L'Editoriale
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Non chiamiamolo maltempo

Papa Francesco, il Presidente Mattarella, 96 scienziati: il cambiamento climatico, figlio delle emissioni derivanti dal ricorso massiccio ai combustibili fossili usati dall'uomo, sta mostrando tutti i suoi effetti

Parole chiave: crisi climatica (1), Cambiamento climatico (7), maltempo (23)
Non chiamiamolo maltempo

Non chiamiamolo

maltempo

Simonetta Venturin

Il primo a dirlo era stato papa Francesco: era il 2015 quando nell’Enciclica Laudato sì – che sempre più andiamo capendo – scriveva a proposito della Terra: “Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei”. Da allora si sono verificati eventi sempre più estremi. Senza andar lontano pensiamo alla lunga estate rovente e siccitosa dell’anno scorso con ettari di boschi e pineta bruciati dal Carso a Bibione. E ai giorni di questo luglio così divisivo per lo stivale: il Nord in preda a temporali apocalittici che anche il nostro territorio ha dolorosamente vissuto e il Sud letteralmente a fuoco come parte del Mediterraneo da Rodi alla Spagna.

Ora, nonostante qualche voce fuori dal coro si adoperi a sostenere che non si tratta di eventi eccezionali, un coro di altre voci va pressoché all’unisono nella direzione opposta, quella del riconoscere il manifestarsi delle conseguenze del cambiamento climatico. Fenomeno che, come sostiene il noto divulgatore scientifico Luca Mercalli, è tempo di chiamare col suo nome più appropriato: crisi climatica.

Non è stato meno deciso il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha anticipato un dato allarmante: il luglio 2023 si è dimostrato il mese più caldo di sempre (le rilevazioni sono iniziate dagli anni ’40), per questo ha definito “l’era di ebollizione globale”, questa che il pianeta sta vivendo, con disastri di calore o di alluvioni che si stanno manifestando a tutte le latitudini. Qualche mese fa, a marzo 2023, lo stesso Guterres apriva il messaggio che accompagnava il rapporto degli esperti sul cambiamento climatico con queste parole: “L’umanità è in bilico su un sottile strato di ghiaccio, che si sta sciogliendo velocemente… Gli esseri umani sono responsabili di quasi tutto il riscaldamento globale degli ultimi 200 anni”.

In un’Italia divisa dal clima e unita dalle emergenze e dalla mole dei disastri lasciati che mettono in ginocchio territori e agricoltura, aziende e famiglie, anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella giornata di giovedì 27 luglio ha parlato chiaro contro chi nega l’evidenza dei dati e la tragicità degli eventi ed ha contemporaneamente spronato all’azione dichiarando: “Occorre assumere la piena consapevolezza che siamo in ritardo”. Lo stesso ha pure disegnato le due strade da percorrere: “Agire incrementando la salvaguardia dell’ambiente e combattere le cause del cambiamento climatico. Sappiamo che sarà un impegno difficile”. E sarà difficile perché per essere efficace dovrà coinvolgere da una parte i governi e le loro economie, dall’altra ciascuno di noi; è tempo di sentirsi uniti nello sforzo - tardivo e non rinviabile - di contribuire a ridurre le emissioni.

All’appello del Presidente ha fatto eco la lettera scritta da 96 scienziati tra cui il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi e lo stesso citato Mercalli in cui si indica nella riduzione dei combustibili fossili la via maestra per invertire la rotta del cambiamento e del surriscaldamento. Ma la lettera contiene un richiamo forte al dovere che hanno i mezzi di informazione italiani di usare le parole giuste nel descrivere quanto sta avvenendo: “I media italiani parlano ancora troppo spesso di ‘maltempo’ invece che di cambiamento climatico. Quando ne parlano, spesso omettono le cause e le relative soluzioni”. Facendo un parallelismo sanitario, gli scienziati sostengono che è come se, di fronte a tutte le persone morte nella primavera del 2020, si fosse parlato di morti per problemi respiratori e non della causa vera dei decessi, il Covid. Dichiarano anche di essersi sentiti in obbligo di intervenire perché hanno sentito la responsabilità “come cittadini italiani e membri della comunità scientifica, di avvertire chiaramente di ogni minaccia alla salute pubblica”. Forniscono un altro dato non trascurabile: nel 2022 la straordinaria ondata di calore – che dovremmo a questo punto ritenere sempre più ordinaria – ha causato nella sola Europa 60mila morti, di cui 18mila in Italia. Di fronte agli eventi che tutti noi abbiamo vissuto (caldo, alluvioni, siccità, incendi) e di fronte a questi numeri è adesso il tempo di agire.

Luca Mercalli, cofirmatario del documento, ha indicato le quattro vie per ridurre le emissioni, causa prima della crisi in atto: isolare al meglio le nostre case per ridurre il consumo di energia necessaria e riscaldarle d’inverno e raffrescarle d’estate; limitare l’uso dell’automobile e anche dei voli; imparare a mangiare meno carne dato che i grandi allevamenti sono un fattore importante di emissioni; limitare gli acquisti uscendo dal vortice di una società di consumi che prima richiede energia per produrre e poi per incenerire quanto prodotto, lasciando montagne di plastica per terra e per mare.

E’, in termini pratici, la via proposta con parole rivolte allo spirito dalla Laudato Sì, nella quale papa Francesco, richiamandosi al patriarca Bartolomeo, ha ricordato che è necessario “passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, in un’ascesi che «significa imparare a dare, e non semplicemente a rinunciare. E’ un modo di amare, di passare gradualmente da ciò che io voglio a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio” [8]

Sì, è una via di cambiamento e sacrificio, ma il pianeta lo abbiamo surriscaldato noi umani con le nostre scelte di vita: è tempo di ingranare la retromarcia.

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