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Non lasciare indietro nessuno, un impegno per tutti

A caccia di buone notizie: in tanti hanno risposto al bando della Protezione civile in cerca di medici e infermieri

Teniamoci stretta questa notizia. La Protezione civile apre un bando urgente per 300 medici da inserire negli organici degli ospedali al collasso. Il coronavirus è un nemico invisibile che ci ruba risorse umane e materiali per sconfiggerlo. Rispondono in 8 mila, da Nord a Sud, giovani e anziani, in un abbraccio di solidarietà territoriale e generazionale. Fa sperare che sia questa l’Italia: oggi nello stato di bisogno, domani nello sforzo di ricostruzione. La più grande emergenza della nostra storia repubblicana sta scuotendo le coscienze che si esprimono con le donazioni, a sostegno di strutture sanitarie in ginocchio, e con il lavoro di tanti volontari, in prima linea nelle corsie. In questo caso il contagio è positivo. È commovente vedere medici e infermieri piangere, perché non riescono a salvare più persone. Ma non mollano. Questa è l’immagine di un Paese che ha ancora un cuore che batte. Ecco che nel momento del bisogno, l’acqua limpida, per un effetto carsico, riemerge in superficie ricca di quei sentimenti di umanità che finora si erano mantenuti in profondità.
L’acqua evidentemente c’era, ma non si sentiva il suo rumore. O, meglio, non ce ne siamo accorti, perché non abbiamo voluto vedere le azioni discrete di chi non cerca i riflettori per mettersi in mostra, ma la concretezza dell’impegno quotidiano: avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. È il segno che esiste un’altra Italia che tiene le braccia aperte, senza chiedere la carta d’identità a chi è in difficoltà. Non urla prima questo o quello, non criminalizza chi soccorre, ma questo pezzo di Paese aiuta spontaneamente chi tende la mano. I volontari si muovono ovunque, qui e all’estero, senza distinzioni, perché la solidarietà non ha confini. Andiamone fieri. Gli italiani si trovano dappertutto, anche nei villaggi più remoti e più poveri dell’Africa. L’aiuto è un dovere universale, soprattutto per coloro che si ispirano ai valori evangelici, perché il Prossimo è semplicemente l’uomo nella sua integrità, senza distinzione localistica dettata da vicinanza o lontananza. Ma il soccorso non è soltanto una faccenda di credenti: l’azione umanitaria è il terreno più fertile di dialogo e interazione tra chi ha fede e chi non ce l’ha, senza inutili competizioni. La riscossa civica di un Paese, che adesso deve proprio manifestarsi, trova radici in questo impegno corale.
I volontari lavorano "con gli altri" e non semplicemente "per gli altri". È proprio la differenza fra le due preposizioni semplici, sottolineata dalla grammatica, che permette di cogliere l’anima più spontanea dell’esercito del bene. La ricchezza sostanziale del "con" contiene il senso della reciprocità, che significa parità e non supremazia: chi aiuta il Prossimo aiuta anche se stesso, ricevendo una ricchezza interiore che riempie vuoti esistenziali. Si capisce l’altro. Questo tipo di azione "rivoluzionaria" dà una carica di umanità che non potrà limitarsi a una situazione di emergenza limitata ai tempi del coronavirus. Magari il bene tornerà a non fare notizia per ritornare a scorrere a livello più sotterraneo, ma muoverà ancora chi continuerà a lavorare silenziosamente per ricostruire il "dopo", quando si faranno sentire con più sofferenza i problemi di coloro che saranno costretti ad arrancare, fragili e precari. Le maglie delle reti dell’impegno dovranno stringersi ancora di più attorno al valore della solidarietà per non lasciare indietro nessuno.

Non lasciare indietro nessuno, un impegno per tutti
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