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La famiglia tradizionale è evaporata, le sue trasformazioni sono come le valanghe: rapide, travolgenti e di massa

Intervista al sociologo Vittorio Filippi, docente allo Iusve

La famiglia tradizionale è evaporata, le sue trasformazioni sono come le valanghe: rapide, travolgenti e di massa

Il rapporto del Cisf targato 2020 è quasi brutale circa i dati emersi. Ma si sa che un’indagine di questo tipo fotografa l’oggi e cerca di capire quale sarà il domani: della famiglia nel caso in questione. Cerchiamo di capire come si muove questa realtà nel panorama italiano guidati dal sociologo Vittorio Filippi, docente allo Iusve di Venezia, editorialista del Corriere Veneto.

Dott. Filippi, il rapporto è tranchant fin dal titolo: cita "nell’era post-familiare". Una società senza la famiglia tradizionale è già un dato di fatto e non una previsione?

Il Centro studi sulla famiglia pubblica questi rapporti dal 1989, da trent’anni quindi. Questo è il 15° della serie e credo che, tra tutti, sia il più importante. Il perché - mi ha preceduto - sta proprio nel titolo: è la prima volta infatti che il curatore, Paolo Donati, è forte e provocatorio, anche se da sociologo credo che un titolo così sia - piaccia o non piaccia - giustificato. Il titolo rispecchia la trasformazione delle famiglie. Questa trasformazione è come una valanga: via via aumentano velocità e massa, cresce di volume, si fa trascinante e travolgente. L’impatto non può che essere forte: le trasformazioni tanto più sono veloci e tanto più disorientano. Questo rapporto, la realtà ritratta, hanno questo effetto.

Ha parlato di trasformazione: che famiglia è questa di oggi allora?

Ragioniamo come davanti a un diagramma: diciamo che in una famiglia abbiamo un’asse orizzontale che è il rapporto di coppia e un’asse verticale che sono i figli.

Ebbene, se guardiamo al rapporto di coppia e cerchiamo di osservare cosa sia la coppia oggi e come possa essere variegatamente intesa si apre un vaso di pandora: solo un uomo e una donna?

Se guardiamo all’asse verticale sulla questione figli non siamo da meno: con il calo demografico che contraddistingue l’Italia siamo in piena crisi.

Cosa è allora la famiglia? Un genoma, un nucleo, messo in crisi su entrambi gli assi. Oggi siamo di fronte ad una alchimia di formule, di modi diversi di stare insieme, per cui paradossalmente potremo dire che tutto è famiglia e, al tempo stesso, che niente è famiglia. Uno il punto fermo: di certo l’immagine di un uomo e una donna, coniugati e con figli è oggi assolutamente minoritaria e questo il rapporto lo dice. Inutile cullarsi nel sogno romantico di una ripresa del modello.

Lei ha parlato di genoma: qual è il nocciolo attorno al quale si può parlare di famiglia, l’elemento minimo costitutivo?

Non tanto l’amore, che è pure in crisi, che è inflazionato in modo considerevole perché liquido e transitorio. L’amore da San Valentino, per capirsi, dura un giorno come nel calendario, poi restano tutti gli altri ed è diverso. L’elemento fondante è piuttosto l’assunzione di responsabilità, ma in modo del tutto libero. Ovvero: io con lui e lui con me ma in modo libero; insieme abbiamo figli ma sempre in modo libero. Definiamola una responsabilità libera. Ma questo fa bene alla società.

Ha detto che fa bene?

Fa bene a me singolo e fa bene alla società nella misura in cui educa davvero alla responsabilità. Fa bene perché apre alla responsabilità.

Questo significa che la cura delle fasce fragili, bambini e anziani, a cui la famiglia risponde, potrebbe non venire meno? Non subire flessioni figlie delle trasformazioni delle famiglie stesse?

Ma le fasce di età inferiore, i bambini per intenderci, si riducono. Semmai si accrescono le fasce d’età maggiore e questo bene non fa alla coppia. Non è una cura che può dirsi equivalente: nel bambino la coppia si perpetua in una vita nuova, investe; nell’anziano no. Non fa bene neppure alle entrate della coppia. E gli anziani sono numericamente molto presenti: ci sono i nonni ma pure i bisnonni, forse non ce ne sono mai stati tanti prima d’ora.

Il rapporto dice che un giovane su quattro (il 24%) non vuole figli. Perché? Pesa lo scetticismo circa il futuro, la precarietà del lavoro, l’egocentrismo?

