Domenica primo novembre, commento di don Renato De Zan
E' il angelo delle Beatitudini: la strada maestra della santità proposta da Gesù.
Mt 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Tematica biblico-liturgica
Nel sec. VII, con il consenso dell’imperatore Foca, papa Bonifacio IV trasformò il tempio pagano del Pantheon, dedicato a tutti gli dei, consacrandolo in basilica cristiana, dedicata a "S. Maria ad Martyres", a Maria Santissima e a tutti i martiri. Era il 13 Maggio del 609. Da quell’anno la memoria di tutti i martiri si celebrò annualmente nel mese di Maggio. L’era delle persecuzioni stava ormai volgendo al termine e il martirio non era più il generatore della santità. Iniziò l’era della santità raggiunta attraverso la pratica eroica delle virtù evangeliche e della imitazione di Cristo. Iniziò così l’era dei "confessori". Con l’anno 835 la comunità cristiana di Roma incominciò a venerare insieme ai martiri anche i "confessori" e la commemorazione venne spostata al 1 di Novembre, facendola precedere da un giorno di digiuno. Tale consuetudine, nel 1570, venne assunta dal Messale di Pio V per la Chiesa universale. La riforma liturgica di allora volle che in questa celebrazione si proclamassero il testo evangelico delle Beatitudini secondo Matteo (Mt 5,1-12) e il testo dell’Apocalisse sui 144.000 segnati (Ap 7,2-12). Nella liturgia di Paolo VI
troviamo sostanzialmente le stesse letture. Il testo dell’Apocalisse è leggermente abbreviato (lettura eclogadica: Ap 7,2-4.9-14), mentre il testo evangelico è lo stesso (Mt 5,1-12). A questi testi biblici viene aggiunto come seconda lettura il brano di 1Gv 3,1-3, che ha come tema la divinizzazione dell’uomo ("noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è"). La Colletta è passata dal Messale di Pio V al Messale di Paolo VI.
Il vangelo propone la strada maestra della santità attraverso le Beatitudini. La prima lettura spalanca i nostri occhi all’immensità del numero dei santi: "Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua". La seconda lettura, invece, sintetizza un messaggio preciso: "Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro". Se teniamo presente che nel mondo biblico "puro" significa fondamentalmente "pieno di vita", comprendiamo che ogni cristiano è chiamato a promuovere tutta la vita possibile (fisica, intellettuale, affettiva, spirituale) dentro di sé e attorno a sé. L’eucologia, nel suo insieme sottolinea tre grandi valori di questa festa: ricordare i Santi, invocarli come intercessori e sceglierli come modelli di vita: "Verso la patria comune noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa, che ci hai dato come amici e modelli di vita" (prefazio).
Dimensione letteraria
Al testo evangelico di Mt 5,1-12b la Liturgia ha aggiunto il solito incipit, senza alterare il testo ("In quel tempo"). Certamente le Beatitudini non possono essere lette, isolandole dal Discorso della Montagna nel suo insieme. Il discorso è il suo contesto letterario e teologico voluto da Matteo. In esso troviamo l’esplicitazione, l’esemplificazione e l’espansione delle Beatitudini.
Strutturalmente il testo è composto da otto beatitudini (costruite letterariamente alla stessa maniera) più una nona beatitudine conclusiva (costruita in maniera diversa dalla precedenti otto), che in un certo modo le riassume. Le prime otto sono suddivise in due strofe di quattro beatitudini ciascuna, da leggersi in parallelo (poveri in spirito // misericordiosi; quelli che sono nel pianto // puri di cuore; miti // operatori di pace; quelli che hanno fame e sete di giustizia // perseguitati a causa della giustizia).
Riflessione esegetico-liturgica
a. Le Beatitudini non sono una "nuova Legge". Fosse così, il cristianesimo ricadrebbe nell’ebraismo: adempio alla Legge e mi salvo da solo. Di Gesù non avremmo più bisogno. I cristiani sanno di essere salvati "per grazia" (Ef 2,8-9). Si legga con attenzione la dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale sulla Dottrina della Giustificazione (13 ottobre 1999). "Il documento - affermava l’allora Card. Ratzinger - dice che le scomuniche del Concilio di Trento in questo settore non toccano la dottrina così come è esposta oggi" (Intervista a "30 Giorni", giugno ’99).
b. Non esiste una grazia che non si trasformi in opera. Le Beatitudini sono una esemplificazione di ciò che significa essere discepoli di Cristo perché ogni singola Beatitudine va capita alla luce della persona di Gesù. Cosa significa essere "poveri in spirito", o "miti" oppure "operatori di pace, "perseguitati a causa della giustizia"? Il modello del povero, del mite, dell’operatore di pace, del perseguitato è sempre Gesù.
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