Verità e propaganda
I diritti aletici: ne parla un libro in uscita. Si tratta di una rivendicazione dei diritti alla verità da parte dei cittadini in un mondo in cui la propaganda domina come pensiero (quasi) unico.
Un libro appena uscito parla della verità e della nuova necessità dei diritti "aletici" (da aletheia, la verità in greco). Un pensiero nasce: non sarà come quando suonano il campanello per il sale, che si chiede quando se ne resta privi? E quindi cosa ha indotto gli autori a rivendicare questi astrusi diritti?
Franca D’Agostini e Maurizio Ferrera (La verità al potere, Einuadi) indagano il rapporto tra politica e verità, allarmati dalla poca o mala frequentazione tra quelli che reputano i pilastri di ogni paese democratico. Del loro ragionamento - chiedendo venia per l’estremissima sintesi - ricordiamo almeno il fulcro: il concetto di aletheia è fondamento non solo etimologico ma anche etico.
Verità che non solo va esigita nella sua interezza e indagata fin nel complesso reticolo di ricadute che sempre comporta. Ma che, innanzitutto, va compresa a partire dall’origine del termine. Aletheia è infatti un concetto che nasce come negazione di un altro: è il non nascondimento. E’ vero ciò che non è negato, che non contiene qualcosa d’altro di non detto. Questo, a detta degli autori, è quanto i cittadini devono chiedere a chi li governa. Questo dovremmo tutti pretendere e cercare, se non ci viene dato, per comprendere e per decidere su qualcosa.
Guardando ai nostri giorni, si prestano a diverse posizioni temi come l’Unione europea e la Brexit. Dopo l’ottenuto rinvio (12 aprile senza accordo, 22 maggio con), le strade di Londra sono state invase da oltre un milione di inglesi richiedenti un contro referendum, voluto anche da altri 4,5 milioni attraverso una petizione scritta. Cosa dicono questi fatti? Che si può cambiare idea? Che solo adesso hanno capito? Che la verità è venuta a galla? Sì, stando al carro apri corteo, sul quale troneggiava una Teresa May in versione pinocchio. Il velo si è dunque rotto e ha mostrato la verità negata come le taciute conseguenze.
Federico Fubini (Corriere della Sera, domenica 24 marzo) analizzando la questione inglese ha lanciato l’allarme: questo accade quando la politica si trasforma in propaganda. Lo ha fatto citando le dichiarazioni dell’ungherese Orbàn al vertice europeo: "I Tory britannici hanno sempre dato priorità agli interessi del partito più che a quelli del Paese". Può accadere altrove? La questione ci riguarda?
Non abbiamo votato un referendum, ma i sondaggi ci vedono più euroscettici (66%) degli inglesi (61%). Come mai gli italiani, che hanno fondato l’Europa, oggi sono più propensi ad affondarla? Più che verità poté propaganda si direbbe, se propaganda è - da vocabolario Treccani - "il tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisce gli intenti di chi la mette in atto". Fubini ironizza ricordando le eurobufale: dalla imposta curvatura dei cetrioli raccontata agli inglesi, alla dimensione delle vongole per gli italiani. Ma sprona anche ad un serio esercizio di memoria: quante volte l’Europa è stata dipinta come matrigna e quante altre se ne sono ricordate le convenienze? Chi sa che nel mercato europeo "esportiamo ogni anno 50 volte più di quanto versiamo"? Hanno un altro lato della medaglia anche questioni come migranti, tav, debito, Cina.
Si propaganda dicendo ma anche tacendo ad arte. E per lo svelamento del vero poco vale un tweet o una foto su instagram.
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