Commento al Vangelo
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Domenica 7 luglio, commento di don Renato De Zan

Da dove poteva nascere questo rifiuto dei compaesani di Gesù? Certamente a Nazaret era arrivata l’accusa fatta a Gesù: egli non operava forse prodigi per mezzo di Beelzebul? Non era il figlio del falegname? Come poteva avere la sapienza?

Domenica 7 luglio, commento di don Renato De Zan

Mc 6,1-6

In quel tempo, Gesù 1 venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2 Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.

 

Da dove gli vengono queste cose?

 

Il Testo

 

1. Il primo dato da notare è che Mc 6,6b, secondo l’esegesi, non fa parte della pericope dell’insegnamento sabbatico della sinagoga che sarebbe compreso in Mc 6,1-6a. Mc 6,6b farebbe parte della pericope successiva, la missione dei Dodici (Mc 6,6b-13). La Liturgia ha preferito associare Mc 6,6b alla pericope dell’insegnamento nella sinagoga per presentare un Gesù che non si arrende di fronte alle resistenze o al rifiuto degli uomini che presumono di conoscerlo per poche informazioni superficiali e non per il messaggio che annuncia. Oltre a questo, la Liturgia aggiunge l’incipit “In quel tempo, Gesù” e sopprime l’incipit originale della pericope evangelica (“Partiti di là e”).

 

2. La formula evangelica del Lezionario sembra impostata con una struttura concentrica. Oltre all’introduzione liturgica, possiede in Mc 6,1 (segmento a) una breve collocazione geografica (nella sua patria), mentre in Mc 6,2d (segmento b) presenta l’insegnamento sabbatico in sinagoga (rimanevano stupiti). La parte centrale, Mc 6,2e-3 (segmento c) riporta le considerazioni ingenerose dei presenti sulla persona di Gesù (il falegname), mentre la parte successiva, Mc 6,4-6a (segmento b’) narra la reazione di Gesù (il profeta e l’impossibilità di compiere un prodigio). Chiude la narrazione Mc 6,6b (segmento a’) dove viene presentato un breve sommario con un Gesù coraggioso che non si lascia vincere dalla durezza di cuore dei suoi compaesani (percorreva i villaggi d’intorno, insegnando).

 

L’Esegesi

 

1. Dio aveva detto ad Ezechiele: “Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito” (prima lettura, Ez 2,2-5). Gesù deve aver avuto ben presente queste parole, quando in risposta all’incredulità dei nazaretani, disse: “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (vangelo, Mc 6,1-6). Da dove poteva nascere questo rifiuto dei compaesani di Gesù? Certamente a Nazaret era arrivata l’accusa fatta a Gesù: egli non operava forse prodigi per mezzo di Beelzebul (Mc 3,22)? Inoltre, dalle parole evangeliche emerge il pregiudizio. Gesù non era un semplice falegname? Come poteva avere la sapienza che dimostra e da dove gli deriva la capacità di compiere prodigi? E, poi, si conosce bene la sua famiglia.

 

2. Il sospetto origina il pregiudizio. Il pregiudizio prende forza dall’autoreferenza e diventa convinzione. La convinzione genera il giudizio: “Ed era per loro motivo di scandalo”. Questo processo fa perdere ai nazaretani il dato reale: Gesù è altro da ciò che loro ritengono. Quando il pregiudizio pontifica, il miopismo trionfa. In questo contesto Gesù non può operare miracoli, per i quali è necessaria una certa fiducia e una certa fede (cf Mc 5,34: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”). Nelle Beatitudini Gesù aveva detto con chiarezza: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8).

 

3. Nel testo biblico c’è una finezza: “I suoi discepoli lo seguirono”. Il verbo “akoluthéo” (seguire) è al presente storico (lo seguono): esprime un atteggiamento costante. Si tratta del verbo classico del discepolo. Seguendo Gesù, i discepoli assistono a questo rifiuto dei nazaretani nei confronti di Gesù. Gesù dirà loro: “Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra”. La sequela del discepolo non è solo imitare Gesù, ma è anche condividere con Lui ciò che Egli ha vissuto.

 

4. I vangeli apocrifi attribuivano i fratelli e le sorelle di Gesù al precedente matrimonio del vecchio Giuseppe. Forse le cose stanno diversamente. I vangeli in lingua greca sono spesso traduzioni letterali di un originale semitico (ebraico o aramaico). In semitico il vocabolario della parentela è minimale: padre, madre, figlio, figlia, fratello, sorella, zio (paterno, in ebraico), zia (in aramaico). Il termine cugino non esiste, mentre in greco si trova in Col 4,10: “anepsiòs”. Il nome “fratello” indicava il resto dei legami parentali. Lot, nipote dello zio Abramo, viene chiamato dallo zio con l’appellativo “fratello” (Gen 13,8; 14,14.16). Ioses, chiamato “fratello” di Gesù (Mc 6,3), in Mc 15,47 risulta essere figlio di una Maria, che non è la madre di Gesù.

 

Il Contesto Liturgico

 

1. Non è la comunità che stabilisce i criteri con cui si identifica il profeta, ma è Dio che mostra i criteri con i quali la comunità può constatare se uno sia profeta o meno (Dt 18,9-22). Ezechiele, profeta mandato da Dio a un popolo di “ribelli”, di “figli testardi e dal cuore indurito”, è un profeta che non si aspetta certamente il “consenso”. Ha una missione dura e forte: gli ebrei, esuli a Babilonia, devono sapere che Dio ha suscitato in mezzo a loro un profeta (prima lettura, Ez 2,2-5). Ezechiele anticipa ciò che vivrà Gesù. La Colletta propria fa pregare l’assemblea dal punto di vista dei nazaretani. Per questo chiede che venga vinta “l’incredulità dei nostri cuori” per riconoscere “la gloria nell’umiliazione del tuo Figlio” ed esperimentare “la potenza della sua risurrezione”.

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