L'Editoriale
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A chi interessa la scuola?

Un servizio all'inizio dell'anno scolastico. Un altro alla fine, per capire i temi della maturità. In mezzo il silenzio rotto solo dalla cronaca di episodi di bullismo. A chi interessa la scuola oggi? eppure riguarda 7 milioni di ragazzi. E tutte le loro famiglie

Parole chiave: esami (8), Scuola (135), bullismo (4)
A chi interessa la scuola?

  Sta per suonare l’ultima campanella dell’anno scolastico 2017-2018: il 9 giugno per il Veneto, il 13 per il Friuli Venezia Giulia. Si chiude un’esperienza che, in Italia, coinvolge quotidianamente oltre sette milioni di studenti. E tutte le loro famiglie. Numeri imponenti e fine nobilissimo, eppure, chi ne parla?
Cosa sappiamo della scuola d’oggi? Relativamente poco se di scuola vera e propria si intende. Quali materie si studiano? Sono cambiate? Le lingue sono due per tutti? Cosa sono le prove Invalsi? Si scrivono ancora i temi? Sui tablet o a penna? Le ricerche in Biblioteca sono archeologia scolastica?
Il fatto è che della scuola, oggi nel nostro Paese, si occupa solo chi la fa: studenti, insegnanti e chi ha figli dell’età giusta e passa le domeniche a casa a far fare i compiti. Poco, molto poco tutti gli altri. Come se la scuola non fosse più importante. Come se non fosse più il passaporto per il futuro, come la sentivano le famiglie e anche i ragazzi di un tempo.
Eppure, sette milioni di giovani seduti sui banchi - dalle elementari alle superiori - dovrebbero pesare. Secondo i dati del Ministero, relativi all’anno 2016-17, il 17,3% di questi vive a Nordest. Il Friuli Venezia Giulia ha una popolazione di 131.332 studenti, il Veneto di 577.645. Quante volte ne abbiamo avuto notizia da settembre a giugno?
Passa qualche servizio alla prima campanella, qualche intervista ai primi usciti dagli esami di maturità sull’onda della curiosità per i temi affrontati. Il resto è racchiuso in una bolla, che si infrange solo quando dentro la scuola entra la cronaca grigia dei momenti meno felici. Quelli dei titoli su bullismo e cyberbullismo, quelli dei racconti di violenza e sopraffazione: genitori che picchiano gli insegnanti, studenti che mobbizzano altri studenti o gli stessi prof, filmandoli e ricattandoli. Episodi che pure ci sono stati. Ma, e tutto il resto? Dirigenti e insegnanti se ne lamentano a ragione.
C’è un mondo di cose belle, che non bucano la cortina di silenzio e distrazione: premi che i ragazzi vincono in una scuola anche esigente e competitiva; idee che elaborano e sperimentazioni che provano nell’obbligo e nell’opportunità dell’alternanza scuola-lavoro.
Abbiamo provato a raccontarle qualche settimana fa: si è scoperchiato un vaso di pandora pieno di strabilianti esperienze. Studenti ciceroni, studenti giardinieri, studenti disegnatori, inventori, registi e poeti. Ragazzi che si cimentano con lo slancio, la fantasia, l’esuberanza e la creatività che la loro splendida età possiede. Un sommerso di normalità sofferte (dall’alfabeto imparato all’ultimo compito) e di segrete meraviglie. Eppure è nell’ambito della scuola che sono nate, con i nostri ragazzi, con i nostri professori, con le esigue risorse che le scuole lamentano, quando e se le si ascolta, ma anche con le spericolate acrobazie di chi riesce comunque a fare.
Le vacanze che arrivano chiudono l’ennesimo anno scolastico fatto di cose silenti e ordinarie: di entrate in classe mattutine, di sbuffi e ritardi, di prove superate e di altre no, di genitori assistenti e insistenti nello svolgimento dei compiti, di prof tesi nello sforzo di trasmettere e incuriosire ragazzi - capita - molto attratti dalle sirene di un mondo che cambia in fretta e li chiama altrove.
Quando il prossimo si aprirà, proviamo a guardare alla scuola con gli occhi di Piero Calamandrei, che le riconosceva una missione unica: trasformare i sudditi in cittadini. Un bell’auspicio per il Paese tutto.

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