Legittima difesa, così lo Stato dà una sensazione di debolezza
Quasi un tentativo di trasferire sui privati il dovere di sicurezza proprio del Pubblico
Dopo una prima modifica della legge sulla legittima difesa, introdotta nel febbraio 2006 ed un tentativo di ulteriore modifica del maggio 2017 (vedi articolo su Il Popolo del 14 maggio 2017), il Parlamento si accinge ad approvare, con un ultimo passaggio al Senato, una legge che modifica ulteriormente i termini della legittima difesa e sanziona più gravemente i reati di furto in abitazione, furto con strappo, violazione di domicilio e rapina.
La legittima difesa è prevista sin dall’antichità nelle leggi di molti Stati con riguardo alla difesa della vita, dell’integrità personale e del pudore.
La legge italiana (art. 52 del codice penale), nel caso in cui sorga un pericolo "attuale di un’offesa ingiusta" per sé o per altri, riconosce al soggetto che ha agito una forma di autotutela. Si è autorizzati a reagire nei confronti dell’aggressione, anche con l’uso delle armi, con un’azione che normalmente è considerata reato dal Codice Penale, purché vi sia una proporzione fra offesa e difesa.
Con la modifica apportata dalla nuova legge, la reazione di chi è aggredito nella propria abitazione si considera "sempre" proporzionata. Altresì, si considera "sempre" in stato di legittima difesa colui che all’interno della propria abitazione o del luogo ove venga esercitata attività commerciale, imprenditoriale o professionale, agisca al fine di respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia da un aggressore.
Un’aggiunta all’art. 55 del codice penale prevede che, se si superano i limiti della legittima difesa perché si è in stato "di grave turbamento", non si può essere puniti a titolo di eccesso colposo. Sarà comunque difficile dare un contenuto concreto al concetto di "grave turbamento" che appare dai confini molto vaghi ed incerti.
Lo scopo della tutela della persona aggredita, peraltro condivisibile, viene accentuato anche con l’esclusione da ogni responsabilità civile di chi si è difeso legittimamente. Costui non potrà più essere chiamato a risarcire il danno cagionato all’aggressore, come invece a volte è accaduto.
E’ apprezzabile anche il principio che siano a carico dello Stato le spese di colui che si è difeso e che, dopo essere stato sottoposto a processo, viene assolto.
Lo spirito della riforma, presentata come strumento di sicurezza per i cittadini e di tutela per chi si difende da solo anche con le armi, accentua invece la sensazione di debolezza dello Stato. Si nota un tentativo di trasferire sui privati, quasi invitandoli a dotarsi di armi, quello che è il dovere di sicurezza che l’organizzazione statale, unica autorizzata all’uso della forza, deve garantire. Né, purtroppo, l’aumento delle pene per i furti, le violazioni di domicilio e le rapine avrà un effetto deterrente, perché è ormai assodato che l’aumento delle pene non produce una riduzione dei reati.
Alcuni commentatori hanno affermato che, con le nuove norme, nessuno sarà più indagato. L’affermazione è del tutto ingannevole. I due requisiti fondamentali della "necessità" della difesa e della "proporzione" tra difesa e offesa non possono essere elusi, nonostante ogni modifica lessicale. Come è stato autorevolmente affermato: "la pretesa d’introdurre presunzioni sulla necessità in caso di violazione del domicilio e sulla proporzionalità con la parola magica sempre è illusoria. Rimarrà comunque sempre un margine di apprezzamento da parte della magistratura nella valutazione dei casi concreti, ognuno dei quali presenta infinite sfaccettature".
E’ del tutto evidente che, vivendo ancora in uno Stato di diritto, ogni volta che si verificherà un episodio delittuoso, sarà l’Autorità Giudiziaria che, con un’indagine penale, dovrà accertare come si sono svolti i fatti, se si tratta di legittima difesa o di eccesso colposo, e nessun legislatore può impedirlo senza violare la nostra Costituzione e la Convenzione dei diritti dell’uomo.
Resta, infine da considerare che, fortunatamente, i casi di legittima difesa che hanno coinvolto la nostra società sono stati pochissimi, e che le decisioni dei tribunali hanno trovato il giusto bilanciamento fra la "difesa" dell’aggredito e "l’immediata punizione" dell’aggressore, effettuata a volte anche con l’uso delle armi.
Antonio Lazzàro
Già Presidente del Tribunale
di Pordenone
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