Domenica 9 ottobre, commento di don Renato De Zan
Saper rendere gloria a Dio: questo ci chiedono le letture di domenica.
Lc 17,11-19
11 Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13 e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14 Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16 e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». 19 E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».
Saper rendere gloria a Dio
Il testo
1. Tra la pericope evangelica e la formula del Lezionario non c’è differenza alcuna. Il testo di Lc 17,11-19 è letterariamente cadenzato da tre momenti. Il primo è una specie di sommario del viaggio che Gesù sta facendo (Lc 17,11). In questo brevissimo sommario è strana la successione Samaria-Galilea. La Galilea è al Nord della terra d’Israele. Samaria è al centro, mentre la Giudea è a Sud. La sequenza corretta sarebbe Gesù attraversava la Galilea e la Samaria, dal momento che Gesù dalla Galilea doveva scendere a Gerusalemme, in Giudea. Può essere che Luca abbia rispettato il vecchio documento e non l’abbia corretto.
2. Il secondo momento (Lc 17,12-16) è costituito dal racconto del miracolo della guarigione dei dieci lebbrosi e del ritorno di un solo guarito, un samaritano, per ringraziare Gesù della guarigione. Il terzo momento (Lc 17,17-19) comprende la riflessione di Gesù sulla riconoscenza e sulla potenza della fede.
3. Con buona probabilità il villaggio, dove è avvenuto il miracolo, si trovava ai confini tra la Galilea e la Samaria. Solo così si può spiegare il gruppo misto dei lebbrosi, ebrei e un samaritano. Si sa che tra ebrei e samaritani non correva buon sangue. Erano “nemici”. La sofferenza, però, li rende fratelli e vivono insieme e insieme invocano l’intervento terapeutico e miracoloso di Gesù.
4. All’epoca di Gesù si riteneva che i rabbini saggi e santi avessero il potere taumaturgico di guarire i lebbrosi. Gesù viene visto dai lebbrosi come uno di questi rabbini saggi e santi (“Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”). La testimonianza dei lebbrosi non è stata ritoccata dalla teologia della Chiesa primitiva. L’espressione risalente al Gesù storico, è rimasta intatta.
L’Esegesi
1. L’annotazione dell’evangelista (“si fermarono a distanza”) è correttissima. Secondo Lv 13, 45-46 il lebbroso è “impuro” e, perciò, capace di rendere impuri coloro con cui sarebbe venuto a contatto. Il testo sacerdotale dice chiaramente: «Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».
2. Altrettanto storicamente preciso è Luca lì dove fa dire a Gesù di andare dal sacerdote. Sempre il libro del Levitico così prescrive: «Questa è la legge che si riferisce al lebbroso per il giorno della sua purificazione. Egli sarà condotto al sacerdote. Il sacerdote uscirà dall’accampamento e lo esaminerà: ciglia, insomma tutti i peli; si laverà le vesti e si bagnerà il corpo nell’acqua e sarà puro» (Lv 14,2-3). Il testo del Levitico poi si dilunga nel descrivere il complicato rituale della purificazione sacerdotale del lebbroso guarito
3. Questa non è l’unica volta che Gesù porta ad esempio il samaritano. Già in altre occasioni Gesù porrà il Samaritano in primo piano. Basti ricordare la parabola del buon Samaritano in Lc 10,33 oppure la Samaritana in Gv 4,9 oppure ancora i compaesani della Samaritana in Gv 4,39-40. Anche la Chiesa nascente era ben accolta dai Samaritani (cf At 8,25). Inoltre, l’espressione di Gesù “Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio?” è tipica del Medio Oriente antico per dire “Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a ringraziare, a testimoniare la realtà avvenuta?”.
Il Contesto liturgico
1. Gesù guarisce i lebbrosi. Il miracolo è apparentemente solo terapeutico. Nella mentalità ebraica il miracolo di Gesù è un gesto di risurrezione (il lebbroso è considerato un morto che respira) - di perdono (l’ammalato è considerato punito per i suoi peccati) - di socializzazione (il lebbroso deve stare fuori dall’abitato e non può entrare nel tempio) nei confronti di dieci lebbrosi, ebrei e samaritani, che la malattia aveva aiutato a superare ogni traccia di razzismo. Di questi solo uno torna indietro a ringraziare. La riconoscenza, infatti, è una virtù rara. Se uno facesse una breve indagine nel libro dei salmi, si accorgerebbe che le lamentazioni e le suppliche sono molto più numerose dei salmi di ringraziamento.
2. Nella prima lettura (2Re 5,14-17) viene narrato l’episodio della guarigione dalla lebbra di Naamàn per opera del profeta Eliseo. La riconoscenza di Naamàn si traduce in un dono al profeta (che rifiuta) e nella “conversione”: Naamàn si porta via della terra d’Israele. In Siria egli intende compiere dei sacrifici solo a Yhwh sopra questa terra benedetta. Nella petizione della Colletta propria si chiede al Padre: “Donaci la salute del corpo e il vigore dello Spirito…..perché possiamo renderti gloria con la nostra vita”. Da Lui abbiamo ricevuto ciò che siamo. La riconoscenza verso Dio, dunque, dovrebbe essere la radice della riconoscenza verso gli altri.
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