Commento al Vangelo
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Domenica 5 giugno, commento di don Renato De Zan

E' domenica di Pentecoste "Vieni Santo Spirito, datore dei doni e consolatore perfetto"

Domenica 5 giugno, commento di don Renato De Zan

05.06.2022. Pentecoste-C

 

Gv 14,15-16.23-26

 

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 15 Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16 e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. 23 Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24 Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 25 Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26 Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

 

Vieni Santo Spirito, datore dei doni e consolatore perfetto

 

Tematica biblico-liturgica

 

1. La solennità della Pentecoste risale all’epoca apostolica. Ciò è testimoniato da due fonti antichissime: un frammento attribuito a Ireneo (130-202 d.C. ca.) e uno scritto di Tertulliano (155-230 d.C. ca.). A dir il vero c’è un cenno anche negli Atti degli Apostoli in cui si dice che “Paolo infatti aveva deciso di passare al largo di Èfeso, per evitare di subire ritardi nella provincia d’Asia: gli premeva essere a Gerusalemme, se possibile, per il giorno della Pentecoste” (At 20,16). Sappiamo che Paolo, da cristiano, non praticava più la religione ebraica. Il cenno alla Pentecoste ha, dunque, un’alta probabilità che indichi alla festa cristiana.

 

2. Lo Spirito Santo è un dono che ripetutamente Gesù ha offerto ai suoi. Lo ha donato nel momento della sua morte. In Gv 19,30 troviamo scritto: “E, chinato il capo, consegnò lo spirito”. In greco suona così: “parèdoke ton pneuma”. Si sa che il verbo greco “paradìdomi” (da cui l’aoristo “parèdoke”) è il verbo tecnico della Chiesa nascente per indicare la trasmissione del patrimonio della fede, la “paràdosis”. Verbo e nome indicano quella realtà che i teologi chiamano “Tradizione”. Sarebbe perciò opportuno  tradurre Gv 19,30 con “trasmise lo Spirito”. È il primo dono dello Spirito. Successivamente Gesù dona lo Spirito in giorno della risurrezione (Gv 20,22). Lo Spirito viene ancora donato nel giorno della Pentecoste (prima lettura del giorno della solennità, At 2,1-11) e successivamente a tutta la famiglia di Cornelio, con le stesse caratteristiche del giorno di Pentecoste (At 10,44).

 

3. Per la comunità cristiana la solennità della Pentecoste è importantissima. Ciò si può dedurre dal fatto che la Liturgia ha voluto confezionare non solo la messa della vigilia e la messa del giorno (come per l’Ascensione), ma ha in qualche modo creato un parallelo con la veglia pasquale. Nella “Messa vespertina con a celebrazione vigiliare prolungata”, infatti, la Liturgia offre una serie di letture che illustrano la storia della salvezza e la presenza dello Spirito: Gen 11,1-9 (Babele) Es 19,3-8a.16-20b (preparazione all’alleanza del Sinai) Ez 37,1-14 ( visione delle ossa aride) Gl 3,1-5(lo Spirito effuso su ogni uomo). Come seconda lettura è stato scelto il brano di Rm 8, 22-27 (lo Spirito intercede con gemiti inesprimibili) e come vangelo, Gv 7,37-39 (dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva).

 

4. Nella Messa del giorno, la Liturgia proclama come prima lettura At 2,1-11 (avvenimento di Pentecoste), come seconda lettura Rm 8,8-17 (lo Spirito che ha risuscitato Gesù abita in noi come garanzia i risurrezione e in noi grida a Dio: Abbà, Padre) e come vangelo il testo eclogadico di Gv 14,15-16.23-26 (il dono dello Spirito a coloro che amano il Signore, osservando la sua parola e i suoi comandamenti).

 

Dimensione letteraria

 

1. La formula biblica del vangelo, Gv 14,15-16.23-26, è un testo eclogadico (un testo “scelto”). Si tratta di un testo al quale sono stanti tolti i vv. 17-22. La formula che ne risulta è strutturata in tre momenti. Il primo momento (Gv 14,15-16.23-24) è caratterizzato dall’amore che si manifesta nell’osservare i comandamenti o la parola di Gesù. Il secondo (Gv 14,25), brevissimo, dà all’intervento di Gesù il tono di un testamento. Il terzo momento (Gv 14,26), brevissimo pure questo, annuncia l’invio dello Spirito, già annunciato in G 14,16, il cui compito è insegnare e far ricordare. Alla pericope biblica la Liturgia aggiunge l’incipit (“In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:”) e toglie al v. 23 l’espressione “Gli rispose Gesù:”.

 

2. L’obiettivo del testo è chiaro. Gesù promette l’invio dello Spirito a quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti o la sua parola. In greco, dietro al verbo italiano “osservare”, c’è il verbo “terèo” che indica il valore di “accogliere, trattenere, custodire, mettere in pratica”. Diventa perciò fondamentale il contatto continuo del credente con la Parola di Gesù attraverso la Scrittura. Basta leggere i vangeli o il Nuovo Testamento? Non dimentichiamo che anche l’antico Testamento è importante: “Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” (Lc 24,44).

 

Riflessione biblico-liturgica

 

1. La Pentecoste, completando, chiude la solennità della Pasqua, rende la Chiesa una Pentecoste vivente (terza Colletta vigiliare: “effondi lo Spirito Santo sulla Chiesa, perché sia una Pentecoste vivente fino agli estremi confini della terra, e tutte le genti giungano a credere, ad amare e a sperare”), diffonde i doni dello Spirito e opera i prodigi della prima predicazione (Colletta del giorno: “diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo”).

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