L'Editoriale
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Le lezioni del Covid

L’Oms ha dichiarato che è in virtù del calo della mortalità e dei ricoveri che l’emergenza può dirsi finita ma ha comunque invitato a non abbassare la guardia poiché “il Sars Covid 2 è ancora un problema sanitario consolidato e in corso”. Un virus che ha ucciso 190mila persone in Italia e una cifra tra 7 e 20 milioni nel mondo

Parole chiave: vaccini (13), Covid 19 (5), Pandemia (13), Sanità (27), Morti (12), Contagiati (3)
Le lezioni del Covid

Nella primavera di un paio di anni fa sarebbe stata la notizia più attesa, oggi la più attesa è per certo la fine della guerra, la paura che dal 2022 ha surclassato quella targata 2020: il Covid 19. La fine della pandemia resta comunque un evento storico, confermato lo scorso fine settimana dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Ghebreyesus. Un annuncio onesto: senza toni trionfalistici, capace di riconoscere gli errori commessi e obiettivo sul fatto che l’emergenza pandemica può dirsi alle spalle ma il Covid resta. Ghebreyesus si è infatti espresso nei termini di “fine della emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale”. Significa che i rischi per la famiglia umana sono di molto diminuiti e questo, va detto chiaramente, è merito delle tante immunizzazioni dovute innanzitutto ai vaccini (oltre 13 miliardi le dosi inoculate nel mondo), quindi a coloro che - anche per le vaccinazioni effettuate- hanno superato indenni il contagio.

L’Oms ha dichiarato che è in virtù del calo della mortalità e dei ricoveri che l’emergenza può dirsi finita ma ha comunque invitato a non abbassare la guardia poiché “il Sars Covid 2 è ancora un problema sanitario consolidato e in corso”. Vero e, al contempo, con poche probabilità d’ascolto: dopo tante chiusure e forti della cura trovata abbiamo un po’ tutti mentalmente lasciato la pandemia alle spalle e in Italia dal primo maggio è decaduto l’obbligo delle mascherine anche negli ospedali e strutture sanitarie (Veneto escluso che ne ha prolungato l’obbligatorietà fino al 31 maggio).

Anche se la pandemia e le sue restrizioni sono state rimosse con senso di sollievo non appena è stato possibile farlo con un discreto margine di sicurezza va detto che, dati alla mano, i numeri dei contagi – che non vengono più dati da mesi – non sono pari a zero. Nella settimana dal 28 aprile al 4 maggio in Italia si sono registrati quasi 21mila (20.822) nuovi casi, 166 decessi, 25mila (25.134) i guariti e 75 restano le persone in terapia intensiva. Dall’inizio del Covid, sempre in Italia, i contagiati sono stati quasi 26 milioni (25.809.208), i morti 190mila (189.904), i contagiati guariti 25 milioni e mezzo (25.493.751).

Il Covid è un brutto incubo piovuto sul mondo, che ha causato (dati aggiornati al 3 maggio) 756 milioni di casi e poco meno di 7 milioni di morti (6.921.614). Per questo prima di accantonarlo è bene fare tesoro di alcuni insegnamenti, poiché li abbiamo pagati troppo a caro prezzo, alcune famiglie e alcune zone più di altre.

Tedros Ghebreyesus ha riconosciuto che “il Covid 19 ha capovolto il mondo”, ammettendo che, se anche le vittime registrate sfiorano i 7 milioni, si può stimare che questo virus sia responsabile di almeno 20 milioni di vittime nel mondo: una strage che non deve ripetersi. Per questo lo stesso ha fatto, a nome della Oms, una serie di mea culpa: la pandemia è stata dichiarata in ritardo (11 marzo 2020), all’inizio c’è stata troppa incertezza e titubanza circa la necessità dell’uso delle mascherine, non è stato stabilito un criterio condiviso per la registrazione delle vittime (il che spiega la discrepanza tra 7 e 20 milioni di morti) e solo un anno dopo lo scoppio - nel 2021 – l’Oms ha inviato in Cina una commissione per capire l’origine del virus, non ottenendo peraltro risultati certi.

A detta di studiosi, psicologi ma anche insegnanti, il Covid, la paura e l’isolamento conseguente hanno comportato una serie di manifestazioni e lasciato segni che ancora perdurano: maggiore irritabilità e litigiosità, difficoltà nei rapporti interpersonali, introversione, chiusura, asocialità.

Papa Francesco, fin da subito e fin da allora, andava ripetendo che “siamo tutti sulla stessa barca” e che nessuno si salva da solo. Per questo noi tutti, e ancor più coloro che guidano le nazioni, dobbiamo alle vittime del virus e a chi ancora soffre per le sue dirette o indirette conseguenze l’obbligo di tenere bene presenti tre lezioni: che non possiamo fare a meno della ricerca (vaccini), che abbiamo un debito verso medici e infermieri (gli eroi della prima ora), che è indispensabile un efficiente sistema sanitario nazionale, il quale purtroppo dopo aver salvato tanti si trova oggi in sofferenza per ritardi, carenze e disservizi.

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