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1 GENNAIO, giornata della Pace, omelia del vescovo Giuseppe

Celebrata al Santuario di Madonna del Monte di Marsure. Al link la ripresa su Youtube https://youtu.be/aGxg8sgJO0M

1 GENNAIO, giornata della Pace, omelia del vescovo Giuseppe

Carissimi, la Chiesa fa suo l’uso di scambiarci i migliori auguri di un buon anno 2022 con la benedizione di Dio promessa a Mosè: “Ti benedica il Signore e ti custodisca... Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Numeri 6,24. 26). Questo volto a lungo cercato dall'umanità, ma spesso smarrito, oggi lo contempliamo in Gesù, nato e custodito da Maria e adorato dai pastori. Otto giorni dopo la nascita, con la circoncisione, Gesù entra nell’alleanza stipulata da Dio con Abramo, segno della promessa fatta ai padri e che si compie definitivamente in Gesù. In questo modo, iniziamo un nuovo anno con la consapevolezza che non siamo lasciati soli, in balia degli avvenimenti e delle avversità, tristi o lieti che siano, come la pandemia che non ci dà tregua e le nostre chiusure e incapacità di accogliere le persone. All’inizio del nuovo anno c’è la benedizione di Dio che nel suo figlio Gesù ci fa grazia, cammina sempre con noi, offrendoci la salvezza e la pace. Gesù e la nostra vita. Il nome Gesù significa “il Signore salva”, e noi siamo chiamati a vivere ogni giorno, confessando e invocando il suo nome. Nome che racchiude in sé ogni grido che sale dal cuore di ogni uomo e di ogni donna.

San Paolo, ci ha ricordato che Gesù è nato “quando venne la pienezza del tempo” (Galati 4,4). Ci sono diversi modi di considerare il tempo, misurandone la successione cronologica di istanti. C’è la misurazione del tempo che trascorre data da numeri, come troviamo nel telefonino; numeri che si rincorrono l'uno dopo l'altro, minuto precedente che viene mangiato da quello successivo. Così capita spesso anche nella nostra vita: una vita disarticolata, formata da tante cose che non sono in sintonia le une con le altre e che non si intrecciano mai e che non ci lascino nessuna traccia. Un tempo che mangia se stesso. C’è poi il tempo che viene misurato dalle lancette dell'orologio. È un tempo che non è sconnesso, che le lancette compiono un percorso e che c’è una durata. Ma è uno scorrere inesorabilmente, lasciando solo qualche traccia. C’è un altro modo di considerare il tempo, come ci ricorda san Paolo e come troviamo nella lingua greca: il tempo come Kairòs! Non è un tempo fermo e sempre uguale, ma è un tempo che corre verso una meta, verso una pienezza. Per noi cristiani è la pienezza della storia, dove la misericordia e l’amore di Dio prendono un corpo, una forma umana, in Gesù, nato da Maria. Dio che si fa incontrare, riconoscere e perfino uccidere. Gesù Cristo è la pienezza di questo tempo!
“Nato da donna”, ci dice san Paolo. Quella donna è Maria, la Vergine di Nazareth, guardata da Dio con un amore di predilezione accogliente. Maria che accoglie tra le sue braccia Gesù e lo dona ai pastori perché possano adorarlo. Tutto l’anno è messo sotto la sua protezione perché ci ottenga dal suo Figlio Gesù fiducia e speranza e le grazie necessarie in questi tempi difficili che stiamo vivendo. Lasciamoci accompagnare da Maria che “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Luca 2,19). Per trovare Dio è necessario cercarlo nel nostro cuore, guardare dentro le cose, in un atteggiamento di ascolto e di meditazione profonda. Custodire è proprio di chi sa di essere depositario di un bene prezioso che merita attenzione. Custodire un bene significa farne motivo di riferimento continuo. Imparare da Maria l’arte dell'attesa e della custodia, del silenzio e della sapienza. La sua tenerezza ci dice che quel bambino è un dono per tutti e non solo per Lei e per Giuseppe. Lo Spirito Santo che grida a gran voce, ci aiuta a riconoscere nel tempo la presenza di Gesù, ad accoglierlo nella nostra vita e a donarlo a quanti incontriamo sui nostri passi, in particolare a quanti soffrono. Ce lo ha ricordato anche papa Francesco nell’Angelus di oggi: “Contemplando Maria che adagia Gesù nella mangiatoia, mettendolo a disposizione di tutti, ricordiamo che il mondo cambia e la vita di tutti migliora solo se ci mettiamo a disposizione degli altri, senza aspettare che siano loro a cominciare a farlo. Se diventiamo artigiani di fraternità, potremo ritessere i fili di un mondo lacerato da guerre e violenze”.
Celebriamo oggi la 55ma Giornata Mondiale della Pace. Nella preghiera delle Lodi, questa mattina abbiamo pregato: “Consigliere mirabile, principe della pace, fa che il mondo intero conosca un’era di giustizia e di pace”. Scrive papa Francesco nel messaggio di quest’anno: “Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l'assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull'individualismo più che sulla condivisione solidale”. La pace è un dono dall’alto, che va richiesta e implorata da Gesù e custodita nel nostro cuore. Ma è anche un impegno di tutti, chiamati a fare il primo passo. Nel messaggio, papa Francesco indica tre vie per la costruzione di una pace duratura: il dialogo tra le generazioni, l’istruzione e l’educazione e la promozione del lavoro. Mi soffermo solo su un aspetto, che, purtroppo, si richiama spesso ma non si ascolta mai: “Negli ultimi anni è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l’istruzione e l’educazione, considerate spese piuttosto che investimenti. … Le spese militari, invece, sono aumentate, superando il livello registrato al termine della “guerra fredda”, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante”. Lo so che è un problema non facile da affrontare, perché coinvolge non solo la politica e le strategie militari dei paesi, ma anche tante persone che lavorano nelle fabbriche che costruiscono armi. Se vogliamo costruire una vera pace, fondata sul dialogo e non sulla forza, la sopraffazione e il dominio, è necessario trovare nuove vie, nuove strategie che mettano la parola ‘fine’ alla prolificazione delle armi, di ogni tipo di armi, da quelle nucleari, alle mine e ad ogni armamento. Non si potrà mai costruire una serena convivenza tra i popoli se si continuano a produrre armi.
Invochiamo il Principe della pace, perché cambi i nostri cuori e rinnovi le relazioni tra di noi. Prima di tutto è necessario risolvere i nostri conflitti, qualsiasi essi siano, partendo dai conflitti familiari e parentali, con un dialogo più sereno che ci permette di accogliere idee e comportamenti diversi, in un clima di ascolto e di confronto. Ci aiuti il Signore Gesù e ci sia vicina Maria, Regina della pace.
+Giuseppe Pellegrini, Vescovo

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