Pordenone
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Preparazione alla Pasqua nella parrocchia del Don Bosco a Pordenone

Un sussidio pensato per il cammino di quaresima, utile anche per favorire una riflessione personale, in questo tempo di "quarantena" forzata

Preparazione alla Pasqua nella parrocchia del Don Bosco a Pordenone

Ecco un sussidio pensato per il cammino di quaresima, utile anche per favorire una riflessione personale, in questo tempo di "quarantena" forzata. Offre un approfondimento della propria identità cristiana. E’ curato dalla parrocchia di San Giovanni Bosco. Accompagna verso la veglia pasquale, che si celebra l’11 aprile, caratterizzata dalla gioia e dalla speranza. Il testo è curato nella grafica e arrichito da immagini colorate; elaborato dal parroco don Salvatore Di Martino e dall’entusiasta gruppo di collaboratori.

Contenuti

Si tratta di una "rivisitazione" e meditazione su alcuni dei simboli che risaltano nella celebrazione del sacramento del Battesimo: la prima tappa costitutiva della propria identità cristiana. E’ un invito a rivivere quello che nella Chiesa primitiva veniva definito un "itinerario catecumenale". I catecumeni infatti erano, e tutt’oggi sono, gli uomini e le donne che, convertiti dal paganesimo al cristianesimo, favorendo uno spirito di conversione continua, intendono divenire autentici seguaci e testimoni di Gesù, nella Chiesa, nella società, nella famiglia e negli ambienti di vita frequentati.
I simboli proposti sono: l’olio dei catecumeni, la veste bianca, l’acqua, il rito dell’Effetà e la preghiera del Credo. Il loro approfondimento viene suggerito a livello comunitario e personale, con l’esortazione a farne oggetto di approfondimento durante la settimana, a livello di meditazione e di preghiera.
L’olio dei catecumeni. Si tratta di olio d’oliva; viene paragonato a quello che i lottatori si spargevano sul proprio corpo, per fortificarlo e per sfuggire alla presa dell’avversario - che in questo caso è satana, lo spirito del male.
Nel battesimo, il gesto di ungere il petto del battezzato è accompagnato dalla frase: Ti ungo con l’olio, segno di salvezza: ti fortifichi con la sua potenza Cristo Salvatore, che vive e regna, nei secoli dei secoli". Si tratta di parole che, per il rito sacramentale, divengono "performative", sortiscono cioè un effetto salutare, attraverso l’azione della "grazia" o potenza divina.
Per cogliere, dal punto di vista educativo, la portata di questo elemento, a livello simbolico, può giovare il rievocare l’uso riservato nella nostra società all’olio: dall’alimentazione, al mondo del lavoro; dalla salute all’estetica. Lo si può osservare e apprezzare , nella sua limpidezza e coesione, e anche odorare - infatti, il sacro crisma viene arricchito da un balsamo profumato.
Il passo successivo è quello di riflettere su alcuni brani che pongano in risalto il valore dell’olio come dono di Dio (Deuteronomio 11,14) e il suo uso nell’unzione: ad esempio per curare i malati (Isaia, 1,6; Luca 10,34: col buon Samaritano che si prede cura dello sventurato); per consacrare il re, i sacerdoti e i profeti, nell’Antico Testamento e infine Gesù, "Consacrato con Spirito Santo e Potenza" (Atti 10,38). Anche il cristiano riceve l’unzione, come rito sacramentale e come partecipazione all’unzione profetica di Gesù (2 Corinti 1, 21).
La veste bianca. Nel rito del battesimo, la consegna della veste bianca è un gesto simbolico: consiste nell’appoggiare un "camicino" sul corpo del battezzato, dopo aver versato l’acqua battesimale e compiuta l’unzione. Sottolinea il fatto che il neo battezzato è ora rivestito di una nuova identità, che lo rende radioso e ricco di dignità. La consegna è accompagnata dalle parole: "Sei diventato nuova creatura e ti sei rivestito di Cristo. Questa veste bianca sia segno della tua nuova identità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari - genitori, padrino o madrina, familiari e comunità -, portala senza macchia per la vita eterna".
