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Il vescovo: Prego per i morti Covid 19 della diocesi

Il vescovo dalla chiesa di San Giorgio in Pordenone, domenica 26 aprile: "Prego per i 56 morti da Covid del territorio". domenica 3 maggio messa dal santuario mariano di Madonna del Monte

Parole chiave: Vescovo (143), Coronavirus (232), Morti (11), Diocesi (190), Pordenone (793)
Il vescovo: Prego per i morti Covid 19 della diocesi

«Prego per i 56 morti da Covid-19 del territorio»

 

 

Ad accogliere il Vescovo è stato il Parroco don Roberto Laurita e il suo cappellano don Boris Bandiera, don Aldo Biasi. Ha concelebrato, come in tutte le Messe in diretta Tv passate e anche in quelle future, il Vicario generale mons. Orioldo Marson. Era presente anche il diacono Lino Milani. 

Nel saluto iniziale don Laurita ha voluto ricordare il direttore sanitario del Consultorio Noncello dott. Gaetano Portale morto a causa del Covid-19. La parrocchia di S. Giorgio martire è una delle più popolose di Pordenone.

 Nell’omelia il Vescovo Pellegrini si è così espresso: «Siamo anche noi in cammino, come i due discepoli di Emmaus. Il tempo pasquale è un lungo itinerario, un cammino che ci aiuta a scoprire e riscoprire sempre di più il messaggio centrale della nostra fede. Ce lo ha ricordato molto bene l'apostolo Pietro nel suo discorso, dopo aver ricevuto a Pentecoste lo Spirito Santo. Al centro dell'annuncio cristiano c'è la persona di Gesù, la sua morte e la sua risurrezione. “Gesù di Nazareth … consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato liberandolo dai dolori della morte” (Atti 2,22-24). Sappiamo come per i discepoli non è stato facile mettersi alla sequela di Gesù, condividere il suo stile di vita che lo ha portato a salire sulla croce e a dare la vita per l'umanità. I due discepoli, in quella sera di Pasqua, delusi per la fine drammatica di Gesù, nel quale avevano riposto le loro speranze, i loro sogni e le loro attese, stavano fuggendo da quella brutta esperienza, scappando via da se stessi e dai loro amici.

All'improvviso sono raggiunti da un viandante, che i loro occhi non sono capaci di riconoscere, forse perché i loro cuori erano ancora sconvolti dalla paura e dal dolore. E delicatamente si pone accanto a loro. Bellissima e significativa l’espressione che usa l’evangelista: “E camminava con loro" (v.15). L’immagine del cammino porta in sé un profondo significato umano e spirituale, perché rappresenta il cammino della vita di ogni persona. I due discepoli, delusi e scoraggiati, erano incapaci di capire quello che stavano vivendo, in particolare la morte del loro caro amico; ma non solo, soprattutto di colui che speravano capace di dare un senso profondo a tutta la loro vita. Di solito, quando ci si trova in questa situazione, si scappa via e il cammino diventa una fuga: fuga dalla vita, fuga da se stessi e dalle persone più care. Gesù si avvicina e cammina con loro, facendosi compagno di strada. Carissimi, questo è lo stile di Dio. Dio si fa pellegrino con noi, si avvicina e si mette al nostro fianco, appassionandosi alla nostra vita e alle domande che ci portiamo nel cuore: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?” (v.17). Cammina con noi, non per imporci la strada da percorrere o il ritmo del passo da prendere. Cammina con noi e basta. I due se ne accorgono subito, perché si sentono ascoltati, capiti e non giudicati, e si aprono a lui dicendo che cos'è che li preoccupa, raccontando della loro speranza perduta.

