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La Pace passa nel dialogo tra Mosca, Parigi e Berlino

Vertice telefonico, Putin si è impegnato a conservare l’interlocuzione triangolare

La Pace passa nel dialogo tra Mosca, Parigi e Berlino

Le recenti attività politico-diplomatiche alle spalle della guerra in Ucraina hanno offerto due importanti novità. Una è il “piano di pace” italiano presentato al segretario Onu il 18 maggio. L’altra è il colloquio telefonico del 28 maggio di Macron e Scholz con Putin. Per cogliere la portata delle iniziative occorre osservarne i fattori di contesto, comprenderne le ragioni immediate e remote e riconoscere se gli occhi dei promotori fissano lo scenario ucraino oppure se sono orientati (anche) altrove.
La Farnesina ha avanzato, se non proprio un “piano”, una traccia prenegoziale che, tacendo sul nodo Crimea, contempla una forte autonomia per le regioni russofone, la neutralità dell’Ucraina sotto tutela estera congiunta prospettando, infine, una conferenza paneuropea, Russia inclusa, per regolamentare pace e sicurezza nel continente.
Se Mosca definisce il documento il bluff autopromozionale di una pedina Usa (Lavrov) o un “flusso di coscienza slegato dalla realtà” (Medvedev) è perché considera irricevibile il ricalco dei disattesi Accordi di Minsk 2, che dissimula quanto accaduto dal 24 febbraio a oggi. Eppure, per quanto “futuristico”, l’ultimo punto segna una svolta nella grammatica europea, giacché espunge il concetto di una nuova cortina di ferro sinora agitato.
Che il “piano” sia stato licenziato dopo il viaggio di Draghi a Washington è segno del nulla osta ivi incassato. Ma rileva anche la telefonata con cui, dopo pochi giorni, Roma ha cercato le rassicurazioni del Cremlino sulle forniture di gas, per evitare che, in attesa di flussi alternativi, l’Italia vada gambe all’aria. Il colloquio ha toccato anche i 25 milioni di tonnellate di cereali bloccati dalla flotta russa e dalle mine ucraine nel Mar Nero (la Romania sta facendo brillare quelle alla deriva prossime alle sue coste). D’altronde, non serve molta fantasia per associare il rischio fame a destabilizzazioni nocive agli interessi occidentali in Africa e Medioriente, quando già nella nostra Penisola – con un Pil stimato in flessione del 2% – si prevedono 140 mila profughi da sud.
Al di là dell’improbabile efficacia, lo pseudo-piano tradisce un adattamento evolutivo alle dinamiche di guerra: mettendo in conto che i successi militari russi imporranno a Zelensky di chiarire cosa (dover) cedere – dopo aver assolutizzato il registro comunicativo sull’integrità ante 2014 – il governo italiano punta a riaccreditarsi nell’Europa a 4 (con Francia, Germania e Spagna), senza attardarsi oltremodo nel promuoversi a capofila senza seguito di un inedito iperatlantismo dei soci di maggioranza dell’Ue. Le frenate francesi e tedesche sulle scorciatoie all’integrazione ucraina nell’Unione danno ragione di tale revisione.
La ricerca di una nuova grammatica europea si mostra più credibile nel vertice telefonico fra Parigi, Berlino e Mosca, al termine del quale Putin si è impegnato a conservare l’interlocuzione triangolare, proprio perché attivata da un nucleo pivotale di Stati non del tutto proni agli Usa.
Il capo del Cremlino finalmente si è detto disposto a confrontarsi direttamente con Kiev e a sbloccare le rotte dei cereali, a patto che vengano sospese le forniture di armi al nemico e le sanzioni sui prodotti agricoli russi. Vero è che il comando militare di Odessa ha reagito vantando missili capaci di affondare l’intera flotta russa, mentre Johnson ha annunciato altri aiuti per forzare gli ostacoli marittimi. Eppure, indipendentemente dagli esiti immediati, il rilancio dell’asse franco-tedesco suggerisce un contrappeso più assertivo all’estremismo atlantista dei partner orientali.
Di sicuro sul tempismo dell’iniziativa pesa l’avanzata nel bacino del Don delle truppe russe e filorusse, disimpegnate dalle conquiste costiere e agevolate dall’attuale asciuttezza del terreno. Ma conta non poco l’orizzonte globale, confermato dal programma tratteggiato da Putin al Forum eurasiatico: fare dell’Unione economica euroasiatica una piattaforma di cooperazione e integrazione alleata al baricentro dell’economia mondiale, situato sempre più nell’Asia-Pacifico: unioni doganali, spazi digitali e bancari condivisi, piani congiunti di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico, per un Grande Partenariato inclusivo e multisettoriale, coordinato da propri organismi sovranazionali, con saldature in Africa e Latinoamerica. Ciò basta ad avvalorare i timori franco-tedeschi di vedere il tentativo di isolare la Russia risolversi nell’autolesionismo: un’immolazione sull’ara dell’anacronismo bipolare, senza alcun conforto di utilità ai fini della pace, come i fatti vanno mostrando.
Eppure, qualunque grammatica si escogiti, l’attesa per un effettivo negoziato oggi sembra direttamente proporzionale al tempo che occorrerà alla Russia per realizzare sul campo gli obiettivi minimi dichiarati il 24 febbraio.

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