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Care mamme

Lettera alle madri di oggi. Sono duemila anni che il mistero della maternità è entrato a far parte dell’unione inaudita tra la natura umana e la natura divina. La rivelazione che sta alla base della nostra fede è tutta ricapitolata nella dimora della vita che sta dentro di voi. Fu nel grembo di una di voi, una ragazza ebrea, che nel compimento del mistero che divenne Madre, che Dio, Parola fatto Persona, divenne uomo senza cessare di essere Dio.

Care mamme

Io vorrei riuscire a dirvi oggi, festa della Mamma, qualcosa che non sia già stato detto. Lo so, è un’impresa impossibile. Vorrei almeno riuscire a schivare i paletti della retorica, di compiere uno slalom alla ricerca di sentimenti veri verso di voi.
E comincerei col ricordare quelle di voi che hanno lasciato i figli soli, a continuare il cammino. Ecco qualcosa che difficilmente si vuole ammettere perché sembra infantile, esagerato, sentimentale. La solitudine che la morte di una madre lascia nei figli è destinata ad aumentare nel tempo. Forse nessuno come gli anziani sente la mancanza della madre. E a ben pensarci, questo è giusto. Quando muore la mamma, un figlio, di solito, è nel pieno dell’età. Il dolore è immenso, ma il figlio stringe i denti e crede di trovare il coraggio di farcela da solo. Ha attorno a sé la solidarietà dei fratelli, se li ha, o degli amici. Ma questo non dura per sempre. La folla degli amici si sfoltisce nel tempo, sbiadisce in essi l’immagine di una madre morta, quando la madre è degli altri. La schiera degli amici si sfoltisce per ragioni anagrafiche e per un’altra ragine: l’amicizia è infedele nei confronti degli anziani perché l’amicizia si basa spesso sull’attrattiva, sulla simpatia che ispirano i giovani, sulle speranze per il futuro e sulle cose da fare insieme. Sennò che cosa sarebbe la solitudine degli anziani?
E cosa pensa un anziano quando comincia a sentire il peso della solitudine? Pensa che se ci fosse ancora la mamma lui non sarebbe così solo. Perché, vedete, c’è solo un amore capace di fedeltà oltre il tempo, i mutamenti, la decadenza, i ripiegamenti; perfino nell’infedeltà dell’altro. E’ l’amore materno e l’amore per amor di Dio. Allora succede che quando un uomo, una donna si trovano a fare i conti con le tremende tracce della vita e le tante infedeltà perfino negli affetti più cari, rinasce fortissimo il bisogno della madre.
Lo sapete voi che i sogni dei vecchi sono pieni della vostra presenza? E lo sapete che quando i vecchi muiono spesso dicono di vedere la mamma, accanto alla loro morte? E non è questo il segno più evidente del legame indistruttibile che c’è fra voi e i vostri figli?
Perché scrivo queste cose anche a voi che siete vive, giovani e sane? Lo scrivo perché è stolto riflettere sulle cose come se avessero solo una dimensione nel tempo, quella del presente. Gli anni giovani della vostra maternità preparano un futuro lontano, che supera la vostra vita. Quando voi non sarete che ombre per la memoria di coloro a cui avete dato la vita, nella melanconia dei vostri figli, ritornati bambini, alle ultime curve della loro vita, è un invito a donare la vostra tenerezza perché essa si trasformerà in benedizione.
Noi cristiani, in fondo, non temiamo la retorica dell’amore materno e ne abbiamo tutte le ragioni. Siamo figli di un Dio che è Padre e Madre per noi, ma che ha voluto chinarsi sul nostro bisogno di maternità scegliendo per sé una Madre, creatura splendida e umile e facendola diventare Madre anche a noi.
Sono duemila anni che il mistero della maternità è entrato a far parte dell’unione inaudita tra la natura umana e la natura divina. La rivelazione che sta alla base della nostra fede è tutta ricapitolata nella dimora della vita che sta dentro di voi. Fu nel grembo di una di voi, una ragazza ebrea, che nel compimento del mistero che divenne Madre, che Dio, Parola fatto Persona, divenne uomo senza cessare di essere Dio.
Così è potuto accadere che una di voi divenisce madre miracolosa, offrendo tutto ciò che di umano con il prodigio di poter attingere tutta la natura umana unicamente dal proprio corpo, sangue, cellule e codice genetico, solo dal suo, Madre adombrata dallo Spirito, è potuto accadere che sia diventata Madre di Dio, fIglia del suo Figlio.
Noi non respingiamo i buoni sentimenti né ce ne vergogniamo. Ma li innalziamo come avviene di tutta la realtà redenta e salvata. La maternità, che già di per sé canta il prodigio della vita, diventa per noi il canale della salvezza. E’ per una Maternità accettata e poi "magnificata", Dio ha potuto assumere un volto di uomo e trasformare la Madre prima in Addolorata e poi Madre del Risorto.
Che altro posso dirvi, mamme carissime? Io credo che Dio - e la natura - affidano a voi il compito di difendere il dono preziosissimo della vita che ci viene attraverso la vostra maternità.
Non solo non dovete lasciare che nulla e nessuno possa profanare questo tesoro che è in voi, accogliere, cullare e proteggere il tesoro della vita.
Ho visto tanta gente morire. E’ vero, a qualunque età, chi muore quasi sempre invoca la madre. Ecco il dono definitivo che voi potete lasciare ai vostri figli: che siate voi a cullare la loro morte, come ne avete cullato la nascita. Che il vostro nome diventi l’estremo conforto e l’ultima benedizione. E’ una missione sacerdotale di Cristo. Un vostro Figlio!

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