Costume e Società
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Quando l'immaginazione è profetica

Da anni sentiamo parlare di "tempo di crisi". Dovremmo parlare piuttosto di "crisi del tempo", cioè di crisi del rapporto col tempo. Un rapporto che nella nostra modernità è caratterizzata da tre fattori: accelerazione, atomizzazione e produttività.
L’accelerazione del ritmo della vita è constatazione quotidiana. "Non ho tempo", ripetiamo spesso. Ma quando non c’è più spazio per il tempo, anche lo spazio non è più vissuto né goduto. Diventa luogo di transito. Il mondo intero lo vediamo in TV lo visitiamo in poche ore di aereo. E noi non abbiamo il tempo per goderne.

Da anni sentiamo parlare di "tempo di crisi". Dovremmo parlare piuttosto di "crisi del tempo", cioè di crisi del rapporto col tempo. Un rapporto che nella nostra modernità è caratterizzata da tre fattori: accelerazione, atomizzazione e produttività.
L’accelerazione del ritmo della vita è constatazione quotidiana. "Non ho tempo", ripetiamo spesso. Ma quando non c’è più spazio per il tempo, anche lo spazio non è più vissuto né goduto. Diventa luogo di transito. Il mondo intero lo vediamo in TV lo visitiamo in poche ore di aereo. E noi non abbiamo il tempo per goderne.
L’atomizzazione fa sì che abbiamo a che fare con tempi successivi, incalzanti che non costruiscono una storia ma che si sovrappongono annullandosi. Corriamo da un presente all’altro, non conosciamo più soglie e passaggi, intervalli e pause, attese e sedimentazioni. La tecnologia crea un simultaneità e una prossimità costanti, rendendo tutto disponibile qui e ora. Così vi sono solo due stati: il niente e il presente. Ma per l’essere temporale che è l’uomo, la frammentazione dei processi di conoscenza crea la disintegrazione delle identità personali.
La produttività ribadisce il carattere quantitativo dell’esperienza, accelera il lavoro, rende frenetica la vita disordinata, ansiosa. Siamo disorientati. Per orientarsi occorre fermarsi e scrutare l’orizzonte, guardarsi intorno; occorrono tempo e quiete.
Questa distorsione del rapporto col tempo si manifesta nell’imperativo del consumo che è l’esatto contrario della contemplazione.
Nella società dei consumi si disimpara ad attardarsi, a sostare. Uno stato contemplativo presuppone degli oggetti che durino. Ma l’obbligo del consumo abolisce la durata. Per la società dei consumi i prodotti devono diventare obsoleti rapidamente per essere sostituiti da nuovi prodotti alimentando la catena del consumismo. Oggi la durata è problematica. E il consumismo consuma anche il tempo. Solo con il coraggio di soffermarsi sulle cose possiamo scoprirne la durata, possiamo fare l’esperienza dello stupore. Solo con un atteggiamento contemplativo verso il mondo, le cose, possiamo accogliere la loro bellezza.
Inoltre, nella società della prestazione che esige persone sempre all’altezza di performances alte soprattutto nel lavoro, nella società che produce scarti, che esige si sia sempre all’altezza dei rapporti sociali, può insorgere facilmente la sensazione di non farcela, sicché fa capolino la tentazione di fuggire da se stessi, di scomparire. Le manifestazioni sono a volte davvero devastanti. Si pensi al sonno compulsivo, all’anoressia, alle dipendenze dall’alcol, al burnaud (sentirsi ridicoli, fantozziani). Tutto, prodotto dai ritmi frenetici del lavoro e dalla concorrenzialità spietata che porta alle depressioni, alle malattie psichiatriche.
Il consumo rende il mondo non autosufficiente. Il presente è diventato egemonico. Dove, allora, cercare il futuro? Forse non è così lontano da noi. C’è un futuro che è a portata di mano solo se si osa l’avventura della vita interiore, della conoscenza di sé E, dunque, all’educazione, del primato accordato ai valori umani. Occorre riscoprire due dimensioni: l’otium e l’immaginazione.
L’otium, cioè un rapporto amicale con il tempo. E osare immaginazione e creatività. La parola "negotium", cioè occupazione è l’attività, il fare, ma esso è negazione del lavoro più degno che è l’attività spirituale. L’ozio, nel senso dell’antico, non è il padre dei vizi ma della creatività, del rapporto intenso con sé e con la realtà. Non è pigrizia. Così inteso non è spreco del tempo, ma è l’uso sensato del tempo. L’otium è attività personale, intellettuale, contemplativa. Non è pigrizia ma costruzione del saldo fondamento su cui si può reggere una vita.
"Otium" significa trovare e abitare il tempo. E ricordarsi che c’è una fecondità legata al non lavoro, al non fare, come nella parabola evangelica del seme che spunta da solo e cresce, matura e porta frutto, grazie al tempo del fare ma anche a quello del non fare (Mc 26-29).
C’è poi l’immaginazione. Essa fa parte dalla realtà ma combina in forme nuove elementi dell’esperienza dandone una nuova configurazione che è mentale. I prodotti dell’immaginazione, una volta che hanno preso forma, rientrano nella realtà con una nuova forza attiva e trasformante la realtà stessa. L’immaginazione crede al futuro, essa pensa, ipotizza, da forma almeno mentale a ciò che non c’è ancora. Il "non ancora" è proprio dell’immaginazione. Anche nel momento in cui è immaginato non può, comincia ad acquistare diritto e possibilità di esistenza. Comincia ad entrare nel mondo abitando il posto più importante, la mente dell’uomo. L’uomo ha mosso il primo passo sulla luna il 21 luglio 1969. Sarebbe stato possibile questo evento se l’immaginazione umana non lo avesse già immaginato da tanti secoli?
Con l’immaginazione umana ha potuto abituarsi pian piano a che l’impossibile divenisse possibile. L’immaginazione è profetica, prepara e crea il futuro.
La creatività, infine, è un atteggiamento esistenziale, una modalità di rapportarsi al mondo. Essa consiste nella capacità di vedere e rispondere. Chiediamoci, siamo davvero capaci di vedere e non solo di guardare? Siamo capaci di ascoltare il linguaggio di ciò che ci circonda e di rispondervi? La creatività implica la capacità di stupore, di concentrazione, l’originalità, il fatto, cioè di essere veramente soggetto dei propri atti e idee. L’accettazione dei conflitti, in definitiva, è la disposizione della persona a nascere ogni giorno a sé stessa. Così che, nell’adesione al presente, la creatività inventa il futuro.

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