Speravamo” (v.21). E’ una speranza di rimpianto e di nostalgia del passato. Sono così anche tanti nostri discorsi, tante parole che diciamo per leggere e interpretare la realtà, quello che ci sta capitando anche in questi giorni di epidemia. Gesù ascolta con pazienza, partecipa al loro dolore e alle loro sofferenze, li aiuta a ritrovare la speranza, invitandoli a non rimanere fermi e attaccati a quello che gli è capitato, a non fermarsi alla superficie e all’apparenza dei fatti, ma ad andare oltre, a leggere la vita personale e i fatti della storia da una prospettiva più profonda. Gesù sa che è necessario andare fino in fondo al proprio dolore, anche se non bisogna fermarsi lì e, prendendo in mano le Scritture, spiega che sin da principio esse si riferivano a Lui, che bisognava che le cose andassero così (cfr. v.25-27). Li aiuta a capire il vero significato della sua morte: la croce non è il fallimento della sua vita e del progetto di Dio, ma la sua piena realizzazione, perché è una morte vissuta per amore, come dono di sé all’umanità. Era necessario, dice Gesù, perché il male esiste e fa male, fa soffrire. Ma era necessario perché anche il bene c’è, ed è più forte del male e lo sconfigge. Gesù fa capire ai discepoli e anche a tutti noi che la sua morte e la sua sofferenza erano necessarie perché in questo modo ci ha rivelato il grande amore del Padre che ci ama e ha dato tutto se stesso per noi; ci fa capire che l'amore è più forte del dolore, che l'amore è capace di distruggere la morte.

Il cuore dei discepoli si riscalda, sentono che non è più un estraneo, lo riconoscono e lo invitano a rimanere con loro, con quelle belle parole che cantiamo spesso: “Resta con noi perché si fa sera” (v.28). Hanno bisogno di Lui, della sua presenza, della sua parola, del suo amore e del suo calore. E’ la preghiera che anche noi, oggi, vogliamo fare, una preghiera semplicissima, con poche parole, ma che sgorga dal cuore: “Signore, resta con noi”. Carissimi, la storia dei due di Emmaus, è la storia di ogni uomo e di ogni donna che dopo aver sperimentato, con il crollo dei sogni, l’amarezza della sconfitta e del dolore, ritrovano nel Signore Gesù risorto, la gioia della speranza e della vita piena. Stiamo vivendo giorni di stanchezza e di sofferenza, colpiti da un virus che a fatica cerchiamo di sconfiggere. Le attese e le speranze si indeboliscono sempre di più. Ci preoccupa il futuro perché la ripresa non sarà facile e indolore. Ma abbiamo una certezza: Gesù risorto si ferma e rimane con noi, non ci lascia soli. Lui c’è, è presente e spezza il pane con noi. Il gesto dello spezzare il pane, lo stesso dell’ultima cena, apre gli occhi dei due discepoli e lo riconoscono. Anche noi, oggi, pur nelle restrizioni necessarie al contenimento dell’epidemia, stiamo sprezzando il pane con Lui, nell’attesa, speriamo prossima, di poterlo celebrare in Chiesa con la comunità. Lui è vivo, è presente e ci chiede di condividerlo con i fratelli più bisognosi che incontriamo nel cammino della vita.

In questa celebrazione desideriamo in particolare, ricordare tutte le vittime, tutte le persone che sono morte a causa del Covid-19. Sono tantissime nel mondo e in Italia, anche sacerdoti e persone consacrate. Preghiamo, in particolare, per le 56 persone morte nel nostro territorio, alcune di queste erano impegnate nella vita delle nostre comunità cristiane. Preghiamo per loro e per i loro cari, che non hanno potuto essere vicini nel momento della morte. Ricordiamo anche tutti quei defunti che in questi mesi non hanno potuto essere accompagnati in Chiesa per ricevere l’ultimo saluto della comunità».

 

DOMENICA 3 MAGGIO IL VESCOVO CELEBRERA’ AL SANTUARIO MADONNA DEL MONTE ORE 11 SEMPRE IN DIRETTA SUL CANALE IL13

Il video dell’omelia del Vescovo è visibile

su YouTube digitando “Comunicare la speranza Diocesi di Concordia-Pordenone”.

Il vescovo: Prego per i morti Covid 19 della diocesi
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