Commento al Vangelo
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Domenica 7 aprile, commento di don Renato De Zan

Il perdono di Dio è sempre oltre ciò che pensiamo: questo il senso del vangelo di questa domenica ricordato come l'adultera salvata da Gesù

Parole chiave: Vangelo (131), Diocesi (193), Domenica (46)
Domenica 7 aprile, commento di don Renato De Zan

Gv 8,1-11
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei". E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". Ed ella rispose: "Nessuno, Signore". E Gesù disse: "Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più".

Tematica liturgica
In questa Quaresima il Maestro ha insegnato come la Parola di Dio possa coadiuvare il credente nel rimanere saldo nella fede in Dio (1° domenica di Quaresima). La fedeltà a Dio si ha attraverso l’ascolto del Figlio: Gesù è la fede e la morale del cristiano (2° domenica). Per ottenere questo obiettivo, bisogna convertirsi. Nel cammino di conversione, Gesù si fa compagno del credente, come il vignaiolo si occupa del fico (3° domenica). L’errore e il peccato sono sempre in agguato, ma la misericordia di Dio è sempre pronta ad accogliere colui che si è pentito: Gesù è come il padre buono (4° domenica). Questo cammino si completa oggi con la tappa dell’episodio dell’adultera (Gv 8,1-11).
Per capire bene quest’ultima tappa è necessario partire da lontano, dal Deutero-Isaia, il profeta dell’impossibile perché la sua fede in Dio è un assoluto e comprende che la mente dell’uomo non può contenere ciò che Dio è e, quindi, in quanti modi l’Altissimo possa manifestarsi. Quando l’uomo si trova in una situazione dalla quale pensa non ci sia via d’uscita, il Signore annuncia: "Ecco, faccio una cosa nuova" (1° lettura: Is 43,16-21).  Anche sul perdono Dio sa andare oltre il pensiero dell’uomo. L’adultera non ha scuse. L’adulterio è provato e il testo non dice che la donna chieda perdono. Gesù, però, trova il modo per salvarla dalla falsità degli uomini che, condannando la donna, vorrebbero in qualche maniera assolvere se stessi. Non solo. Trova il modo di salvarla anche da se stessa, liberandola dalla condanna interiore e offrendo un perdono che apre alla donna una vita nuova: "Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più". Il tutto avviene in un clima di rispetto: Gesù è duro e rispettoso con i fanatici della legge (di fronte alla legge nessuno è totalmente innocente!!!), ma è altrettanto delicato e rispettoso con la peccatrice.

Dimensione letteraria
Il testo di Gv 8,1-11 ha alle spalle un’avventura straordinaria. È una tra le più affascinanti della storia della trasmissione del testo del Nuovo Testamento. Il testo, infatti, non è riportato in nessun manoscritto prima del secolo V. Successivamente, alle volte compare nel vangelo di Giovanni, altre volte in quello di Luca. Poi, si stabilizzerà nel vangelo di Giovanni. Che l’episodio fosse conosciuto fin dalle origini della Chiesa, è cosa pacifica perché ci sono le omelie di padri sull’episodio. Il fenomeno, dunque, è strano perché abbiamo avuto la custodia orale di un brano evangelico per circa cinque secoli.
Sotto il profilo letterario, il testo ha delle caratteristiche sinottiche e altre che sono giovannee. Le caratteristiche giovannee più marcate riguardano i piani narrativi. Troviamo il piano narrativo storico (impoverito da alcuni particolari: dov’è l’adultero, se l’adulterio era flagrante?), il piano teologico (la misericordia di Gesù oltre ogni limite), il piano simbolico (quella donna rappresenta la Chiesa).
Non c’è alcuna differenza tra testo biblico e testo biblico-liturgico (escluso il classico "In quel tempo"). Bisogna, tuttavia, tenere presente che sotto il profilo esegetico il testo va letto su tre piani diversi. Il primo è il piano narrativo-storico (avvenimento), il secondo è il piano teologico (misericordia senza limiti) e il terzo è il piano simbolico (la donna rappresenta la Chiesa).

Riflessione biblico-liturgica
a. L’episodio storico presenta lo scontro delle autorità giudaiche con Gesù: l’intenzione è colpire la misericordia del Maestro. Secondo la mentalità di allora, la misericordia di Gesù non è rispettosa della Torah, non risponde al criterio di giustizia (punizione di chi sbaglia), non è seria (perché non è "educativa").
b. Il piano teologico è rappresentato dalla missione di Gesù. Egli è venuto a rivelare il Padre che ama il mondo peccatore e dona il suo Figlio perché il mondo si salvi (cfr Gv 3).
c. Il piano simbolico della narrazione si può cogliere in due momenti: la donna è sola (e l’amante?) e sarebbe condannata alla lapidazione (pena per la bestemmia e l’apostasia). La pena rabbinica per l’adulterio era lo strangolamento. Per la teologia profetica il peccato della comunità (apostasia) era un "adulterio". La donna simboleggia la chiesa, il suo amante è il peccato. Gesù, come Osea (cfr Os 1-3), non condanna la sua sposa perché la ama.

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