Domenica 20 novembre, commento di don Renato De Zan
E' la domenica di Cristo Re, il giorno dedicato al nostro Seminario Diocesano
20.11.2016. 34° TO (Xsto Re)
Lc 23,35-43
In quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù, 35 il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». 36 Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto 37 e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». 39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40 L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41 Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso
Il Testo
1. La formula liturgica del vangelo è composta da due pericopi: Lc 23,35-38 (Gesù deriso dai capi ebrei e dai soldati) e Lc 23,39-43 (i due ladroni e Gesù). Tutt’e due le pericopi si chiudono con un elemento che giustifica quanto detto poco prima. Nella prima pericope i soldati deridono Gesù chiamandolo “re dei Giudei” e tale espressione è giustificata dal cartiglio posto sopra la croce: “Costui è il re dei Giudei” (v. 38). Allo stesso modo si chiude la seconda pericope. Il buon ladrone chiede di ricordarsi di lui quando Gesù entrerà nel suo regno e Gesù dimostra tale sovranità profetizzando al buon ladrone “oggi con me sarai in Paradiso” (v. 43).
2. La Liturgia ha voluto associare le due pericopi per evidenziare la derisione (capi degli ebrei e soldati) e l’insulto (primo ladrone) in chiara antitesi con l’atteggiamento ricco di verità e di rispetto del buon ladrone. La Liturgia, inoltre, ha premesso alla formula liturgica un incipit piuttosto corposo (“In quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù”), sopprimendo il pronome personale “lo” al v. 35.
L’Esegesi
1. Nella prima parte della formula l’evangelista ha voluto porre in antitesi il titolo di Messia (Cristo) con la derisione (“Salvi se stesso!”). Lo stesso gioco si trova tra il titolo di “re dei Giudei” e la derisione dei soldati (“Salva te stesso”). Il gioco si ripete nelle parole del ladrone: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. Certamente l’apparenza darebbe ragione ai capi degli ebrei, ai soldati e al ladrone. Gesù è in una situazione di totale impotenza umana. L’evangelista, però, sfrutta l’arte narrativa per preparare la frase finale di Gesù in cui il Maestro dimostra la sua messianicità e la sua regalità, annunciando al buon ladrone la sua prossima e quasi immediata presenza in Paradiso con Gesù.
2. Qualcuno ritiene che la frase di Gesù dovrebbe essere punteggiata come segue: “In verità io ti dico oggi: Con me sarai in paradiso”. Se così fosse, l’impatto fortissimo della frase sarebbe totalmente diminuito. Questa lettura è destituita da ogni credibilità dalle edizioni critiche del testo greco che riportano anche la punteggiatura. La dicitura corretta, dunque, è quella che troviamo nelle traduzioni: “In verità io ti dico: Oggi con me sarai in paradiso”. Gesù, re crocifisso, manifesta la sua regalità nella salvezza totale, immediata dell’uomo e nella maestosità del suo regno definitivo, il Paradiso.
Il Contesto Liturgico
1. La festa di Cristo Re nacque in un contesto storico delicato. Si stava affermando il nazionalismo con tutte le conseguenze nefaste che si sono successivamente manifestate. L’autorità assoluta sull’individuo non è in mano allo stato o alla nazione. Al di sopra dello stato e della nazione c’è Dio. Si trattava, dunque, di una festa liturgica che orientava l’umanità verso una sana libertà nei confronti di quella autorità profana che voleva padroneggiare nei confronti del cittadino a tutti i livelli, compreso il livello della coscienza.
2. Davide è unto re da Samuele (prima lettura, 2 Sam 5,1-3). Da quel momento ogni suo discendente è di stirpe regale. Secondo la profezia di Natan, il Messia è discendente di Davide e, quindi, Gesù, discendente di Davide e Messia, è re (2 Sam 712: “Io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno”).
3. L’inno cristologico che si trova all’inizio della lettera ai Colossesi (seconda lettura, Col 1,12-20), testo liturgico della Chiesa nascente e composto in un tempo precedente alla lettera che lo ospita, afferma che, tramite il Battesimo, il Padre “ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati”.
4. Nell’amplificazione della prima Colletta la comunità prega così: “Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto ricapitolare tutte le cose in Cristo tuo Figlio…”. Per un lettore comune non è facile capire il verbo “ricapitolare” perché è una traduzione letterale di Ef 1,10: “Il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”. Il valore di “ricapitolare” (in greco “anakephalaiòsatsthai”) equivale a “dare un capo” oppure “prendere i fili di ogni cosa e annodarli ad un unico capo”. In altre parole la Colletta intende dire che il Figlio è colui dal quale dipende ogni realtà, sia “quelle del cielo come quelle della terra”.
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