Il sogno originario
“Se i paesi d’Europa oggi non condividono questo principio etico della pace – ha dichiarato papa Francesco- allora vuole dire che si sono allontanati dal sogno originario”. Come a dire, che non si può essere europei senza amare la pace, senza averla come meta prima e ultima, come bene supremo indiscutibile e irrinunciabile. Questo sì, da esportare.
Il sogno
originario
Simonetta Venturin
Papa Francesco l’aveva chiesta come regalo il 13 marzo in occasione del decimo anniversario dell’elezione al soglio pontificio e nuovamente la scorsa settimana l’ha ricordata, assegnandola quale obiettivo primo al Comece (Conferenza dei vescovi d’Europa), presente a Roma per la plenaria in cui è stato eletto neopresidente l’italiano, già segretario della Cei, Mariano Crociata.
Francesco ha più che caldamente invitato i vescovi europei a promuovere la pace in un momento tanto buio come quello attuale, ora che questo bene supremo pare quasi messo in disparte dai grandi della terra dopo aver dimorato per oltre settanta anni sotto il vessillo blu a stelle gialle.
Ai vescovi il papa ha ricordato che l’Europa è nata da un sogno di pace. Un sogno a lungo sognato, un desiderio acceso dallo scempio di due guerre mondiali in trent’anni, figlio di milioni di morti e di un’inutile strage che non seppe neppure farsi maestra e venne in breve ripetuta. Li ha invitati a farsi ambasciatori di pace, ad avere parole e sguardi di pace, di saper trovare per la pace spazi, incoraggiamenti e inviti decisi ora che nuovi morti e nuove stragi insanguinano l’Europa. Li ha spronati e rassicurati sostenendo che è proprio quando pare impossibile, perché i fatti bellici sembrano aggrovigliarsi e complicarsi sempre più, che tale sguardo è quanto mai necessario e giunge per esso il tempo “della profezia, della lungimiranza, della creatività”. La pace va ispirata nelle menti e nei desideri del mondo e si è più convincenti quando si comincia per primi a desiderarla e cercarla. Monito che possiamo sentire rivolto a noi tutti.
Per dare forza e radice storica alle sue parole, altrimenti facilmente declassabili ad utopia, Francesco ha ricordato che il sogno originario della pace sottese e animò la nascita dell’Europa, un sogno che seppe intridere e infiammare i suoi fondatori: Adenauer, Monnet, Schuman e il nostro De Gasperi. Avendo forse a mente le di lui parole, ha ricordato che le due colonne portanti su cui l’Europa si fondò furono unità e pace. Ieri due conditio sine qua non, oggi i due binari su cui il vecchio continente deve continuare a percorrere la sua storia, pena la perdita dell’identità fondativa.
Due valori così lungimiranti da risultare non solo attuali ma ancora da continuare ad attuare: sia l’unità, che De Gasperi disegnava come “una unità nella diversità” - ossia un’unità di intenti e prospettive che si manteneva ricca delle peculiarità di ogni singola nazione appartenente –, sia la pace, intesa come principio irremovibile ed etico. In uno dei discorsi pronunciati in Senato De Gasperi la indicò come il nuovo mito dell’Europa: “Volete il mito della dittatura, il mito della forza, il mito della propria bandiera… ma allora noi creeremo di nuovo quel conflitto che porta fatalmente alla guerra. Io dico che questo mito è mito di pace, questo è la pace” (15 novembre 1950).
A queste storiche parole Francesco ha dato un’eco nuova: “Se i paesi d’Europa oggi non condividono questo principio etico della pace – ha dichiarato - allora vuole dire che si sono allontanati dal sogno originario”. Come a dire, che non si può essere europei senza amare la pace, senza averla come meta prima e ultima, come bene supremo indiscutibile e irrinunciabile. Questo sì, da esportare.
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