Il mondo tra riarmo e pace
Il mondo si riarma eppure il mondo ha bisogno di pace. Contraddizioni dei nostri giorni di cui hanno parlato mons. Tomasi e il Patriarca Boutros Rai
Il tema è urgente importante e tocca la vita di tutti noi di fronte alla rinnovata corsa agli armamenti, come ha ricordato nel suo intervento mons. Silvano Tomasi. Nel luglio 2017, infatti, 122 paesi hanno di fatto firmato l’accordo per la messa al bando delle armi atomiche e lo smantellamento degli arsenali nucleari, potenziali causa di uccisioni di massa e devastazione dell’ambiente. Nonostante questo, le spese militari globali nel 2018 sono salite a 1.739 miliardi di dollari, in testa gli Stati Uniti, seguiti da Cina, India e Arabia Saudita. L’attuale amministrazione statunitense, non ha fatto mistero di voler aumentare sensibilimente la spesa per gli armamenti nell’immediato futuro. Ad oggi le armi nucleari disponibili sono 15.000 unità, di cui 2000 permangono in stato di allerta. La diffusione delle nuove tecnologie, pone poi il problema della diffusione e dell’accesso delle armi nucleari anche per in paesi meno abbienti. La posizione attuale della Chiesa in tal senso è ben chiara, se Giovanni XXII aveva già dettato la linee guida con l’enciclica Pacem In Terra invocando la necessità di smontare gli spiriti prima ancora che gli armamenti, Papa Francesco ha definito un approccio molto più avanzato, condannando anche il mero possesso della bomba atomica, aprendo di fatto un capitolo di riflessione importante: si deve ciò passare dall’etica della deterrenza a quella della responsabilità. Garantire la sicurezza è si un dovere dei Governi nei confronti dei cittadini, ha precisato il Nunzio Apostolico mons. Tomasi. Ma ciò non può passare solo attraverso le armi e va fatto anche andando oltre le convenienza strategica delle stesse potenze. Se è giusto perseguire uno sviluppo integrale dell’uomo è necessario porre in atto anche disarmo integrale. L’atteggiamento interno delle persone deve cambiare: rapporti di paura, di dominio devono lasciare il posto alla solidarietà. I rapporti tra stati non possono più fondarsi sulla paura, sul timore della distruzione reciproca, ma sulla fiducia. Questi i temi emersi dagli incontri di sabato 20 ottobre a Palazzo Montereale Mantica con il Patriarca Boutros Rai a Pordenone. Man non solo.
Antoine Laham, consigliere politico dell’ambasciatore de Mirusta, ha ricordato il lungo e travagliato impegno delle Nazioni Unite per pacificazione della Siria avviato da Koffi Annan nel 2012 e proseguito dai suoi successori, non da ultimo l’ambasciatore Staffan de Mistura definito dal consigliere Laham “via dolorosa quella in Siria”. Gli emissari dell’ONU hanno tento tutte le soluzioni diplomatiche per il cessate il fuoco e riappacificazioni militari con i rappresentanti del governo e dell’opposizione siriani. Tentativi tutti fallimentari sinora, anche se la speranza non è persa.
Il dottor Michele Candotti ha sottolineato come la globalizzzazione abbia radicalmente quanto repentinamente riscritto il modo in cui le società si relazionano tra di loro. Si crea pertanto un gap tra fattori che indirizzano l’economia ed i cittadini che rimangono con strumentazioni di base. La risposta delle Nazioni Unite su questo è lo sviluppo sostenibile, riassunto nell’Agenda 2030 sviluppo economico ambientale, per fornire una direzione condivisa, che sia accettato per tutte le aree del pianeta.
Il Patriarca Béchara Boutros Raï, ha sottolineato la necessità per l’Europa di ricostruire il vivere insieme Europeo e mussulmano sulle due rive del Mediterraneo, mediante un nuovo impegno degli Europei. L’Europa deve infatti ereditare la tradizione di Venezia ed investire molto nella pacificazione economica del Levante e dell’africa del Nord, per costruire l’unione del Mediterraneo.
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