Nell’antichità, i "catecumeni", ricevuto il battesimo, indossavano una veste bianca e con questa si accostavano per la prima volta all’eucaristia. Veniva poi "deposta" o smessa, la domenica successiva - la famosa "Domenica in albis".
Rivisitando i testi biblici, si scopre che già nell’antichità della storia del Popolo d’Israele, la veste era segno della benedizione divina (Deuteronomio 10,18). Nel Nuovo Testamento numerosi sono i richiami alla veste: dalla donna malata che tocca le vesti di Gesù per essere a contatto con la sua potenza (Marco 5,25-34), all’invito a prendere coscienza che, grazie alla veste bianca, si appartiene alla schiera delle "nuove creature in Cristo" (Apocalisse 6,11).
L’aqua. Dal punto di vista simbolico, racchiude più significati. Prima di tutto purifica, come sottolinea lo stesso Giovanni, presso le acque del Giordano, proponendo un "battesimo di conversione e di perdono dei peccati" (Mc 1,4-8).
Essa racchiude anche una simbologia di morte: basta pensare alle inondazioni che sommergono e distruggono. Da questo punto di vista si riesce a comprendere anche il fatto che con l’acqua del battesimo veniamo sepolti insieme a Cristo nella morte, per camminare poi in una vita nuova, come sottolinea la teologia paolina (Romani 6,4).
L’aspetto dell’acqua "fonte di vita" viene posto in risalto prima di impartire il battesimo. Infatti il celebrante, mentre benedice l’acqua, recita una formula nella quale augura che con essa, l’uomo "rinasca per la vita nuova di figlio di Dio, dall’acqua e dallo Spirito".
Dal punto di vista educativo, si rivelano utili le immagini di alcuni antichi battisteri - come ad esempio quello di Concordia. In essi si prevedeva un cammino in discesa, per raggiungere l’acqua battesimale e così riemergere "nuove creature". E’ il cammino che nella vita siamo invitati a compiere continuamente, con la morte al peccato e la rinascita a vita nuova.
Rito dell’Effetà. Prima della conclusione del rito del battesimo, c’è un segno che a volte rischia di sfuggire: il celebrante tocca le orecchie e le labbra del battezzato col pollice, dicendo la seguente frase: "Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre". E’ il rito dell’Effetà. Si recupera una parola ebraica che significa "apriti", detta da Gesù nella guarigione di un sordomuto (Marco 7,31-37). L’invito rivolto al battezzato è quello di compiere un cammino di apertura verso gli altri, docile all’azione della grazia, vivendo con slancio il messaggio d’amore, incarnanando nella propria vita Gesù in persona, sorretti dalla forza sacramentale del battesimo.
Il Credo. Nel rito del battesimo, dopo la "rinuncia a satana", il celebrante rivolge al battezzando - e nel contempo ai genitori, ai padrini e alla comunità -, l’invito a "professare la propria fede", chiedendo una personale adesione a Dio padre, al Figlio Gesù e allo Spirito Santo. Per ognuna delle Persone della Trinità, i presenti rispondono con la parola "Credo". Questa formula riassume alcuni punti della preghiera del "Credo", presente nella celebrazione dell’eucaristia festiva e ripresi anche nella Veglia pasquale. Si riassumono e si evocano così delle preghiere fondamentali, che lungo i secoli hanno avuto delle formulazioni diverse: il simbolo apostolico - risale al II secolo, sorto nella liturgia battessimale -; il simbolo niceno-costantinopolitano - definito nel 325, a Nicea, coil primo "conclilio" della Chiesa -; esiste inoltre il simbolo atanasiano - formulato appunto da sant’Atanasio, nel IV secolo, recitato nella messa di un tempo e usato tutt’ora nel rito ambrosiano.
Con il "Credo" si completa l’invito ad incamminarsi verso una "identità matura", personale ed ecclesiale.
Il sussidio prosegue, riportando anche le letture usate nelle varie celebrazioni della quaresima, compresi i riti della Settimana Santa - dal 5 al 12 aprile e gli orari delle celebrazioni allora previste.

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