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Domenica di Pasqua, 31 marzo: Omelia del Vescovo Giuseppe in San Marco a Pordenone

La conclusione del Vangelo di oggi ci offre la chiave di lettura per entrare anche noi nella comprensione della Pasqua di Gesù: “Non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti” (20,9). La fede della risurrezione, che è il cuore della fede cristiana, non è un naturale sentimento di fiducia nella vita, ma credere che la vita nasce dalla morte, grazie alla forza dell’amore di Cristo. Siamo invitati a guardare oltre la morte, cercando di amare come ha amato Gesù".

Domenica di Pasqua, 31 marzo: Omelia del Vescovo Giuseppe in San Marco a Pordenone

Giunti al culmine del mistero pasquale, ci imbattiamo in testimoni che fanno fatica a credere, perché non hanno visto il Signore Gesù vivo e risorto. Credere nel Risorto non è facile, perché non è l’esperienza di una visione soprannaturale o di un sentimento passeggero. È più semplice accettare la sua morte, perché fa parte della natura umana. Ecco perché l’apostolo Pietro, nel ricordare questo avvenimento alla prima comunità cristiana, scriveva: “Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a noi testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti” (Atti 10, 40-41). Questo ci fa capire che per entrare nella fede e nell’esperienza della risurrezione, occorre fare un cammino di sequela e di relazione con il Signore, che ci aiuti a compiere delle scelte che orientino la nostra vita verso di lui. Solo dal desidero di stare con il Signore e di condivisione della sua vita, sarà possibile riconoscerlo vivo e risorto. Questa nuova presenza di Gesù nella storia richiede una modalità nuova di stare con lui, una nuova conoscenza, che ci permetta di riconoscere la sua presenza partendo dai segni, dalle tracce e dalla comprensione della Parola di Dio. Solo nella totalità della Scrittura sarà possibile comprendere l’avvenimento della risurrezione.
Il Vangelo appena proclamato, infatti, ci presenta le prime persone accorse al sepolcro, il primo giorno dopo il sabato, la Maddalena, Pietro e Giovanni, le quali non videro Gesù risorto, ma solo alcune sue tracce: la pietra rotolata, la tomba vuota e i teli del sudario. Maria Maddalena diventa il centro dell’attenzione dell’evangelista perché fu lei a trovare la tomba vuota e ad annunciare ai due discepoli il fatto. Questo testo ci offre alcuni spunti significativi non solo per la sua comprensione, ma soprattutto per il nostro cammino di fede. Siamo, infatti, agli inizi della fede pasquale e nel nostro testo non abbiamo ancora l’annuncio pasquale. Maria di Magdala corre a dire ai due discepoli: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto” (Giovanni 20,2). Peraltro, l’assenza di fede nella resurrezione era già stata anticipata simbolicamente dall’evangelista nell’annotazione: “Quando era a ancora buio” (v. 1), quando gli occhi non erano stati illuminati e resi capaci di vedere. È la condizione di sbandamento in cui si trova a vagare chi non segue Gesù, chi non crede in lui. Nonostante l’incertezza, al mattino di Pasqua tutti corrono. Ma qual è il vero significato di questo correre? La corsa esprime ansia, desiderio, volontà di non perdere tempo o forse timore che sia troppo tardi; una ricerca e un movimento rapido, che rivelano un profondo sentimento di amore e di vicinanza che i discepoli e le discepole avevano nei confronti di Gesù. Infatti, la precedente esperienza e relazione con lui, dava una pienezza e un significato più forte alla loro vita, ai gesti e alle scelte da compiere. Vale la pena che si soffermiamo per un momento, perché è anche la fatica che noi oggi viviamo all’interno delle nostre comunità cristiane. Se volgiamo anche noi oggi, costruire, fortificare e alimentare la vita delle nostre comunità, non è sufficiente vivere qualche rito 
settimanale o qualche evento particolare durante l’anno. Per formare una vera comunità è necessario il coinvolgimento pieno della nostra umanità e della nostra fede, con contatti e relazioni frequenti che sostengono il cammino, condividendo non solo percorsi ma anche la vicinanza e la solidarietà con chi si trova nel bisogno e nella sofferenza. La mancanza di Gesù, anche per pochi giorni, aveva creato nei discepoli un senso di profondo di smarrimento e di disperazione, generando paura e panico. Nella seconda parte del racconto colpisce il fatto che i due discepoli, Pietro e Giovanni vedono le stesse cose, ma solo di Giovanni si dice che “vide e credette” (20,8). C’è un vedere che non provoca la fede nel Risorto e c’è, invece, un vedere che aiuta ad aprire gli occhi sulla modalità nuova di presenza di Gesù. Giovanni, presumibilmente il discepolo amato, mosso dall’amore intuisce la realtà profonda della risurrezione e inizia a credere. Giovanni non vede il corpo del Signore, ma spinto dall’amore profondo verso di lui, riesce a collegare i vari segni e gli eventi alle parole ascoltate da Gesù e al dono che aveva fatto, per amore, della sua vita. Egli vede le tracce della risurrezione. Riascolta le parole di Gesù. Si ricorda delle scritture. Crede.
La conclusione del Vangelo di oggi ci offre la chiave di lettura per entrare anche noi nella comprensione della Pasqua di Gesù: “Non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti” (20,9). La fede della risurrezione, che è il cuore della fede cristiana, non è un naturale sentimento di fiducia nella vita, ma credere che la vita nasce dalla morte, grazie alla forza dell’amore di Cristo. Siamo invitati a guardare oltre la morte, cercando di amare come ha amato Gesù. Vengono spontanee alcune domande: Dove cercare oggi il Signore risorto? Come entrare in relazione con lui? Ce lo insegna il discepolo ‘amato’. Per lui l’assenza del corpo di Gesù, alla luce di alcuni segni e della Parola, sono evocatrici di una Presenza. Il suo sguardo è animato da una forza spirituale che gli permette di iniziare un processo che lo porterà alla pienezza della fede attraverso la Scrittura e la testimonianza di altri che condividono la medesima esperienza. Anche lo scrivere, segno di una persona che non è presente, diventa memoriale di un vivente. Gesù lo si incontra nella testimonianza di coloro che l’hanno incontrato nella loro vita. Lo si può incontrare negli avvenimenti della storia letti alla luce della Parola e nell’atto dello spezzare il pane, radunati nella celebrazione dell’Eucaristia e ovunque si compiono gesti di solidarietà e di condivisione, dove le persone si amano e si donano reciprocamente con amore sincero e gratuito. Ce lo ha ricordato san Paolo nella seconda lettura: “Cercate le cose di lassù” (Colossesi 3,1), invitandoci a vivere la nostra vita con lo stile di Dio e del suo Figlio Gesù, che ci ha amato e si è donato per noi.
Buon cammino pasquale!

Domenica di Pasqua, 31 marzo: Omelia del Vescovo Giuseppe in San Marco a Pordenone
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