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Il Popolo è la vostra voce

Domenica 9 dicembre: giornata del settimanale diocesano nelle parrocchie.

Parole chiave: Settimanale (1), Il Popolo (18), Giornata (63), Parrocchie (16)
Il Popolo è la vostra voce

    "Ruit hora" sta scritto ai piedi di una statua nella sontuosa abbazia benedettina. Corre veloce il tempo. Un giorno si aggiunge all’altro e già mezza settimana è vissuta da ciascuno di noi, mentre appare ancora. Non conta se vivi in una grande città affollata di persone che men si conoscono. O in un piccolo paese, dove insieme si guarda il sorgere del sole e il suo nascondersi dietro una montagna. Il tempo è indifferente, senza cuore. In un istante è capace di portare via con sé un’infinità di persone. Luce e tenebre sono spesso alleate tra loro. Talvolta tirano a campare. E così la nostra giornata si porta via la vita. Insieme a ciascuno e con ciascuno di noi è un tratto di eternità, un segmento di cielo. Pure i mormorii fanno eternità. Sia che amiamo sia che odiamo. II mormorio di campana è perenne, ma si distribuisce in tic tac di secondi, di minuti, di ore. La valutazione nella grande città come nel piccolo artigiano di montagna o di campagna è sempre tempo che se ne va. Ben più veloce del nostro esserne avvertiti. Sta scritto nell’eternità. Adagiato sullo stesso piano di Murlis, nicchia burlone con la freccia rossa come sul trenino di Maniago. L’acqua scorre veloce. Se non proteggi la tua eternità, il tuo tratto di tempo fugge.
Nel grande o nel piccolo, ciascuno scrive una storia. Che non è dello stesso valore, non lo è. Il suo valore sta nelle opere visibili ed invisibili. "Con tutto ciò -diceva nonna Maria- che ha da fare, si ferma con me". Una visita ad un amico, un ritorno dai genitori non sono tempo fuori dell’eternità, ma le danno un senso. Così è nei nostri paesi, nelle nostre piccole comunità. Si lavora, si dona la vita a nuove creature, si toglie la vita per odio. Sono tutti tratti di tempo carichi di umanità. Il tempo di una preghiera è un tempo intenso. Non meno lo è il tempo di una fabbrica che produce.
Il tempo, per non cadere nella dimenticanza e conservare il suo insegnamento, necessita della memoria.
E la memoria è la piccola grande storia della vita di ogni giorno. Anche per questo sono nati i nostri settimanali diocesani. La memoria, o meglio la fatica dei poveri, allora non interessava.
Ora sono sopraffatti da facebook, dal digitale, dalla fretta del tempo. La stupenda tecnologia rischia di affollarsi confusamente nella nostra piccola memoria. Memoria, ad esempio, delle promesse di un partito. Memoria d’un ponte che s’affloscia sulle case. La memoria si trova il mezzo giusto e chi la scrive offre uno specchio di vita, un trattino di eternità.
La memoria d’una parrocchia, di un comune necessitano di un ascolto rapido e non enciclopedico, senza alcuna distinzione perché il flusso della vita non torna mai su se stesso. Anzi, più la storia si fa attenta e più ci ricorda anche orrori, omicidi, guerre: "Guerra della secchia riempita", diceva il Tassoni.
La nostra Italia ha oscurato la memoria. Non ha trovato il modo di dare alla penisola una guida sicura ed esperta. La nostra storia non pare un tratto di eternità ma piuttosto una confusa campana stonatella. Il tempo pretende da noi di occuparlo bene. Forse, drammaticamente, la nostra Italia ha bisogno di seguire nuovamente il lieto rintocco della campana. Ha bisogno di rinnovare, costruire memoria.
Forse, ancora meglio della gente che scrive su facebook e sugli strumenti digitali in un anonimato mostruoso senza darsi e sentirsi responsabili di quelle azioni politiche, di quelle associazioni di partito che andavano riformate.
Il tratto di eternità del digitale rischia di impallinare tutti. Si fa qualcosa non per un saggio esame ma perché in tanti lo vogliono, subito e non pensato sino in fondo. Serve ancora la carta stampata, perché fissi la memoria del tratto di tempo che ci è donato.
Il tempo è pure il settimanale diocesano, "Il Popolo", che ricorda dolori e conquiste semplici. Assurdo pensare di stopparlo. Sarebbe lo stop di quel tratto d’eternità che sta anche nelle valli disperse della Val Tramontina, della Val Cellina.

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