Il valore di questo rapporto è duplice. Non solo racconta come stanno le cose oggi ma usa i dati per proiezioni sul futuro. Ad esempio c’è un capitolo dedicato ai giovani: è drammatico.

Perché non vogliono figli? Per narcisismo. Il libro parla di una cultura narcisistica. Prima vanno soddisfatti altri bisogni personali, il lavoro ma non solo quello. La tendenza è quella di spostare in là le nascite e quando ci si mette... resta il tempo che resta, il tempo è poco.

Dal punto di vista sociologico: è caratteristica del nostro tempo il non pensare al futuro ma a vivere piuttosto l’oggi. Non si guarda a domani, si vive il presente.

Ma su questo punto vorrei aggiungere un altro fatto, un altro fenomeno, che cresce e incide.

Quale?

Il libro ha un capitolo dedicato alla tecnologia, la rete. Parla espressamente di società tecno-liquida, ma non dobbiamo pensare alla domotica. Si parla invece di siti, di rete dove incontrarsi, dove scambiarsi, dove tradire, dove scoprire sessualità diverse, aperti a esperienze di vario genere, dove si trova di tutto e di più.

La frequentazione di questi siti rende incerta l’identità di chi li consulta. E si capisce che, se si fa incerta l’identità dell’io, figuriamoci quella del noi.

Ha parlato di calo demografico. Di solito il post crisi si manifesta anche con meno nati. Il Covid inciderà?

Sì inciderà e no non inciderà. C’è infatti un fattore culturale, che è già ben presente ed evidente.

Di solito la denatalità si lega alle mancate o non sufficienti politiche a sostegno della famiglia. E’ così?

Sì e no. Fin dal 1983, quindi un bel po’ di tempo fa, con la Commissione Gorrieri si sono intese fare politiche sociali contro la povertà, contro la disuguaglianza ma sono sempre state rivolte al singolo, all’individuo. Si sono intese in chiave individuale non familiare. Cose ottime in sé, sia chiaro, ma fatte guardando solo al diritto del singolo e non inserendo i provvedimenti in una ottica più ampia, familiaristica.

Poi incide anche altro, lo dicevo: anche la famiglia è un fatto culturale.

Comunque, per dare una nota positiva, il 21 luglio la Camera ha approvato l’assegno unico universale per ogni figlio e nessuno ha votato contro. Questo è un fatto positivo anche perché spazza via quella pletora di bonus che rendeva complicato anche l’accedervi.

Non sarà troppo tardi per dare frutto?

Gli ultimi dati demografici Istat sono usciti a luglio e confermano che una famiglia su tre è costituita da una sola persona. Anche il migliore dei provvedimenti non cambia il quadro di riferimento così come ormai da tempo in Italia si è chiaramente delineato. Ma può dare effetti positivi per chi, per quei pochi che vorranno avere figli.

Una cosa è certa: non ci saranno riprese demografiche. È matematicamente così: non ci sono più le donne sufficienti.

Cosa vuol dire non ci sono più le donne sufficienti?

Che mancano i numeri. Non ci sono né le donne né gli uomini sufficienti. E’ un fatto numerico. E anche le immigrate fanno meno figli. La popolazione cala: meno siamo, meno possiamo riprodurci. Le donne non nate non fanno figli: è la denatalità.

Ha ribadito che la famiglia è un fatto culturale. Ovvero?

I pochi che si sposeranno lo faranno da convinti. Quanto a tutto il resto: saranno situazioni fluide. E questo avrà due costi, cioè due effetti negativi: uno demografico nei termini della denatalità, uno - più sottile se vogliamo - è proprio culturale. Chiediamoci: chi darà il capitale educativo ai giovani se non la famiglia?

Diciamo le frequentazioni?

E i giovani dove stanno? Stanno in rete. Sarà quello il canale della loro formazione.

Un’ultima cosa: il rapporto parla di "family warming". A cosa si riferisce?

La famiglia è warming ovvero surriscaldata, in surriscaldamento. Di solito lo si usa per l’ambiente, per i mari. Cosa fa l’acqua quando si surriscalda? Evapora. Ecco, lo fa anche la famiglia.

E cosa resta?

Quel che evapora sparisce, non è più dov’era e com’era. Le goccioline si perdono. Il rapporto usa questa definizione: "morfogenesi caotica" per indicare che, dissolta la famiglia, si formano nuove formule (morfogenesi) di stare insieme. Di che tipo? Caotiche.

Fonte: Redazione Online
La famiglia tradizionale è evaporata, le sue trasformazioni sono come le valanghe: rapide, travolgenti e di massa
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