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Il paliotto "risorto"

L’opera in prima pagina

Il paliotto "risorto"

 

Ho celebrato anch’io, sovente - per scelta di solennità, o per necessità - con qualche parato antico, una pianeta che ha in sé tutto il sapore e il valore del vissuto: la stoffa lacera, in qualche punto; sfibrata sulle spalle, o sul petto, laddove per cent’anni ha sfregato l’intreccio del telaio sulla bordura di marmo dell’altare. E per quanto ferito, ho sempre respirato il valore del vissuto. L’odore dell’antico, il tatto grossolano di trama e ordito nelle forme robuste e pungenti dei filati poveri ma onesti delle antiche chiese delle campagne, laddove alla seta costosa si sostituiva la bavella, più povera, ma coloratissima, e vivace. Mentre mi ponevo sulle spalle il prato carico di cicatrici, non ho potuto far a meno di pensare a quanti, e quali, preti prima di me avevano compiuto lo stesso gesto, per cent’anni, per duecento - forse per trecento? Ai sensi - nella vista, nel tatto, nel profumo - ho percepito la carezza della Storia, e della liturgia.

Certamente, quando nelle dinamiche di vita del Museo, accogliamo un parato compromesso dal tempo, vibra un senso di tenerezza: il tessuto aperto è come una carne incisa, e i filati che han perso consistenza e robustezza, dove il disegno e la forma sono privi di armonia, di leggibilità, sembrano compromessi per sempre.

Anche quando abbiamo portato in deposito il paliotto della chiesa parrocchiale di San Pietro ad Azzano, il manufatto sembrava irrecuperabile: destinato ad una custodia materiale, senza fine, senza scopo, perduto. I tre medaglioni centrali - raccontati in pittura e ago - rappresentavano Gesù nell’orto degli ulivi; la cena; e il Risorto: ma slavati, ormai, senza spessore, senza poesia. Il raso laminato era in più punti tagliato; i ricami scomposti.

Solo la paziente competenza di Simonetta Giacomini, nel suo laboratorio di restauro iscritto nella vita del Museo Diocesano di Arte Sacra, ha ridato dignità e vitalità a questo paliotto nato per il Triduo della Pasqua: con gesto antico, come le suore in clausura nei tempi passati, ha ritrovato ogni filo; li ha riaccostati, riannodando trame e orditi, per riuscire a far parlare ancora quest’opera ricamata e dipinta.

Ci piace consegnare quest’immagine, come prima pagina del Settimanale Diocesano, e augurio pasquale. Nel restauro di questo manufatto, rileggiamo il gesto di Dio, che non prende paura delle nostre ferite, non si spaventa quando deve rammendare la nostra esistenza, e sa ridare armonia laddove c’è vuoto e disordine.

Questa nuova Pasqua, vissuta in tempo di Covid - 19, ha tante trame in disordine. Ma la pazienza e la fede sanno riallacciare i filati saltati, e ricostruire i vuoti che appaiono perduti. Risorgere significa rinascere: buon lavoro buon cammino.

Fonte: Redazione Online
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