L'Editoriale
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La diplomazia e la carità

Quella di Francesco è davvero un’attesa operosa: muove i suoi cardinali cercando di arrivare su entrambi i fronti. Su quello russo la missione di Zuppi per disegnare ponti di pace con la diplomazia degli incontri e delle parole; su quello ucraino la missione del cardinale Konrad Krajewski, suo elemosiniere, per portare aiuti ai civili bombardati

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La diplomazia e la carità

“Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”: la citazione (Luca, 10,3) è forte ma si affaccia alla mente mentre scorrono alla tv le notizie del cardinale Matteo Zuppi inviato da papa Francesco in Russia. Non perché Zuppi abbia la tempra dell’agnello, quanto piuttosto per l’altrui vocazione di lupo.

Il cardinale di Bologna, presidente della Cei - che manifesta un mix di arguzia e prudenza, mente acuta e cuore spalancato sull’uomo - è stato sostanzialmente bene accolto in Russia, tanto che – per assurdo che paia - si può quasi dire meglio in Russia che in Ucraina, paese visitato ai primi di giugno dove, con la durezza di cui si veste la schiettezza, aveva incassato una risposta di non necessità di mediatori di pace dal momento che un piano di pace era già stato formulato dal presidente Zelenski a febbraio e quello restava dato che gli ucraini la guerra non l’hanno cercata e la stanno ancora subendo.

In Russia Zuppi si è fermato due giorni. Il primo (28 giugno) ha incontrato gli uomini politici che lavorano a contatto col presidente Putin (volato in Daghestan nel giorno dell’arrivo del cardinale) a partire da Yuri Ushakov, consigliere per la politica estera. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha avuto parole lusinghiere, parlando di “alto apprezzamento riguardo gli sforzi e le iniziative del Vaticano nella ricerca di una soluzione pacifica”.

Ma le parole, per alcuni, sono merce a servizio del momento e della circostanza. Tanto è vero che in seguito dallo stesso Cremlino, a bilancio dell’incontro con l’inviato del Papa, è uscito un messaggio dai toni duri e chiari: “Non ci sono le condizioni per risolvere la situazione in Ucraina attraverso mezzi politici e diplomatici e quindi la Russia continuerà la sua operazione militare speciale”. A dimostrazione di ciò, proprio nel giorno in cui a Mosca Zuppi faceva incontri e pregava davanti alla Madonna di Vladimir, in Ucraina le truppe russe compivano l’ennesima strage di civili lanciando missili su Kramatorsk. Risultato: undici morti tra cui due gemelle quattordicenni, Yulia e Anna, i cui volti hanno fatto il giro di mezzo mondo.

Il giorno successivo (29 giugno) Zuppi ha avuto l’atteso incontro con il patriarca ortodosso Kirill. Le premesse erano molto difficili: Kirill aveva apertamente dimostrato il suo sostegno all’operazione militare speciale e Francesco lo aveva invitato a non fare “il chierichetto” di Putin”. Eppure, se uno spiraglio di speranza è venuto da quel viaggio, si può dire che sia germogliato a partire dall’incontro tra religiosi, concluso con un principio condiviso: “Le Chiese possono lavorare insieme per pace e giustizia”.

La presenza di un cardinale della Chiesa cattolica in Russia è già un evento in sé, ma nessuno si era illuso che da questo viaggio potesse scaturire la pace come le magie dalla bacchetta delle fate. Però era, e resta, un punto fermo la necessità di incontrarsi e parlare al di là degli immediati risultati. Zuppi e il Papa ne sono pienamente coscienti e le parole pronunciate nell’omelia della messa celebrata dal cardinale nella cattedrale di Mosca lo testimoniano: “La Chiesa non è ingenua… ma tiene accesa la speranza nel buio delle tenebre. Ecco l’unico motivo della missione che viviamo in questi giorni voluta dal successore di Pietro che non si rassegna e cerca di fare di tutto perché l’attesa di pace che sale dalla terra trovi presto compimento”.

Quella di Francesco è davvero un’attesa operosa: muove i suoi cardinali cercando di arrivare su entrambi i fronti. Su quello russo la missione di Zuppi per disegnare ponti di pace con la diplomazia degli incontri e delle parole; su quello ucraino la missione del cardinale Konrad Krajewski, suo elemosiniere, per portare aiuti ai civili bombardati. La diplomazia tocca al primo, la carità al secondo. E questo ultimo, partito il 22 giugno per l’ennesimo viaggio, ha guidato per tremila km per portare generi di conforto e aiuti alla popolazione piagata dalla guerra da Odessa a Kherson colpita anche dal crollo della diga, non disdegnando di scodellare minestre calde ai pochi rimasti nella zona alluvionata.

Parole ai potenti e generi alimentari alla gente vittima della guerra: così si muove Francesco. Un papa tanto inascoltato quanto instancabile nei constanti appelli alla pace e negli immancabili inviti domenicali alla preghiera per la martoriata Ucraina. Mentre per certo gli resta come spina nel cuore la sorte dei quasi ventimila bambini ucraini spariti, portati via dai russi, azione che ha meritato il mandato di arresto internazionale al presidente Vladimir Putin e a Maria Lvova Belova, commissaria russa per i diritti dei bambini. Anche con quest’ultima il cardinale Zuppi ha avuto un colloquio, che è stato definito lungo e approfondito e che si è chiuso con l’impegno “a risentirsi, mantenere i contatti, tenere aperto un canale”. Lo speriamo ardentemente almeno ventimila volte: una per ogni piccolo strappato da casa.

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