Il libro testamento di Renato Perrone
Sarà presentato mercoledì 14 febbraio alle 18 nel Convento di San Francesco “Le farfalle vivono un giorno solo” il libro del giovane 22enne di Sesto al Reghena morto lo scorso novembre di leucemia
“Le farfalle vivono un giorno solo” è il titolo del libro che sarà presentato mercoledì14 febbraio nel convento di San Francesco, a Pordenone, alle 18: sarà un evento multimediale in ricordo del suo autore, Renato Perrone giovane studente di Sesto al Reghena, arbitro di calcio, poeta e scrittore, che nel novembre 2023 è mancato, a soli 22 anni, a seguito di una leucemia.
Le associazioni La biblioteca di Sara e le Petit Port, con il patrocinio del Comune di Pordenone, hanno voluto organizzare la serata per ricordare Renato e la sua strenua volontà di scrivere quel libro, nonostante la malattia, decidendo di devolvere le offerte che saranno raccolte proprio alla Biblioteca di Sara, che si occupa di letture ad alta voce nelle corsie dell’ospedale e nelle case per anziani attraverso una rete di volontari
«Racconto la mia avventura da ragazzo "normale", con lo sport, la scuola e gli amici, in un continuo scambio tra il mio personaggio e le farfalle. Quando da bruco arriva il momento di sfarfallare, vengo privato di questa possibilità»: Da questa metafora prendono voce riflessioni profonde sull’ esperienza di malattia e di straordinaria voglia di vivere di Renato, oltre che di impegno a far crescere i suoi numerosi talenti di ragazzo “normale”.
Renato iniziò a scrivere il libro durante un ricovero di 18 mesi al Bambin Gesù di Roma. «Ero in galera senza aver commesso alcun reato - racconta - e nel 2022 ho iniziato a scrivere nel periodo dopo il trapianto di midollo osseo. In una situazione di semi-coma in cui muovevo gli occhi e la mano per riprendere mobilità nella scrittura ho iniziato a buttare giù i periodi della mia vita che ricordavo».
E, ancora, scrive: “Per un ragazzo “normale” certe cose non esistono: i miei amici scrivevano il giorno prima di una verifica "voglio morire", io intanto chiuso in ospedale aspettavo che un valore del sangue calasse perché altrimenti veramente sarei morto».
Renato lascia con questo libro un “testamento” importante, soprattutto la sua storia può essere utile a chi vive le stesse esperienze, uno stimolo a combattere, a non arrendersi. «Non ho mai voluto parlare della malattia con gli amici – raccontò in un’intervista - ho sempre voluto nascondere di stare male, di essere debole. Dopo aver pubblicato il libro però ho avuto un grande riscontro, mi hanno scritto in tanti dicendo che gli aveva fatto bene. I genitori hanno capito cose dei figli, i ragazzi hanno capito che non sono soli. Anche chi era lontanissimo da questo mondo ha capito qualcosa in più sulla vita».
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