.
In realtà le recensioni deviano un poco. Lo scopro quando riesco a recuperare il libro attraverso una consegna a domicilio. Il testo ha un vasto capitolo dedicato alla Peste Nera e alle sua impensabili ripercussioni sull’arte. In realtà è un viaggio di Matar a Siena, "A Month in Siena", titolo originale in inglese. Siena la città tanto amata e sognata.
Dopo aver concluso il libro "Il ritorno", interamente dedicato al viaggio in Libia sulle tracce del padre, lo scrittore si concede una pausa a Siena. Aveva conosciuto e amato Siena e la sua arte pittorica quando a Londra frequentava la National Gallery. Si rivelerà "Un punto di approdo" dove elaborare un "lutto senza tomba, dove piangere da solo, per riflettere su basi nuove e scoprire come poter continuare da lì… senza sapere cosa accadde a mio padre, come o quando morì, o dove possono essere i suoi resti".
A Siena ritrova gli amati artisti. Ambrogio Lorenzetti e l’Allegoria del buon e del cattivo governo e Duccio di Buoninsegna, la Madonna dei Francescani, la Maestà al Museo dell’Opera del Duomo, epica pala bifronte con storie della Vergine e di Cristo. Fa una lunga descrizione del giorno in cui l’opera uscì dalla bottega di Duccio in via di Stalloreggi e giunse in piazza del Campo, poi in duomo tra un’immane moltitudine.
In tempo pasquale ne proponiamo la Resurrezione di Cristo.
Matar visita la Cappella di Piazza costruita quasi settant’anni dopo gli affreschi del Lorenzetti. Il mondo in quel tempo "aveva subito una spaventosa trasformazione. Le nozioni di vita e di morte erano cambiate per sempre".
Su Europa, Asia e Medioriente "Era calata un’ombra nera". Nel 1348 era arrivata la Peste Nera. "Nessuno ne conosceva la causa e nessun rimedio si era rivelato efficiente".
Pregavano ebrei con la Torah, mussulmani col Corano, cristiani col Vangelo.
"Vuote le case, deserte le città, squallide le ville, piene di cadaveri i campi, orrenda in ogni luogo e spaventevole la solitudine"(da una lettera di Francesco Petrarca).
Ma Hisham Matar dalla Peste Nera e le successive che fino al 1720 comparvero in Europa deduce la nascita di un nuovo modo di fare arte, che deve tener conto della morte. Michelangelo scriveva al Vasari: "E non nasceva pensiero in me che non vi fussi scolpita la morte".
Rembrandt, Vermeer, più volte minacciati dalla peste. Tiziano che probabilmente ne morì. Tintoretto che dipinse tanti toccanti San Rocco, il santo protettore. "Siena con la Peste perse i suoi maestri d’arte. A molti artisti la rappresentazione della morte cominciò a sembrare un duro addestramento alla fragilità della vita umana".
Maria Luisa Gaspardo Agosti
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